L’esperienza del cancro

29 gennaio 2015 | 12:19
Share0
L’esperienza del cancro

Spesso, dicono gli scienziati che se ne occupano, i tumori si verificano quando le cellule incorrono in “errori casuali nel loro genoma”. Più mutazioni ci sono più probabile sarà che una cellula diventi cancerosa. La dottoressa Patrizia Gentilini, oncologa e medico Isde (Associazione Medici per l’Ambiente, ndr), ha ricordato di recente che “se è vero che le mutazioni genetiche possono essere casuali, è altrettanto vero che il genoma non è un’entità predefinita e immutabile, ma si modifica entrando in contatto con agenti fisici e sostanze chimiche tossiche”. Stili di vita e condizioni ambientali non possono certo spiegare tutti i casi di cancro, ma sono fattori che possono giocare un ruolo nel causarlo. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (OsMed, ndr), ha sottolineato che nel 2014 in testa ci sono i farmaci per patologie cardio-vascolari “preceduti per la prima volta da quelli antitumorali”. Qual è la situazione di quella che oggi è definita la malattia del 21° secolo, il lato oscuro della globalizzazione per gli ovvi motivi legati all’industrializzazione? E in Basilicata come siamo messi?

Il costo dell’epidemia in Europa. “Ogni cittadino europeo ha diritto di ricevere le informazioni più accurate ed essere attivamente coinvolto nella propria cura”. È l’articolo 1 della Carta europea dei diritti del malato oncologico. I cittadini si dice pure, esigono scelte terapeutiche, strategie informative chiare e comprensibili per i pazienti per poter accedere al migliore livello di assistenza in ogni stadio dell’esperienza cancro, esigono politiche di sanità pubblica per la prevenzione e accesso libero a tutti i dati su terapie e risultati clinici presso le istituzioni sanitarie nazionali, registri dei tumori e programmi di revisione indipendenti. La Carta, si ricorda nel 6° Rapporto dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici uscito a maggio 2014, è stata firmata dall’Associazione degli europarlamentari contro il cancro, dall’European cancer patients coalition, da esperti in ricerca, innovazione e advocacy del “pianeta cancro” (European cancer concord, ndr), e rappresenta “una vera e propria chiamata alle armi delle istituzioni europee e nazionali per un impegno concreto nell’affrontare l’epidemia di cancro che colpisce l’Europa e che porterà alla morte di 1 malato ogni 10 secondi nei prossimi 20-25 anni”. Nel prossimo futuro, hanno di recente ricordato proprio l’European Cancer Concord e la Society for Translational Oncology, i costi economici e sociali della mancata assistenza ai malati oncologici cronici rischiano di esplodere. Che il cancro sia un’epidemia non lo afferma solo la Coalizione europea dei malati di cancro. In ogni modo nonostante negli ultimi quarant’anni la ricerca è stata incentrata principalmente su diagnosi precoce e nuove terapie “i numeri del cancro sono in costante ascesa, sia per quello che riguarda la mortalità che il numero dei nuovi casi”. Il peso economico del cancro nel 2009 è stato di 126 miliardi di euro in Europa, il 39% del quale in costi diretti di assistenza sanitaria, il 61% per la perdita di anni produttivi dovuti all’invalidità o alla morte anticipata. Nel 2012 l’Osservatorio mondiale della sanità ha chiaramente detto che i tumori hanno sostituito le malattie cardiovascolari come principale causa di morte precoce in 28 dei 53 paesi europei. Quell’anno furono 3.450.000 i nuovi casi in Europa, e 1.750.000 i decessi. Ogni minuto erano morte 3 persone di cancro, e si stimò che nel 2035 saremo passati a sei decessi al minuto.

