Le politiche “stupide” di contrasto alla povertà

7 agosto 2014 | 10:33
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Le politiche “stupide” di contrasto alla povertà

Le tiritere sul reddito minimo di inserimento sono le stesse che abbiamo sentito con il programma di Cittadinanza Solidale prima e del Copes dopo. “Niente assistenzialismo”, “percorsi di sostegno e integrazione”, bla bla bla. I risultati ottenuti con i primi due programmi sono evidentemente deludenti. Inserimenti al lumicino, ma tante trappole della povertà. Oltre i risultati, quasi nulli, dobbiamo ricordare i danni. L’aver destinato decine di milioni di euro a interventi inutili di “contrasto alla povertà”, ha indebolito il mercato sociale dei servizi di welfare, rendendo ancora più precarie le condizioni delle imprese sociali e dei loro lavoratori. In sostanza le politiche adottate negli ultimi dieci anni in Basilicata, possiamo considerarle “stupide”. Perché? Da un lato non hanno prodotto alcun vantaggio ai presunti beneficiari, dall’altro hanno danneggiato la sfera di welfare riconducibile alle imprese sociali e alle altre organizzazioni di economia civile che, per missione e vocazione, combattono l’esclusione e la povertà. C’era un solo modo per creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate: rinforzare il sistema dei servizi sociali e socio-assistenziali. Con seri programmi di formazione, molte di queste persone avrebbero trovato lavoro nelle imprese sociali le quali avrebbero allargato i loro spazi di mercato, seppure prevalentemente pubblico. Il rinforzo dei servizi sociali e socio-educativi avrebbe liberato azioni efficaci di contrasto alla povertà e alle condizioni di svantaggio dei bambini e delle loro famiglie in difficoltà. Tutti sordi. Infatti, è accaduto il contrario. Il sistema delle imprese sociali è in affanno ormai da anni. L’assetto istituzionale del welfare locale versa in uno stato di confusione inquietante. I poveri non hanno trovato lavoro. I lavoratori dei servizi sociali vivono nella precarietà e molti di loro sono stati anche licenziati, nel silenzio assoluto. Un fatto deve essere chiaro ai decisori pubblici: i poveri che insistono in un territorio povero, dove manca il lavoro per tutti (analfabeti, diplomati, laureati) non hanno alcuna speranza di inserimento lavorativo. Diversamente, se si fa leva sui settori ad alta intensità di mano d’opera, per esempio i servizi di welfare, qualcosa di buono può accadere. Sempre che qualcuno si decida a ricomporre le regole del mercato sociale e a ricostruire un sistema articolato di welfare più moderno e serio. Con le nuove iniziative in cantiere, quali “il reddito di inserimento”, non si facciano gli stessi errori del passato.