Charlie Hebdo, insopportabile la retorica che si è scatenata

9 gennaio 2015 | 17:27
Share0
Charlie Hebdo, insopportabile la retorica che si è scatenata

Insopportabile la retorica che il pensiero unico ed il “politically correct” ha scatenato commentando i tragici fatti che hanno sconvolto la rivista di satira Charlie Hebdo. Se si leggono i comunicati delle varie associazioni che si sono attivate per stigmatizzare l’accaduto si parla di generici fondamentalismi. Questa ipocrita genericità francamente rende sterile proteste e manifestazioni in favore della libertà di pensiero. Inquadriamo invece i fatti come realmente sono. Il fondamentalismo che ormai sta mietendo centinaia di migliaia di vittime in tutto il mondo: dalla Nigeria al Belgio, dagli Stati Uniti all’Indonesia, dall’Australia alla Francia, è quello islamicooooo!! Francamente non può più reggere la tesi secondo la quale l’Islam è buono; mentre il suo fondamentalismo è un cancro che nulla ha a che spartire con esso. Se il fondamentalismo islamico recluta i suoi terroristi dalle scuole coraniche o nella moschee una perversa conseguenzialità con i suoi insegnamenti ed i suoi contenuti c’è. Vi sono obiettivamente degli elementi equivoci in esso (è inutile girare dietro le parole!). Dalla Treccani si apprende che “il Corano e i trattati di diritto islamico prevedono che il “piccolo” jihad venga condotto solo contro gli infedeli (pagani e politeisti) e che l’azione armata debba essere preceduta da un esplicito invito a convertirsi all’Islam: solo di fronte a un rifiuto si deve procedere alla guerra…” ed ancora: “L’obbligo di partecipare al jihad non è esteso a ogni singolo musulmano: basta che ad assolvere questo compito sia un numero adeguato di membri della comunità”. Come si vede sembra che si teorizzi proprio la pratica di una violenza coercitiva perpetrata da una minoranza del popolo islamico per espandere il suo credo. Questo manipolo minoritario di violenti come si vede non è realtà “altra” dal popolo islamico intero che si raduna nelle moschee. Un secondo elemento, conseguenziale al piccolo jihad, è la confusione fra il recinto del sacro ed il profano. Viene negata ogni forma di laicità ed il capo religioso è anche il capo degli eserciti. E che dire poi del loro Paradiso sensuale e maschilista! Si ma se allora da parte islamica fra i doveri coranici è permanente la pulsione ad ingaggiare una guerra santa con “i diversi” per esigerne la conversione o, almeno, il soggiogamento; se non è oltremodo sostenibile la convinzione che fondamentalismo e predicazione coranica siano cose disgiunte; se non è oltremodo sostenibile ignorare che l’Islam è una dichiarazione permanente di guerra al mondo dell’”altro”; quale può essere la nostra risposta ? L’epoca delle crociate l’abbiamo ormai ampiamente superata anche se risposte militari ed il nostro strapotere tecnologico, in alcune circostanze vanno fatte valere. Si pensi per esempio alla raccapricciante realtà dell’Isis che rende urgente un’azione militare energica nell’area che controlla. Ma 2000 anni di storia del nostro occidente ci hanno alla fine fatto riscoprire il primato assoluto del Dialogo e del valore della Persona. Pertanto si deve partire nel ricercare, al di là delle corazze, il cuore delle persone e non smettere mai con esse di ricercare il Dialogo. La vera domanda allora è se questo dialogo sta avvenendo o meno. Francamente oggi questo dialogo non c’è. Ad impedirlo, per quel che gli riguarda, è la tentazione fondamentalista; mentre per quel che ci riguarda, è il pensiero unico conformista. Il leitmotiv del pensiero unico è la concezione materialistica della storia. Sia le dottrine liberiste che quella comunista, pur se diametralmente opposte, si basano proprio su questo principio ermeneutico della storia ritenuto esclusivo (sicuramente prevalente, ma non esclusivo!). Il motore del suo avanzamento, chiave unica interpretativa dei suoi eventi è l’economia e la rete di interdipendenze che essa crea. Al contrario nel corso di quest’ultimo secolo dottrine “immaterialistiche” o addirittura “irrazionali” hanno sempre smentito, a volte tragicamente, la regola aurea del materialismo storico. Dottrine che si credeva di dominare con il ricatto economico; spesso sottovalutate o banalizzate, hanno poi assestato colpi di coda terribili. Mi riferisco per esempio al Fascismo ed al Nazismo. In queste dottrine, sentimenti immateriali quali l’ appartenenza alla patria o ad una razza erano richiami di gran lunga più suggestivi e dominanti della lotta di classe. Ed ancora: contro il pensiero unico si levò l’azione del mahatma Ghandi che seppe trasformare la tradizione spirituale non violenta del suo grande paese in diga politica oppositrice al dominio britannico e, più in generale, al pensiero unico occidentale. I samurai Giapponesi facevano Harakiri negli anni 70 perché ritenevano insopportabile l’Occidentalizzazione del loro paese. I Bonzi Buddisti per lo stesso motivo si davano fuoco nelle piazze! E che dire del magistero papale degli ultimi 50 anni che ha sbarrato la strada al pensiero unico ed alle sue tragiche deviazioni ponendo al centro la terribile emergenza della povertà nel mondo ed il dialogo. Oggi contro il “pensiero unico” si scagliano i kamikaze islamici che stanno seminando terrore e morte nel nostro come nel loro mondo. Questi segnali, a volte raccapriccianti, a volte meravigliosi, sono assolutamente ignorati, perfino ridicolizzati dalla cultura occidentale europea. Così l’Europa crede che, per salvaguardare il suo “business” e la (de)crescita del suo PIL, nascondendosi dietro la fuorviante dottrina del “relativismo etico, sia utile indulgere nei confronti di certo mondo islamico che nemmeno tanto “silenziosamente” sta minando alle radici tolleranza, libertà e laicità che sono i pilastri eretti negli ultimi millenni e sul quale la nostra civiltà ha faticosamente e non con poca sofferenza costruito la sua convivenza civile. Occorre invece scommettere sulla capacità di dialogare con il mondo non solo sul piano dei bisogni ed interessi materiali, ma puntando ad interloquire “con la sua sconfinata riserva dello spirito in essa presente”, a dirla con Padre Balducci. Abbiamo a che fare con uomini, persone non con mercanti e merci! Ma per sostenere il Dialogo occorre esser carichi e ricchi di doni. Il Dialogo è un convenire ad un banchetto dove si trafficano e si scambiano doni. Noi in questo Dialogo dobbiamo portare il Natale con i suoi presepi, le nostre opere d’arte, la nostra cappella sistina, le nostre regge e valori come “Libertè, Fraternitè ed Egalitè. Senza doni non può esserci dialogo ma solo espansione unilaterale ed occupazione di spazi vuoti. Senza doni subentra la paura della diversità! Con il dialogo potremmo aiutare i nostri fratelli islamici a pesare maggiormente le cose meravigliose scritte nel Corano. Potremmo noi riscoprire e condividere con e grazie a loro il “Grande Jihad” che è sforzo spirituale del singolo individuo per migliorare se stesso! Francesco Vespe, Matera