‘Monnezzopoli’ lucana: le vie dei rifiuti sono infinite

9 ottobre 2014 | 16:38
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‘Monnezzopoli’ lucana: le vie dei rifiuti sono infinite

Rifiuti sversati in discariche assieme a materiali tossici e inquinamento di suoli e falde come “probabile se non certo realizzo”. E quanto si può leggere tra le carte dell’inchiesta dell’antimafia lucana che ha portato due anni fa all’arresto d’un gruppo di imprenditori 

attivi nel ciclo dei rifiuti. Ci siamo chiesti se per leggere questa storia e i suoi effetti collaterali, non sia forse il caso d’affidarsi al modo in cui la semiotica tratta l’idea di cose o persone associate, di “gruppo” appunto. E cioè “in funzione dei modi di interazione cooperativa tra i suoi membri allo scopo di produrre e riaffermare una definizione della situazione che comprende: la propria immagine, quella dei gruppi concorrenti, le valutazioni reciproche di queste rappresentazioni, e soprattutto la cooperazione interna che è spesso nascosta o contraffatta in relazione ai non membri”.

“Butta un occhio a quello che sta succedendo”. E’ un pomeriggio di novembre del 2012. Il Capitano del Nucleo Operativo Ecologico (Noe, ndr) dei Carabinieri riceve una telefonata sul cellulare dell’Arma. Non fa in tempo a rispondere, e richiama. Dall’altra parte del telefono c’è Don Rocco, parroco a Tito, conosciuto dal capitano perché per molti anni è stato il cappellano dei Carabinieri. A Potenza, si annota nel verbale, don Rocco collabora per l’assistenza spirituale al personale della Guardia di Finanza, dell’Arma dei Carabinieri, e dell’Esercito. Dopo i saluti di rito il parroco va al sodo. Dice d’aver chiamato perché “in compagnia” dell’imprenditore Giovanni Agoglia, della B&B Eco srl di Tito che s’occupa dei rifiuti solidi urbani (Rsu, ndr) del Bacino Centro di Potenza. Il capitano “non volendo proseguire la conversazione” s’inventa una scusa, e don Rocco a quel punto risponde che la sua non è una telefonata dettata da “motivi specifici”, ma conclude specificando (e scusate il gioco di parole), “comunque butta un occhio a Tito, a quello che sta succedendo”. Due giorni dopo il capitano incontra Tiziana, dipendente di Agoglia, nel centro commerciale di Tito. La dipendente gli riferisce d’aver saputo dal parroco che è il capitano del Noe perché aveva assistito a quella telefonata fattagli in presenza dell’imprenditore per cui lavora. Qualche giorno dopo il capitano verbalizza questi fatti per darne atto a chi di dovere, l’antimafia. Quanto stava accadendo doveva esser chiaro al Noe, su delega aveva indagato e intercettato Agoglia e altri imprenditori per “associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, ai falsi e alle truffe” ai danni dei comuni interessati dalle attività di raccolta e smaltimento Rsu. La B&B Eco a Tito stava gestendo la stazione di trasferenza dei rifiuti, un’area di 900metri quadri che, quando entrano i Noe per la prima volta è completamente piena di Rsu per diversi metri d’altezza, e comprende una discarica di rifiuti speciali pericolosi e non con onduline di eternit, pneumatici, batterie al piombo esauste, e materiale ferroso vario.

