Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi in Basilicata?

3 giugno 2015 | 16:00
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Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi in Basilicata?

Movimenti ambientalisti e movimenti politici, finalmente stanno rilanciando la questione Itrec di Rotondella. Non ultima l’interrogazione dell’europarlamentare Pedicini alla Commissione Europea. Della vicenda ci siamo occupati circa tre anni fa, rilanciandola nel maggio 2014

Il dubbio che qualcuno nel frattempo stia lavorando ad una soluzione “segreta” non sarebbe completamente campato in aria. Siamo andati a spulciare documenti ufficiali, abbiamo cercato di leggere tra le righe di dichiarazioni pubbliche e relazioni tecniche, con l’approccio di “chi pensa male”. Una domanda, a questo punto, la dobbiamo fare: è possibile che nell’area della Trisaia di Rotondella ci sono tutte le condizioni per realizzare il deposito nazionale di scorie nucleari? I lavoro per la bonifica possono nascondere altri scopi? Riproponiamo, in parte, la nostra inchiesta del 2012 sperando di aiutare chi oggi è impegnato nella battaglia della trasparenza.

I misteri dell’Itrec

Il sito di Rotondella è stato più volte al centro di polemiche e di indagini per veri o presunti incidenti agli impianti, oltre che per i sospetti sulle attività svolte all’interno della Trisaia. Nel marzo 2011 alcune fonti qualificate avrebbero fatto circolare carteggi interni riguardo al trasferimento sospetto di materiale radioattivo. I documenti parlerebbero di un costante arrivo nel centro jonico di materiale nucleare, già dal gennaio 1991. Nel carteggio ci sarebbe un elenco di “partite omogenee” di materiale radioattivo prima custodito nell’Istec Enea di Casaccia (Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici). Sembra però che il materiale giunto a Rotondella non fosse soltanto quello descritto nei documenti, ma ci sarebbe stato dell’altro in quantità ignota e di natura diversa.

Non mancano sospetti su incidenti avvenuti all’interno degli impianti e occultati per evitare allarme nell’opinione pubblica.

C’è un impianto in cui vengono trattati i minerali estratti da rifiuti industriali e c’è un laboratorio di analisi con uno strano nome: “Terre rare”. In quelle stanze possono entrare solo gli addetti ai lavori, perché è nella zona sottoposta a controllo militare. In quel laboratorio sarebbero state fatte delle “porcherie”. Ha indagato la Procura antimafia di Potenza  senza risultati. Il fascicolo è stato a lungo secretato e nel gennaio 2010 è finito in archivio. 

Nel marzo del 1993 si verifica un incidente, questa volta scoperto. La condotta di 5 chilometri che dal Centro Enea della Trisaia sbuca nel mar Jonio, viene giudicata contaminata da liquido radioattivo dalla magistratura di Matera che ne dispone il dissotterramento. Nell’aprile del 1994 una cisterna avariata perde liquido radioattivo.

Insomma non è chiaro se a Rotondella sono state trasferite altre tipologie di rifiuti e quanti. Intanto il materiale radioattivo “storico” sarebbe ancora in quei depositi.

Chi è la Sogin (Società di gestione impianti nucleari)

Sogin è la società di Stato incaricata della bonifica ambientaledei siti nucleari italiani e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività nucleari industriali, mediche e di ricerca. Sogin sarebbe impegnata nella più grande bonifica ambientale nella storia del nostro Paese. Oltre le quattro centrali nucleari italiane di Trino (VC)Caorso (PC)LatinaGarigliano (CE)sono stati affidati in gestione a Sogin gli impianti Enea di Saluggia (VC)Casaccia (RM)Rotondella (MT)e l’impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (AL). La Società, interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, opera in base agli indirizzi strategici del Governo italiano. Sogin, operativa dal 2001, diventa Gruppo nel 2004 con l’acquisizione della quota di maggioranza, del 60%, di Nucleco SpA, l’operatore nazionale incaricato del condizionamento e dello stoccaggio temporaneo dei rifiuti e delle sorgenti radioattive provenienti dalle attività medico-sanitarie e di ricerca scientifica e tecnologica. Sogin coordina le attività previste dall’accordo stipulato dal Governo italiano con la Federazione Russa nell’ambito del programma Global Partnership. In particolare, l’accordo riguarda lo smantellamento e la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato dei sommergibili nucleari russi. In Italia, le 900 persone che costituiscono il Gruppo, selezionate e formate secondo i più elevati standard di eccellenza, rappresentano il più significativo presidio di competenze professionali nella gestione dei rifiuti radioattivi e nella bonifica ambientale degli impianti nucleari. Sogin ha, inoltre, il compito di localizzare, realizzare e gestire il Parco Tecnologico, comprensivo del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.

