Smaltimento rifiuti, il caso lucano in Senato

2 ottobre 2014 | 16:32
Share0
Smaltimento rifiuti, il caso lucano in Senato

Il senatore Bartolomeo Pepe, Gruppo Misto, ha presentato un’interrogazione ai ministri dell’Interno, dell’Ambiente e dello Sviluppo economico sugli appalti ed le erogazioni di finanziamenti a fondo perduto nel settore del trattamento e smaltimento dei rifiuti in Basilicata.

Di seguito il testo dell’interrogazione. Relativamente al cosiddetto opificio per il trattamento dei rifiuti con produzione di CSS (combustibile solido secondario) che la Regione Basilicata ha deciso, con delibera di Giunta regionale n. 272 del 12 marzo 2013 sulla reindustrializzazione del sito produttivo inattivo ex Me.com Srl Senise (Potenza); considerato che, per quanto risulta all’interrogante: con la delibera della Giunta regionale della Basilicata n. 808 del 27 giugno 2014 è stata dichiarata la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 25, comma 1, legge regionale n. 17 del 2011 per la realizzazione e/o ampliamento degli impianti di recupero rifiuti, e in particolare dell’impianto di recupero di rifiuti non pericolosi per la produzione di CSS, la valorizzazione dei rifiuti da raccolta differenziata ed il recupero di rifiuti inerti in area compresa tra la località “Manche di Marconi” e “Santa Lucia” del comune di Senise (Potenza) proposto dalla società NEP Italy Srl; nella delibera si legge che tale dichiarazione è stata emessa sulla base dell’istanza presentata il 18 giugno 2014 dalla Nep Italy Srl con sede legale in contrada Fontana Camillo 11, 85050 Tito (Potenza); con la delibera della Giunta regionale della Basilicata n. 825 del 27 giugno 2014 sarebbe stato deliberato un contributo in conto capitale di 8.414.444,11 euro alla Nep Italy Srl per la realizzazione del programma di investimento finalizzato alla realizzazione di un impianto multifunzionale per il trattamento di rifiuti solidi. la Nep Italy Srl risulta costituita il 24 marzo 2014 e iscritta alla Camera di commercio in data 26 marzo 2014, con un capitale sociale di 10.000 euro di cui 2.500 versati e 2 soci con pari quota del 50 per cento del capitale sociale: Bonaventura Srl e Pellicano Verde SpA. L’impresa sociale così costituita risulta “inattiva”; uno dei soci della Nep Italy Srl, nella sua qualità di amministratore delegato con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione relativamente alle attività amministrative e finanziarie, sarebbe stato condannato per violazione dell’obbligo di vigilanza sull’andamento della gestione ex art. 2392 del codice civile, insieme ad altri, dal Tribunale di Milano con sentenza in data 22 marzo 2012 a pagare la somma di 1.306.245,56 euro; da informazioni contenute in relazioni della Direzione nazionale antimafia, nell’ordinanza applicativa di misura cautelare del 6 dicembre 2011, contro imputati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, emessa dal gip presso il Tribunale di Lecce, vi sarebbe menzione di legali rappresentanti pro tempore e un procuratore speciale della Pellicano Verde SpA, imputati con altri del reato di cui all’art. 416, commi 1 e 2, del codice penale e all’art. 4 della legge n. 146 del 2006, quali partecipi nel sodalizio esportando illegalmente 763,090 chilogrammi di rifiuti speciali a mezzo di 38 container mediante la predisposizione di documenti doganali e commerciali ideologicamente falsi per un illecito giro di affari pari a 130.607 euro a Taranto e Napoli dal 24 gennaio 2008; pare che la ditta Nep Italy Srl abbia avuto accesso alla somma di 8.414.444,11 euro, quale contributo assegnato; la Nep Italy Srl sarebbe stata costituita proprio al momento in cui doveva concorrere per l’appalto in questione; risulta all’interrogante la realizzazione, finanziata al 100 per cento, di un opificio in area SIN (sito di interesse nazionale da bonificare) di Tito zona industriale, per trasformazione di rifiuti in CDR (combustibile da rifiuti) da parte della società Ageco il cui amministratore sarebbe stato arrestato per associazione a delinquere, smaltimento illecito dei rifiuti, truffa e falso e la cui società cambiava l’assetto societario nominando amministratore la coniuge del precedente amministratore e continuano a percepire finanziamenti, a vincere appalti mentre risulta che il manovratore il 30 ottobre 2014 sarà sotto processo a Potenza per il caso “Monnezzopoli”; anche la società Tecnoparco pare che sia sotto indagine della D.I.A. di Basilicata per smaltimento illecito di rifiuti pericolosi derivanti dalle estrazioni petrolifere per cui sarebbero stati emessi almeno 11 avvisi di garanzia dagli inquirenti; alcune associazioni di cittadini denunciano pubblicamente sui loro blog che sia stata inoltrata richiesta di accesso agli atti e di informazioni ambientali e che le autorità interessate negano tali informazioni in violazione della normativa europea e della Convenzione di Aarhus; nella fattispecie pare che si registrino assegnazioni di fondi pubblici ad aziende di società già oggetto di arresti per associazione a delinquere ordinario e/o di stampo mafioso sia nell’erogazione di milioni di euro di fondi, in particolare per la realizzazione di opifici per produrre combustibili da rifiuti sia negli appalti per la raccolta che per il deposito e lo smaltimento dei rifiuti; ai sensi della nuova normativa sulla documentazione antimafia, come puntualmente riportato dal sito “Basilicata24”, la pubblica amministrazione non dovrebbe più consentire la partecipazione alle gare e agli appalti pubblici, nonché all’accesso ai finanziamenti pubblici, alle società all’attenzione della magistratura per fatti gravi, pur in presenza di variazioni degli assetti societari finalizzate all’elusione dei controlli e alle prescrizioni di legge; secondo le stesse normative, i prefetti dovrebbero, in ogni caso, emettere interdittiva antimafia, si chiede di sapere: se risulti veritiera la notizia che aziende che hanno visto i propri amministratori arrestati per gravissimi reati legati al traffico internazionale di rifiuti pericolosi, smaltimento illecito di rifiuti, truffa, falso ed associazione a delinquere normale o di tipo mafioso abbiano partecipato, vincendole, a gare per servizi di raccolta e smaltimento rifiuti; se risponda a verità la denuncia del mancato intervento delle Prefetture di Potenza e Matera; se corrisponda al vero che diverse aziende i cui amministratori sono stati sottoposti ad arresti per associazioni a delinquere di stampo mafioso siano tra le beneficiarie dei fondi perduti per realizzare “opifici”, che in realtà sono mega stoccaggi di rifiuti pericolosi e non per trasformazione in CDR; se il Ministro dell’interno ritenga di invitare i prefetti a svolgere accertamenti preliminari sulle imprese del luogo dove si eseguiranno i lavori per le quali è maggiore il rischio di infiltrazione mafiosa e, in caso di accertamento di tale situazione, di emettere l’informativa interdittiva senza aspettare l’esito dei processi e delle inchieste in aderenza alle direttive della nuova normativa sulla documentazione antimafia; se e quali iniziative i Ministri in indirizzo, per quanto di loro competenza, vogliano intraprendere in questo ambito.