Rifiuti, politica e imprese. Ai rifiuti che escono dalla B&C Eco per andare con i camion di Agoglia verso le discariche di destinazione, spiega il Noe,è stato attribuito un falso Codice europeo rifiuti (Cer, ndr). Quei rifiuti erano solo triturati per esser buttati nelle discariche “tal quali”, nonostante gli venisse attribuito un Cer che attestasse l’avvenuta separazione dei materiali metallici pericolosi. L’operazione per i Noe sarebbe stata avallata dai gestori delle discariche che al corrente ne avrebbero tratto profitto a loro volta. Del resto, annotano, la B&B Eco aveva stipulato con la Basentini srl un contratto in comodato d’uso per un trituratore di rifiuti “sprovvisto di vagliatore”. Per le imprese si tratta d’un giro d’affari di 4,5milioni di euro in due anni (2010/2011, ndr), con la “inquietante connivenza degli organi politici” si scrive. I protagonisti sono la B&B Eco (il cui rappresentante è Ida Zecconi residente a Napoli, ndr) di cui Agoglia è procuratore speciale, la Ageco (di cui Agoglia è amministratore unico) che trasporta quei rifiuti alle discariche di destinazione. La Castellano Costruzioni Generali srl gestore della discarica di Salandra, la Cio Impianti srl gestore della discarica di Tricarico, la Biositema srl per quella di Lauria, e in maniera marginale la Progetto Ambiente società cooperativa sociale per Pisticci, e due dipendenti del Comune di Matera per la discarica comunale. Agoglia, scrivono, gestiva i rapporti e le relazioni con la Provincia di Potenza e la Regione. Tiziana invece, la dipendente di Agoglia, la contabilità e i rapporti commerciali con le discariche di destinazione, tenuti così bene, dice la Procura, che prima di fornire al Noe i documenti richiesti dopo il controllo “si premurava” d’avvertire Cosimo Guida (amministratore della Cio Impianti, ndr), delle anomalie da risolvere tra le due imprese riguardanti costi e fatture. Ad attestare l’operazione illecita oltre agli accertamenti ci sono le intercettazioni. E non è un dettaglio di poco conto che Massimo Macchia, assessore all’Ambiente della provincia di Potenza, e l’ex sindaco di Potenza Vito Santarsiero, sapessero che i rifiuti non venivano vagliati ma non erano mai intervenuti con sanzioni. Al contrario, scrive la Procura, avevano accettato con la logica delle “ordinanze semestrali” che le “dannosissime conseguenze ambientali” venissero gravemente portate avanti. “La situazione è critica” dice un giorno al telefono Agoglia a Macchia. A quel punto l’assessore insiste sull’aumentare i camion verso l’inceneritore a Melfi. “Fenice mi ha detto – ribadisce a quel punto l’imprenditore all’assessore – che se il materiale fosse più pulito, fosse vagliato, ne può prendere pure cinque”.

“Formule adatte” per gli amici. Insomma pare che funzionari messi a tutela della cosa pubblica e imprenditori atti a gestire un inceneritore e alcune discariche sappessero che l’operazione non era proprio lecita, ma facessero finta di niente. Del resto questa è una storia che nasce già sotto una certa accondiscendenza politica. Il Corpo Forestale aveva sottolineato che tra il 2009 e 2010 le ordinanze del presidente della Giunta Regionale e della Giunta provinciale di Potenza avevano autorizzato la stazione di trasferenza della B&B Eco in un “neo parco nazionale”. Ordinanze “sprovviste di ogni autorizzazione” che facevano ipotizzare vari reati. E anche chi lavora nei comuni da una mano. Un assessore del Comune di Potenza con Santarsiero spiega la Procura, intercettato si dimostra gran soccorritore di Agoglia nella risoluzione delle controversie sulla gestione dei crediti verso gli smaltitori finali. Come quella nei confronti di Guida per la discarica di Tricarico, o per Castellano per Salandra. Per il primo l’assessore comunale rassicura al telefono l’imprenditore dicendogli d’aver trovato una “formula adatta” all’occasione, una “stretta di mano a tre”. Per Castellano invece, che infastidito da un ritardo di pagamento aveva intrapreso un’azione legale contro Agoglia, consiglia è “cosa alquanto imbarazzante” si sottolinea nell’inchiesta, di far pignorare il Comune. “Giovanni digli a quel grand uomo – dice riferendosi a Castellano – fai il pignoramento presso terzi… e te la vedi tu e il Comune… fai il pignoramento al Comune con tutti gli interessi e le spese”. Il quadro della situazione economica al maggio 2012, quello a cui bisogna trovare formule anche scaricando sui contribuenti, è riportato in altra intercettazione tra Agoglia e due dipendenti. Si comincia con Basentini, ma Agoglia dice di lasciar stare e andare avanti. Probabilmente si può fare con l’imprenditore già conosciuto dall’antimafia che anni prima lo aveva indagato come parte d’una lobby affaristico-criminale messa su da Renato Martorano, caposocietà della ‘ndrangheta in terra lucana. Assolto restano agli atti le strette relazioni documentate e una frase sull’imprenditore proferita dal boss. “Basentini – dice al telefono un giorno – lo identificano con Martorano”. Per Castellano invece, a cui si pensa di far pignorare il Comune, si parla di 430mila euro (meno 200mila già dati, ndr) e più 50mila “vecchi”. A Guida della Cio Impianti per Tricarico 1.070.000 euro (meno 90mila, ndr), a Matera gestita dal Comune 200mila, a Pisticci gestita dalla Progetto Ambiente 608mila, a Fenice 404.505, al Consorzio Seari di Melfi 132.300 (per la discarica di Venosa dove vengono dirottati alcuni flussi, ndr).