Bonifica ambientale dell’impianto di Rotondella

“La Bonifica sarà finita nel 2026.” (Fonte: www.sogin.it) Intanto nel mese di luglio 2012, sarebbero iniziati i lavori di realizzazione della platea dell’infrastruttura preliminare alla bonifica. “I lavori di bonifica del deposito – raccontava allora la Sogin – sono suddivisi in quattro fasi e prevedono: la realizzazione di una struttura di contenimento attrezzata per lo scavo del terreno; la progettazione degli interventi di bonifica; il taglio della struttura in quattro parti e la loro rimozione dal terreno; la bonifica e il rilascio finale dell’area per la realizzazione dell’impianto di solidificazione del “prodotto finito”. Le parti rimosse saranno stoccate in sicurezza in un deposito temporaneo del sito, in attesa del loro trasferimento al Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi”. Al momento, nessuno sa a che punto sono i lavori di bonifica. Anche perché oggi la Sogin dichiara che le attività di decomissioning  termineranno tra il 2028 e il 2032.

A proposito del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi

“La struttura sarà realizzata all’interno di un Parco Tecnologico, un centro di eccellenza italiano, aperto a collaborazioni internazionali, con laboratori dedicati alle attività di ricerca e formazione nelle operazioni di bonifica ambientale degli impianti nucleari e di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. La collaborazione con enti di ricerca, università e operatori industriali, sia nazionali che esteri, permetterà al Parco Tecnologico di integrarsi con il sistema economico e di ricerca e di contribuire inoltre ad uno sviluppo sostenibile del territorio nel quale verrà costruito.

Il Deposito sarà una struttura di superficie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali, che consentirà la sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e la custodia temporanea per circa 15mila metri cubi di rifiuti di alta attività.

Degli oltre 90 mila metri cubi di rifiuti il 70% proverrà dalle operazioni di bonifica ambientale degli impianti nucleari mentre il restante 30% dalle attività di medicina nucleare, industriali e della ricerca.

Il trasferimento dei rifiuti in un’unica struttura garantirà la massima sicurezza per i cittadini e la salvaguardia dell’ambiente e permetterà di completare le attività di bonifica ambientale degli impianti, ottimizzando tempi e costi ed eliminando la necessità di immagazzinamento temporaneo sui siti. (Fonte: www.sogin.it)

Idee molto chiare e strane coincidenze

La Sogin mostra di avere le idee molto chiare sul Deposito Nazionale. Per seguire meglio la nostra riflessione occorre annotare che il Centro di ricerca Enea Trisaia di Rotondella è, in base al Decreto Legislativo n.31/2010, un Parco Tecnologico. Va inoltre annotato che  il DPCM 8 aprile 2008 (Governo Prodi) – inerente i “criteri per l’individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere segreto di Stato” – ha di fatto esteso il principio della segretezza dei siti militari ai siti “civili” di interesse energetico e di stoccaggio di rifiuti anche radioattivi, il tutto a beneficio dei supremi e imprescindibili interessi dello Stato ed ovviamente delle società concessionarie come la Sogin.. A Rotondella le vasche per la custodia temporanea, ammontano a circa 15mila metri cubi. Questi ci fanno il deposito senza farcelo sapere? Dubbio legittimo.

