Il segreto di Stato sull’Itrec di Rotondella

19 settembre 2014 | 12:11
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Il segreto di Stato sull’Itrec di Rotondella

Con l’ultima parte dell’inchiesta sull’Itrec di Trisaia, terminiamo l’analisi della “Dichiarazione Ambientale 2010 dell’Enea”, un documento che come il piano d’emergenza esterna dà più interrogativi che risposte. 

La radioattività nell’impianto di depurazione. Nel 2007, riporta l’Enea, è stato necessario caratterizzare e smaltire, in aggiunta a quelli prodotti dagli impianti e laboratori, alcuni rifiuti pericolosi presenti nel Magazzino di Centro e ciò ha portato ad un nuovo incremento dei costi di caratterizzazione oltre che della quantità annuale dei rifiuti pericolosi smaltiti. Stranamente proprio al 2007 risale il protocollo Sogin – Ispra sul monitoraggio ambientale, protocollo che come sempre ha portato blandi benefici in materia d’informazione ambientale ed i cui esiti non sono mai stati ordinatamente pubblicati su un bollettino. L’Enea afferma di attingere acqua da due fonti: i pozzi e l’acquedotto. L’acqua proveniente dal Sinni, tramite due pozzi, viene depositata in un serbatoio pensile (350 mc) e, attraverso una specifica rete, è utilizzata per l’impianto antincendio, per irrigare e come acqua di raffreddamento. Raffreddamento di cosa? Tra il 2004 ed il 2009, sono stati attinti complessivamente dai due pozzi, 366mila metri cubi d’acqua, conteggiati mediante contatori: curioso risulta il fatto che dei contatori siano presenti in entrata, mentre manchino in uscita per lo scarico a mare, quindi potremmo ipotizzare che una consistente quota di questa ingente massa d’acqua potrebbe essere quella scaricata in mare? Inoltre, l’Enea ha completato nel 2006 la realizzazione di un impianto di fitodepurazione che si trova a valle dell’impianto di depurazione “Oxygest” ( impianto trattamento biologico di ossidazione a fanghi attivi ) delle acque di scarico di tutti i servizi igienici e della mensa convogliate in fogna interna fino al depuratore stesso: proprio nel punto Oxygest tra il 2004 ed il 2009 vennero rilevate alte dosi di Cesio137. A tale depuratore confluiscono anche le acque meteoriche e reflue domestiche della Sogin S.p.A. che, invece, per quelle derivanti dalla propria zona attiva, ha uno scarico separato che va direttamente al mare. Quindi la presenza di Cesio137 è stata ritrovata in entrambi gli scarichi dell’Itrec – Enea: la Sogin non dovrebbe risponderne? E le acque depurate dal sistema Oxigest dopo la fitodepurazione dove confluiscono?

L’Enea e le sue emissioni importanti. Il centro ha emesso in aria, sempre dal 2004 al 2009: 5.834 tonnellate di CO2, 6 tonnellate di metano, 21 tonnellate di protossido di azoto, 35 kg di SO2, oltre 5 tonnellate di NOx ed oltre 90 kg di polveri sottili: non c’è che dire un centro di tutela ambientale ed energie alternative che ha il suo bell’impatto ambientale. Le emissioni in aria vengono monetizzate, da un registro europeo, l’E-PRTR, che stima un danno economico partendo da un tariffario e da rapporti matematici che ne calcolano le variabili dovute a caratteristiche locali. Il tutto tenuto debito conto che la velocità di propagazione e il relativo impatto sanitario, anche se certo, non è ancora assolutamente definibile secondo un sistema di calcolo omogeneo, ma necessita di ulteriori approfondimenti nei quali si innestano le previsioni di danno sanitario formulate dalla E.E.A.. Ad oggi solo di CO2 l’Enea ha causato un danno economico di oltre 280mila euro, senza quantificare il danno causato da sostanze nocive come il NOx e l’SO2. Non accennata l’esistenza o il rilevamento del particolato radioattivo che invece potrebbe uscire dal camino dell’Itrec.