Il capitale umano. Nonostante Agoglia definisca Castellano “un criminale che conta nei tavoli della Regione”, e la discarica di Salandra la “più illegale del sud Italia”, “quella,  dice, che nessuno vede e dove si fanno “bilanci da delinquente”, ci fa affari. Come, lo spiega il Noe. Pure a Salandra vengono documentati rifiuti scaricati tal quali contravvenendo a leggi e autorizzazione d’impatto ambientale. Un operaio che ci lavorava interrogato aveva riferito ai Carabinieri d’aver avvisato la ditta da giorni che era rotta la pala per la movimentazione dei rifiuti, ma che si continuava a scaricare. In una telefonata l’imprenditore viene informato dal nipote che i Carabinieri avevano detto d’aver visto anche in altre giornate che quei rifiuti venivano sversati tal quali, e l’imprenditore aveva chiesto se la responsabilità ricadesse su di lui. Per uscirne “puliti”, si scrive nell’inchiesta, la ditta avrebbe cercato a quel punto una linea difensiva che accollasse le responsabilità all’operaio, sarebbe stato lui a “buttare i rifiuti così”. In seguito, come Castellano dice a un dipendente che segue la faccenda, attraverso “un responsabile per alleggerire”. L’imprenditore si premura di far trovare qualche delega o carta firmata da altro dipendente per potergli scaricare la responsabilità, in modo da collocarsi in posizione “marginale”. Questo capitale umano a disposizione per scagionarsi non è fatto solo di operai e dipendenti. C’è anche il sindaco di Salandra, Giuseppe Soranno, suo “intimo amico” per la Procura. Durante il controllo alla sede dell’impresa, il sindaco lì per seguire la cosa, viene subito contattato da Castellano. L’imprenditore gli dice che se si becca una denuncia viene “cacciato dall’Eni” (assieme a cui è stato poi indagato anche con Tecnoparco Valbasento spa per smaltimento illecito di fanghi petroliferi, ndr), e ricorda al sindaco di non approfittare dell’amicizia. “E’ da un anno – afferma – che dico che ve la devo lasciare (la discarica, ndr)”. Poi il sindaco gli riferisce che i Noe hanno chiesto una stampa dei rifiuti conferiti dalla B&B Eco. “Andavano caricati… diciamo sul conferimento come importo capì – continua in una conversazione successiva – però non lo abbiamo fatto eeh, e faranno a noi il verbale come Comune insomma”. Un’altra formula per gli amici? E oggi qual è lo stato di salute della discarica? Ad agosto 2013 dopo le analisi dell’acqua di falda, l’Arpab comunicava d’aver riscontrato un “superamento” delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC, ndr) per solfati (sino a 1.848 con limite 250mg/l, ndr), manganese (sino a 918 con limite 50µg/l, ndr), arsenico (a 11 con limite 10µg/l) e boro (sino a 7.069 con limite 1.000µg/l, ndr). Dai rapporti di prova si scopre che c’è anche nichel (sotto CSC, siamo a 16µg/l con limite 20, ndr) e altre sostanze come selenio. E che oltre ai solfati pure la conducibilità elettrica, l’azoto ammoniacale, l’azoto nitroso e quello nitrico raccontano che quelle acque rientrano in una classe qualitativa definita a “impatto antropico rilevante con caratteristiche idrochimiche scadenti”. Il Comune di Salandra però rassicurava, le analisi dell’Arpab “non si riferiscono alla matrice ambientale acque sotterranee” e dunque “la popolazione potenzialmente interessata da un evento di contaminazione” è zero. Intanto, nonostante il Comune avesse già messo in atto “interventi correttivi al fine di assicurare un efficiente drenaggio delle acque di ruscellamento superficiale” della discarica, il percolato viene fotografato dai cittadini mentre durante le piogge fluisce tranquillo nel torrente Greto. Lì mucche e pecore che producono ricotte e formaggi s’abbeverano.