Quella lista dei siti idonei ad ospitare il Deposito unico

Perché la Sogin ha da molto tempo le idee chiare sul Deposito unico? Nel 2010 la società avrebbe ultimato il lavoro di individuazione delle aree potenzialmente idonee per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. La lista elencherebbe 52 siti, ma non è mai stata resa pubblica. Alcune indiscrezioni hanno fatto riferimento in particolar modo ad alcune regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Puglia, Basilicata. Ogni area individuata avrebbe dimensioni di circa 300 ettari, e dovrebbe essere in grado di accogliere, oltre ai depositi per le scorie di varia gradazione, anche un parco tecnologico che a regime avrà oltre mille ricercatori. La domanda è: ma in base a quali criteri la Sogin ha individuato le aree? Non doveva essere l’Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare a fornire i criteri? Qualcosa non quadra. Intanto nel gennaio 2011 qualcuno sospetta che…

Il sito per il deposito dei rifiuti radioattivi è stato già deciso nel 2010?

Dobbiamo ricorrere alla memoria. Fare un passo indietro di circa 4 anni. Il 21 gennaio 2011 compare un articolo sul quotidiano L’Unità (sezione “Politica”) che riporta alcuneinformazioni interessanti relative all’ individuazione del sito per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Come abbiamo detto, nel settembre 2010 fu diffusa da molti giornali la notizia dell’ esistenza di una lista di 52 siti che la Sogin avrebbe individuato quale aree potenzialmente idonee.  Ebbene, l’ articolo de L’Unità svelerebbe invece che vi potrebbe essere già una situazione ben più chiara in merito al luogo da scegliere per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. E l’ articolo de L’Unità dichiara questo sulla base di alcune intercettazioni telefoniche del luglio del 2008 fatte dalla Procura di Potenza (era in corso l’ indagine “Nucleare connection” su un presunto traffico di rifiuti radioattivi in Basilicata ed a tale indagine, si precisa, è poi seguito un decreto di archiviazione nel dicembre 2009): tra le utenze messe sotto controllo vi era quella del generale Carlo Jean (ex presidente ed ex commissario delegato della Sogin).

L’ articolo de L’Unità scrive

“[il generale Carlo Jean] All’epoca delle intercettazioni [luglio 2008] è nominalmente fuori ma fa ancora il bello e il cattivo tempo nella società. Dunque, l’ intercettazione. Da una parte dell’ apparecchio c’è Silvio Cao. Cao è stato in Consiglio di amministrazione di Sogin ed è molto amico del generale. Sono le 8.44 del mattino. Cao alza il telefono nell’ ufficio del generale [Carlo Jean] e compone il numero di un cellulare. Scrivono i Carabinieri in ascolto: «Il Cao chiama utilizzando la linea del generale Jean tale Giancarlo e chiede se ricorda i nomi che erano stati individuati da loro per le seconde categorie. Il Cao fa riferimento al fatto che uno era Craco e poi chiede quali altri siti erano stati individuati. Il Giancarlo riferisce che al momento non ricordava i nomi e che avrebbe controllato e fatto sapere”.

L’ articolo de L’Unità aggiunge anche chi potrebbe essere il “tale Giancarlo” a cui Silvio Cao telefona ed infatti ecco cosa viene detto nell’ articolo de L’Unità:

“L’informativa dei Carabinieri non lo specifica, ma tutti gli indizi sembrano portare al nome di Giancarlo Ventura. Ventura faceva parte della prima task force Enea incaricata, siamo nel 2003, di individuare il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi.” [La “Task Force per il Sito Nazionale di Deposito dei Materiali Radioattivi (Task Force SITO)” fu una struttura dell’ ENEA che operò a cavallo degli anni novanta-duemila e quindi prima che tutta la materia nucleare fosse trasferita alla Sogin. La Task Force SITO dell’ ENEA stilò una lista di 214 siti (idonei ad opitare depositi di superficie per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di I e II categoria), da cui fu dedotta una lista ristretta non pubblicata. Si sottolinea inoltre che la località precisa per il sito non fu mai ufficialmente individuata]