Lo scenario lucano. Stando al rapporto dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici 2014, dalla Basilicata i malati oncologici per lo più sono in fuga in cerca di migliore assistenza ospedaliera. Nel 2012 la Basilicata risulta la seconda regione italiana in termini di assistenza domiciliare a pazienti terminali. Ogni 100mila abitanti sono state trattate circa 200 persone (l’anno prima eravamo a poco meno di 150 casi, ndr). Se osserviamo il grafico (fig.1) si nota subito una certa discrepanza dei casi trattati in Assistenza diretta integrata ogni 10mila abitanti. Su una media nazionale di 9,70, in Basilicata siamo a 18,23. Anche le prestazioni ambulatoriali di radioterapia per 100 abitanti sono al raddoppio, in Italia siamo a 8,74 mentre in Basilicata a 17,05, e così per le prestazioni ambulatoriali per riabilitazione ogni 10 abitanti, che in Italia si attestano su 8,86, in Basilicata a 30,81. Sono aumentate pure le prestazioni nella branca di radioterapia, risultiamo secondi sul territorio nazionale nel 2012 con 170,5 prestazioni per mille abitanti (media italiana 87,4, ndr), dopo il caso Molise che arriva all’astronomica cifra di 624 malgrado la scarsità demografica. Dicono pure che c’è stato un significativo incremento delle dotazioni regionali di apparecchiature PET e CT/PET rispetto alla media. Sempre nel 2012 ci sono stati 2.704 ricoveri per chemio, e 6.174 per tumore, cioè il 10,92% del totale dei ricoveri (nell’industrializzata e parecchio più popolata Lombardia la percentuale è 10,99, ndr). E l’incidenza delle patologie tumorali all’interno dell’assistenza ospedaliera è un importante indicatore specifico. Ci sono state poi 12.179 richieste di invalidità civile per tumore con la legge ’80, quella del procedimento breve, salite nel 2013 a 13.222. “Appare decisamente anomalo – scrivono – il dato riguardante la Regione Basilicata” rispetto alla medicina fisica e riabilitazione nel 2011, anche se c’è una tendenza al contenimento delle prestazioni. Nel 2012 siamo infatti primi in Italia in prestazioni specialistiche di medicina fisica e riabilitazione, 3.080 rispetto alle 886 nazionali, e dobbiamo pensare che la seconda regione è dietro con 1.652 prestazioni. Siamo invece secondi come incremento di attività specialistica ambulatoriale di radioterapia. Ogni mille abitanti ci sono state 170 prestazioni su una media nazionale di 87, dettaglio importante anche questo se pensiamo che “il ricorso alle prestazioni specialistiche radioterapiche anche senza ricovero (centri convenzionati ecc., ndr) – come scrive l’Osservatorio – permette di far fronte a richieste che altrimenti supererebbero la capacità di risposta delle strutture ospedaliere”.

Il fine-vita. Nell’assistenza ai terminali, quella che riguarda il periodo di degenza al proprio domicilio o dell’avviarsi del paziente alla conclusione della propria esistenza, che certo si riferisce a malati di tutte le patologie ma, ricorda l’Osservatorio, quelle tumorali rappresentano un “notevole rilievo”, la Basilicata risulta seconda dopo l’Abruzzo, con 182,3 pazienti ogni 100mila abitanti trattati su una media nazionale di 97. C’è poi un altro indicatore di cui tener conto. Il consumo di farmaci antineoplastici. E certo bisognerà chiedersi perché il sud meno industrializzato si confermi a maggior uso di farmaci. In generale l’ultimo rapporto nazionale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa, ndr) è chiaro, in Italia gli antineoplastici rappresentano “la prima categoria terapeutica a maggior spesa pubblica, pari a quasi 3 miliardi di euro (48,7 euro pro capite)”. Per quanto attiene quelli acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche si evidenzia una notevole crescita della spesa rispetto al 2013 (+9,7%), e un aumento dei consumi (+3,1%)”. Tra i primi trenta principi attivi a maggior incidenza sulla spesa dei medicinali erogati in distribuzione diretta e per conto, 14 sono infatti antineoplastici e immunomodulatori scrive l’Aifa, 11 su 30 inoltre, risultano tra i primi a maggior incidenza sulla spesa dei medicinali consumati in ospedali. Da un’analisi della relazione tra spesa e consumi erogati in regime di assistenza convenzionata, si dice che la Basilicata è la regione che consuma mediamente di meno, ma pure quella che spende di più. Nel confronto regionale tra i primi 9 mesi del 2013 e 2014 è quinta per spesa e consumi di farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche con 116,2 euro pro capite. Abbiamo una spesa regionale per medicinali erogati in distribuzione diretta (29.759.058 euro, ndr) e per conto (12.262.195, ndr), su dati consolidati a dicembre 2014, di 42milioni di euro. Circa 22mln rientra nella classe di rimborsabilità della spesa regionale per farmaci erogati in assistenza farmaceutica ospedaliera e ambulatoriale. 14.355.313 dei quali finiscono in classe h, cioè quei farmaci in uso solo in strutture ospedaliere. Di questi, stando alle determinazioni regionali di autorizzazione alla prescrizione dei medicinali con limitazione dei centri sanitari, tra 2013 e 2014 oltre il 50% sono stati utilizzati per trattare melanoma avanzato, melanoma inoperabile o metastatico positivo, metastasi ossee da tumori solidi, carcinoma renale avanzato nei pazienti adulti dopo fallimento d’un precedente trattamento, e fibrosi polmonare idiopatica della quale, anche se non se ne conosce ancora la causa, “una maggior mortalità – si riporta in Idiopathic Pulmonary Fibrosis: Diagnosis and Epidemiology – è stata trovata in aree centrali e industrializzate di Inghilterra e Scozia, suggerendo che un’esposizione ambientale/lavorativa potrebbe essere un fattore di rischio”.

