I fanghi neri di Pisticci non sono salutari

9 maggio 2015 | 14:20
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I fanghi neri di Pisticci non sono salutari
I fanghi neri di Pisticci non sono salutari
I fanghi neri di Pisticci non sono salutari
I fanghi neri di Pisticci non sono salutari

Il nostro servizio sui fanghi neri e maleodoranti al Cavone ha scatenato diverse reazioni a mezzo stampa e altrettante opinioni contrastanti sui social, anche di chi alla foce del fiume dice che farsi fanghi sia salutare. Molti non sanno,

 tra coloro, che ci hanno contattato perché a quella foce hanno avuto problemi epidermici dovuti al contatto con l’acqua. Siamo felici comunque del dibattito, e pensiamo che ciò sia salutare alla democrazia. Proprio per questo bisogna ricordare le problematiche connesse agli ecosistemi in cui viviamo, Cavone compreso.

La schizofrenia ambientale lucana. Innanzi tutto ribadiamo che l’Europa chiede agli Stati membri che lo stato dei fiumi da quest’anno sia qualitativamente eccellente. La Direttiva europea 2000/60 fornisce un quadro in cui inserire interventi per la protezione della risorsa idrica, ossia principio di precauzione e azione preventiva, riduzione dei danni causati all’ambiente e alle persone, criterio ordinatore (chi inquina paga, ndr), e informazione e cooperazione con tutti i soggetti interessati. Stando a quanto dettoci dall’Arpab le analisi sul fiume sono ferme al 2012, sul sito Arpab invece, al 2010, anno in cui alla foce risulta per Arpab un livello qualitativo eccellente. Nel 2010 il Piano di gestione del Distretto idrografico dell’appennino meridionale, uno dei soggetti interessati che ha fotografato la salute del Cavone, caratterizzava invece il livello qualitativo come “scadente” e uno “stato ambientale fortemente compromesso”. Ribadiamo, fortemente compromesso, il che qualcosa significherà. Bisogna tener conto inoltre che il Cavone lungo i suoi 96km2 di acquifero alluvionale si riversa nella Piana di Metaponto, e che prima acchiappa affluenti come fosso Acqua Bianca, il torrente Gruso, fosso Cannito, fosso della Madonna, e il torrente Misegna e altri canali e fossi di scorrimento acque di pioggia. Secondo il Distretto in corrispondenza dei terrazzi della Piana nel 2010 c’erano valori elevati di nitrati, quelli che interferiscono con il normale funzionamento della ghiandola tiroidea e sono coinvolti nella produzione di composti organici cancerogeni. Nitrati che assieme a fosforo organico e ammoniaca sono solitamente trasportati dal dilavamento superficiale dei fertilizzanti spruzzati nei campi agricoli, da ciò che scaricano le imprese zootecniche e gli impianti di trattamento acque (depuratori ecc ecc, ndr).