L’ articolo de L’Unità continua

“Passano venti minuti dalla prima telefonata e Cao richiama. «Il Cao» si legge nel brogliaccio dei Carabinieri «richiama il Giancarlo e lui dice che sta aprendo un file e gli dettai nomi di questi siti che in totale sono sei: due in Basilicata, uno nel Lazio, tre in Puglia, per quelli di tipo superficiale. Poi cade la conversazione.» Sono sei i siti potenziali per ospitare i rifiuti di seconda categoria…”

“Trenta secondi dopo l’ interruzione, Cao richiama per la terza volta «Giancarlo». Scrivono i Carabinieri: «(…) Dopo aver ribadito che i superficiali erano i sei prima individuati, il Giancarlo dice chei subsuperficiali erano nove. Ed erano tre in Basilicata, uno in Campania, uno in Emilia Romagna, uno nel Lazio, uno in Puglia, uno in Sardegna e uno in Toscana». […] La telefonata prosegue: «Poi (Cao) chiedevai nomi dei primi classificati delle due categorie e il Giancarlo dice che sicuramente avevano messo Craco e quello dell’ Emilia Romagna».

E quindi?

Questo è quanto viene scritto nell’ articolo de L’Unità e se quanto scritto è vero (e che quindi l’ articolo de L’Unità riporta effettivamente trascrizioni di vere telefonate), si possono fare due considerazioni:

1 – innanzitutto non ci sarebbe nulla di particolarmente eclatante che Silvio Cao (ex Consiglio di amministrazione Sogin) chieda ed ottenga informazioni dal “tale Ventura” se davvero questo Ventura fosse individuabile nella persona del Dott. Giancarlo Ventura. Infatti il Dott. Giancarlo Ventura in quanto responsabile della “Geografia del sito” all’interno della Task Force SITO dell’ ENEA è sicuramente a conoscenza sia della “lista estesa” (di 214 siti) sia della “lista ristretta”. Ed è abbastanza ovvio che anche oggi (nel 2011) la Sogin nell’ individuazione del sito per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi considererà prezioso il lavoro in precedenza svolto dalla Task Force SITO dell’ ENEA.

2 – interessante è invece scoprire finalmente quale sarebbero le località che furono inserite nella mai pubblicata “lista ristretta”. Sei siti per i depositi superficiali: due in Basilicata, uno nel Lazio, tre in Puglia.Nove siti per i depositi subsuperficiali: tre in Basilicata, uno in Campania, uno in Emilia Romagna, uno nel Lazio, uno in Puglia, uno in Sardegna e uno in Toscana.E più in dettaglioai primi posti vi sarebbero sicuramente un sito della Basilicata (viene esplicitamente nominato Craco, in provincia di Matera) ed un sito dell’ Emilia Romagna (che non viene meglio precisato). (Fonte: archivionucleare.com)

Craco, Pisticci, Rotondella, Val Basento, Petrolio e Gas

Tutto lascia immaginare che Rotondella non è esclusa dalla “lista ristretta”. Ma c’è Craco, ossia Peschiera a valle, a un passo c’è Tecnoparco, a due passi c’è la Trisaia, intorno le industrie della Val Basento, il prossimo mega-impianto di stoccaggio dal gas della Geogastock a Grottole-Ferrandina-Pisticci. Ancora a due passi ci sono i pozzi petroliferi. Tutta questa zona della Basilicata è interessata da processi di industrializzazione eterodiretti ed esogeni fondati sulla chimica, sull’energia, sui rifiuti. Una specie di mega distretto in cui ci sono tutte le condizioni per realizzare il deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi. E dove se non qui? Che sia Craco che sia Rotondella o Ferrandina una cosa è certa, si tratta della Basilicata. Siamo i primi, per quantità di siti identificati. Può darsi che l’ipotesi sia infondata, che la Basilicata non ospiterà alcun deposito. Bene, ma è sempre meglio mettere le mani avanti. Intanto ci auguriamo che i lavori di bonifica non siano una copertura per ben altro tipo di lavori. 

Articolo attualizzato e già pubblicato nel maggio 2012. Tanto per rinfrescare la memoria a chi si sveglia quando è troppo tardi.