L’esposizione ai rischi ambientali. L’esposizione ambientale ad agenti cancerogeni sversati da industrie ecc. è stata già associata a un aumentato rischio di cancro negli esseri umani. In molti studi il cancro allo stomaco è correlato al SO2, ricordano l’International Agency for Research on Cancer e l’Institute of Environmental Medicine di Stoccolma in Contribution of environmental factors to cancer risk. Dell’arsenico inorganico si sa che causa vari tipi di cancro, e che la sua principale esposizione è per ingestione d’acqua contaminata. Il benzene, stando a studi sull’esposizione lavorativa, è causa di leucemia. C’è inoltre una ragione biologica per ritenere numerosi inquinanti aerei come benzene stesso, benzo[a]pyrene, alcuni metalli, particolati (specialmente ultrafini), e probabilmente l’ozono, potenzialmente cancerogeni. Al centro-sud da tempo si segnala una controtendenza e un tasso di incidenza superiore del tumore del fegato, delle vie biliari e del sarcoma di Kaposi (i cui tumori appaiono come macchie rosse e viola su pelle, bocca, polmoni, fegato, o nel tratto gastrointestinale, ndr). Il cadmio, metallo che può percorrere lunghe distanze dalla fonte di emissione, è facilmente accumulato in molluschi e crostacei, anche se concentrazioni inferiori si trovano in verdure, cereali e radici amilacee, e l’esposizione si verifica principalmente tramite consumo di alimenti contaminati. Un’esposizione ambientale cronica rende maggiore la probabilità che venga colpito il fegato (3,5 volte di più rispetto a chi a meno cadmio in corpo, ndr). Questo metallo ha effetti tossici su rene, sistema scheletrico e respiratorio. La tossicità del rame colpisce apparato gastrointestinale, respiratorio, renale, con effetti anche ematologici. Il piombo e i suoi composti agiscono principalmente sul cervello e possono provocare il cancro all’intestino e ai polmoni. Il tallio invece, assorbito prevalentemente per ingestione e inalazione impatta su reni, cuore e fegato, anche se oggi sono studiati gli effetti neurologici, dai cambiamenti emotivi alle psicosi. Sono tutte sostanze queste, riscontrate lungo il fiume Basento ad esempio, in quella parte di provincia materana dove ci sono molta agricoltura e pastorizia, e non coperta dal registro tumori stando ai nuovi tranquillizzati dati usciti in questi giorni. E ve ne sono altre di sostanze, come il cloruro di vinile trovato a secchiate in territorio Ferrandina, che enti accreditati definiscono come una delle principali preoccupazioni da esposizione nell’incremento del rischio di una rara forma di cancro al fegato.