Quando lo stato della foce era eccellente e morivano pesci a frotte. Detto ciò iniziamo a ricordare qualcosa che noi, ma anche altri hanno raccontato nel tempo. Sempre nel 2010, quando per Arpab lo stato della foce era eccellente, Pisticci.com (e via via altre testate locali) raccontava una strage sul Cavone e scriveva “pesci morti dappertutto. Uno scenario raccapricciante, per centinaia di metri di spiaggia a San Basilio, con una concentrazione che aumenta man mano che ci si avvicina alla foce del Cavone. Altri esemplari si sono spiaggiati anche a partire dall’altra sponda, in territorio di Scanzano”. Le cause restarono inspiegabili. L’anno prima, nel 2009 (e a seguire nel 2010, ndr), era stato il consigliere della Provincia di Matera Carbone (Fli, ndr) a fare interrogazioni “sul grave stato di inquinamento dei fiumi lucani”, in particolare di Basento e Cavone, e chiesto quali strumenti intendeva attivare la Provincia per porre rimedio “alla serie di vessazioni subite dal territorio Metapontino” e le contro misure da prendere per far sì che l’inquinamento alla foce dei fiumi potesse “non influire negativamente sulla qualità delle acque di balneazione e quindi sul numero delle presenze dei turisti sulle spiagge di Metaponto”. Più di recente il sindaco di Pisticci Vito Di Trani aveva preso un impegno di “collettare gli scarichi fognari di Pisticci centro che in tal modo smetterà di immettere le acque sporche nel Cavone”. E a Salandra c’è il depuratore? E le acque nere dove finiscono? Ci pare nel Cavone, attraverso il Gruso. Il Gruso, torrente che da Salandra intercetta il Cavone, si è beccato a ogni forte pioggia anche il percolato e il dilavamento dei terreni della discarica comunale, ora chiusa e coinvolta nell’indagine Monnezzopoli di cui ci siamo pure occupati, in cui è implicato un imprenditore che si occupa pure di rifiuti petroliferi. Nei terreni esterni a tale discarica sono stati riscontrati diversi composti inorganici come nichel, piombo, alluminio. Oltre le acque nere di Pisticci e Salandra nel Cavone ci finivano non molto tempo fa pure quelle di San Mauro (oggi non sappiamo se il problema che sollevammo tempo addietro sia stato risolto), anche lì le acque nere di un depuratore non funzionante finivano nel torrente Misegna che poi finisce nel Cavone. E a San Mauro esiste un altro problema. Le acque sotterranee della discarica entrano o no in contatto con un torrente che entra a far parte del bacino del Cavone? Quelle acque presentavano nel 2012 diversi analiti fuori norma. Il nichel, quello che causa macchie rosse sulla pelle a chi ne è allergico, su limite 20μg/l è a 341 in un piezometro, 558 in un altro. Ne elenchiamo altri di analiti fuori norma nelle acque sotterranee, che ferme non stanno, soprattutto quando intervengono forti piogge come spesso capita, e senza pensare ai piezometri e agli effetti collaterali. L’arsenico con limite 10μg/l è a 12, il ferro limite 200 tocca i 1.090, il boro, limite 10, e a 1.446, il cromo, limite 50, a 68,5. E ci fermiamo. Noi questi fatti li abbiamo raccontati nel tempo, e non abbiamo dimenticato gli impatti e soprattutto le sinergie possibili di queste sostanze nel bacino del Cavone che tutto raccoglie perché la stampa lavora per noi in sincronia, documentando quanto accade nel momento in cui accade, e in diacronia, mettendo assieme fatti documentati nei suoi archivi e in altri archivi.

C’è poi l’aspetto che ha destato più scandalo. Il petrolio. Noi la puzza di idrocarburi l’abbiamo avvertita, non ovunque ribadiamo (e che si capisca bene), ma in qualche punto era percettibile. Punti e situazioni che al confronto con altri documentati e di cui sono state accertate anomalie lungo il Basento, ci sembrano parecchio similari. Qualcuno ci ha raccontato di non aver trovato in mare quello che abbiamo ripreso noi. Il motivo lo disconosciamo, ma quella roba era presente ed è stata documentata. L’anno scorso avevamo ripreso un mare giallognolo con tracce nere sulla spiaggia e odore caratteristico di idrocarburi (lo vedrete nel video di seguito). Ed esistono altre situazioni. Nei pressi di Marconia ad esempio, più vicino al fiume, ci sta un fosso da cui fuoriescono sorgenti sulfuree e anche idrocarburi in diversi punti, simili a quelle che affiorano a Tramutola, e le acque che trasportano questi affioramenti finicono nel Cavone. Come del resto ci finiscono le acque di fosso lavandaio di Marconia che per decenni hanno attraversato una discarica di Rsu. Da lì sarà uscita acqua pulita? Non crediamo. Del resto è un luogo, Lavandaio, dove, a poche centinaia di metri hanno ritrovato decine di bidoni di sostanze tossico-nocive rimasti sepolti illecitamente per decenni, e dopo la scoperta restati semisepolti per parecchio tempo prima della bonifica, come ci aveva raccontato chi per primo aveva relazionato su tali fatti. Sono stati o no soggetti all’erosione dell’acqua? E dove sarà finita quell’acqua dopata? Nel Cavone ovviamente. E ci sono altri fatti che riguardano il bacino alluvionale del Cavone, e quanto finisce inevitabilmente alla fine del suo percorso, la foce, incanalandosi in un canyon naturale che va giù, in fondo al mar. Fatti che come testata stiamo approfondendo, e situazioni di cui parleremo prossimamente. Intanto guardatevi ancheil nostro servizio video qui.