Quell’autorevole politica dietro l’affare rifiuti. Anche alla discarica di Carpinetodi Lauria, gestita dalla Biosistema, il Noe riscontra che gli Rsu portati dalla B&B Eco nonostante non vagliati venivano sversati tal quali. A Lauria B&B Eco porta tra 2010 e 2011 la parte più grossa, circa 17mln di kg di Rsu, per un guadagno nel solo 2010 di 877.202 euro per il gestore (quell’anno B&B Eco otteneva dai comuni per i rifiuti portati a Lauria 1,4mln di euro, ndr). E a Lauria l’affare è grosso da quando partì l’Azienda Latronichese Energia, Servizi Integrati Associati (Alesia srl di cui ci siamo occupati, ndr), nata da una fusione tra il Comune di Latronico e la società Bioeco srl per gestire Rsu degli Enti aderenti (Latronico, Viggianello, Lauria, Rotonda, Comunità Montana Camastra Alto Sauro, Teana, Bernalda, l’Acquedotto Lucano spa). La Biosistema entra infatti nel 2000 nella compagine societaria di Alesia con il 24,50% (poi 16,3%, ndr), e il suo amministratore Gaetano Papaleo è pure consigliere di amministrazione di Alesia fin dalla sua costituzione. Nel 2001 la discarica di Latronico si saturò e Alesia fu costretta a smaltire a Galdo di Lauria, altra discarica gestita dalla Biosistema che, nonostante socia di Alesia, prese per i conferimenti un corrispettivo a parte. Due anni dopo il sindaco di Latronico, pure presidente pro tempore di Alesia, sottoscrisse con la Biosistema un contratto stabilendo che il Comune gli avrebbe versato direttamente l’importo per lo smaltimento, violando bando e norme contrattuali in quanto sottraeva ad Alesia la percentuale d’utile dello smaltimento. Nel febbraio 2008 Papaleo, in un cda di Alesia, da amministratore d’una società privata spiegò che un “autorevole politico regionale” non era intenzionato a lasciare ad Alesia la gestione della nuova discarica comprensoriale di Carpineto perché c’erano le ragioni d’un “pieno controllo pubblico”. Controllo pubblico o no l’anno dopo con Determina Dirigenziale il Comune di Lauriaaffidava alla Biosistema, senza alcuna gara a evidenza pubblica, la gestione dell’impianto in fase di completamento e con un fatturato annuo presumibile di 1,5mln di euro. Come ulteriori “motivi” dell’affidamento s’indicavano le qualità tecniche e l’alta professionalità già sperimentata dal Comune di Lauria, dai comuni del comprensorio, dalla Regione Basilicata, e dai Noe negli anni in cui la ditta aveva gestito la discarica comprensoriale Carpineto e le “qualità morali” dei responsabili della ditta “in un settore molto delicato e sensibile della vita amministrativa e sociale”. A luglio del 2011 Carpineto inizia a vomitare percolato. La Procura di Lagonegro apre un’indagine e dopo un anno proprio i Noe che per il Comune avevano sperimentato le qualità della Biosistema sequestravano la discarica. Noe che tra le carte di Monnezzopoli in riferimento al caso parlano di “gestione dannosa” e “palese violazione” rispetto al contratto di concessione del servizio di gestione stipulato tra Comune e ditta nel 2009.