Il segreto di Stato sull’Itrec deroga le norme ambientali. Anche sul nucleare lucano c’è una tela che parte da Roma e poggia sia sui silenzi dell’onorevole lucano del Pd, Roberto Speranza, membro del Copasir (il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, ossia il controllo dei Servizi Segreti ), che sul decreto del 30 luglio scorso, in cui Pittella firma l’istituzione del Comitato Paritetico Regione – Difesa, coordinamento per le servitù militari ricadenti in Basilicata e per le aree o i brevetti sottoposti a regime di segreto interessanti la difesa nazionale. La norma nazionale recepita è preoccupante in due articoli: il n.322 ed il n.358 del dlgs. 15 marzo 2010, n.66, recepito dalla Regione Basilicata, che recitano:”Se esigenze di segreto militare non consentono un approfondito esame, il presidente della giunta regionale può chiedere all’autorità competente di autorizzare la comunicazione delle notizie necessarie – e che in caso di – Valutazione ambientale strategica e valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell’ articolo 6, comma 4, lettera a), del dlgs n.152/2006, sono comunque esclusi dal campo di applicazione di detto decreto i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato. Il Metapontino quindi è condannato per segreto di Stato, segreto pagato con i soldi della componente A3 della bolletta elettrica, pagata anche dai lucani.

Un pericoloso vuoto di potere nel nucleare italiano, a chi giova? La recente direttiva 2011/70 dell’Euratom, del 19 luglio 2011 prevede l’obbligo per ciascuno Stato membro di trasmettere alla Commissione Europea, entro l’agosto 2015, il programma nazionale per la politica di gestione di tutti i rifiuti radioattivi secondo il principio che i rifiuti radioattivi dovranno essere gestiti e smaltiti nel Paese che li ha generati: quindi l’Italia dovrebbe ricevere indietro la sua dote, ospitata presso Francia ed Inghilterra (la Francia ha recentemente respinto l’ultimo carico proveniente dall’Italia per paura dell’eventuale mancata osservanza della direttiva Euratom), ma i rifiuti americani ospitati presso l’Itrec – Trisaia che fine faranno? Il decommissioning una volta terminato, dovrebbe costare 6,7 miliardi di euro e la Sogin prospetta azioni di bonifica nucleare anche per materiale estero al fine di ammortizzare gli ingenti finanziamenti statali ricevuti. Il 26 marzo c.a. il Governo Letta ha recepito la direttiva Euratom suddetta, al fine di istituire l’Isin, ossia l’ente indipendente di gestione e monitoraggio del nucleare in Italia, che la UE vuole costituire in ogni paese membro, con operatività piena a partire dal 2015: ad oggi l’Isin è una scatola vuota priva di nomine, statuto e portafoglio. Questa la storia politico-amministrativa, ove la politica comunicativa della Sogin non ha certamente brillato, anzi, è non è stata all’altezza dei bilanci; intanto la Basilicata, tra le varie regioni ospitanti impianti nucleari, pare essere quella col minor tasso d’incontri pubblici sulla tematica, e non solo: sembra essere la regione degli eterni rimandi ambientali, infatti ad oggi, pubblicamente, non vi è traccia del Piano Straordinario di Monitoraggio approvato da Sogin – Ispra ed Arpab ed annunciato nel 2009 da Sogin medesima. Ma ormai è luogo comune che Sogin più che dare informazioni, dia dubbi, del resto in Italia dare trasparenza sul nucleare è più semplice che dividere l’atomo stesso. In tutto questo filone aziendalista, in Basilicata non sappiamo più il senso della parola bonifica, nata per esprimere redenzione e risanamento di luogo mortifero, oggi fa più paura dell’inquinamento stesso, perché la bonifica si sa, a volte remunera molto più della contaminazione ed inoltre cancella le prove senza risolvere il problema. Gianpaolo Farina – Giorgio Santoriello – Andrea Spartaco