Quando lo Stato invita i cittadini all’omertà

Un giovane lucano denuncia e fa arrestare un boss della mafia in Sicilia. Quel boss è il padre di sua moglie.
Non è l’’unico caso di un cittadino che scavalca i limiti della paura e dell’omertà e denuncia il malaffare mafioso. E’ accaduto ad altri, tanti. Questo coraggio fa notizia. Ma la vera notizia è che lo Stato in un modo o nell’altro lascia sole queste persone. Persone che lamentano e denunciano la loro solitudine. Lo Stato ti utilizza e poi ti molla. Donne e uomini abbandonati, senza alcuna protezione, in balia della sorte. I mass-media se ne occupano, i cittadini ascoltano, guardano, leggono, e la conseguenza è una sola: l’inquietudine civile della coscienza individuale. E’ un paradosso che fa male al Paese. Tu denunci, vai a testimoniare, ti promettono protezione e poi ti lasciano solo. Il messaggio è chiaro: se parli sei fottuto. Ecco. Lo Stato ci chiede di non essere omertosi, di denunciare, di parlare. Ma quando lo fai, ti lascia nel deserto delle tue paure. Mi chiedo: è questo il modo di educare i cittadini alla partecipazione civile? E’ un paradosso. Se lo Stato vuole davvero combattere il malaffare non può lasciare soli i cittadini che quel malaffare lo affrontano. Se lo Stato ci chiede di non essere omertosi non può lasciarci soli come ha fatto con quel ragazzo lucano in Sicilia. Lo stesso trattamento riservato a tante altre persone che oggi sono senza pane, senza casa e senza protezione. Forse uno dei problemi seri dell’Italia è che non esiste lo Stato. Magari esistono lo stato di ubriachezza della politica, o lo stato di confusione delle istituzioni.