La contaminazione realizzata e altre storie. Anchele altre discariche coinvolte nella monnezzopoli lucana non stanno in salute. Anzi come preventivato dal Noe l’inquinamento è arrivato puntuale. A Tricarico a marzo 2013 l’Arpab riscontrava una contaminazione da metalli pesanti come ferro (sino a 1.640µg/l, ndr), manganese (213µg/l, ndr), piombo (sino a 91µg/l, ndr), e di inquinanti inorganici come boro (sino a 2.474µg/l, ndr) e solfati (sino a 4.620mg/l, ndr). E da non sottovalutare il fatto che ci stanno pure mercurio (0,4µg/l su limite 1) e cadmio (4,5µg/l su limite 5, ndr). Anche altri parametri come la conducibilità elettrica fanno identificare quell’acqua in classe 4, dove l’impatto antropico ha reso “scadenti” le sue caratteristiche idrochimiche. La discarica di Matera si presenta oggi con percolato che in un settore non viene smaltito da un anno e oltrepassa l’altezza dei pozzi di prelievo (stimata in 2m, ndr), e il superamento di solfati (a 709mg/l, ndr) e boro (4.012µg/l, ndr) nelle acque analizzate. Anche per la discarica di Lauria c’è il sequestro e la contaminazione è accertata. A Lauria a giugno di quest’anno una delibera di Giunta regionale aveva concesso oltre 729mila euro per un Piano di caratterizzazione che doveva verificare la causa dell’inquinamento (se la vecchia vasca di raccolta o la nuova, ndr), e stabilire interventi di bonifica o altro. A ottobre 2013 il Noe aveva posto sotto sequestro pure il bacino della discarica di Pisticci. Dieci giorni dopo il Tribunale di Matera scrisse nel decreto di convalida che l’Arpab aveva rilevato il giorno prima che entrassero i Noe (che poi confermarono le osservazioni, ndr) “il pericolo da contaminazione da percolato a causa della non regimentazione delle acque meteoriche, nonché la presenza di percolato nel canale di guardia della vasca rifiuti”, e incredibile a dirsi, “l’assenza dei piezometri per il monitoraggio delle acque sotterranee”. Il mese dopo il Tribunale di Matera revocava il sequestro. Ma che interessi o meno lo stato di salute delle acque sotterranee delle discariche coinvolte nell’inchiesta e dei territori connessi, l’11 settembre scorso a seguito della riapertura della discarica di Pisticci, l’Ufficio ambiente della Provincia di Matera ha riorganizzato i “flussi di rifiuti urbani”. A Pisticci ne potranno arrivare 45.700kg al giorno, e a conferire saranno Pisticci Bernalda e Policoro. A Salandra avrebbero dovuto conferire 45.200 di kg al giorno quattordici comuni, ma non sarà così perché la discarica saturata si è deciso di chiuderla. A Matera 80.200kg al giorno, ma qui le volumetrie sono solo “stimate” dice la Provincia, in quanto “non pervenute dagli uffici competenti”. A Tricarico nulla. Lì a novembre 2013 era stato chiesto alla Cio Impianti di integrare il Piano di caratterizzazione con Analisi del rischio di tutta l’area, di capire quali rifiuti fossero arrivati, ed estendere le “indagini anche alle acque superficiali”. Certo dal 2010 al 2012 parecchi comuni hanno conferito alla B&B Eco circa 77mln di kg di Rsu con Cer 200301, e la ditta ha prodotto circa 25mln di kg di rifiuti con Cer 191212. I comuni hanno corrisposto perciò alla ditta circa 15mln di euro, e il costo complessivo dello smaltimento dei due Cer, nei modi e con i risultati che abbiamo visto, ha ammontato a 10.432.625euro.