All’Itrec acqua radioattiva a cielo aperto?

5 agosto 2014 | 09:44
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All’Itrec acqua radioattiva a cielo aperto?

Oltre al Piano d’emergenza esterno dell’Itrec, esiste un altro piano, più dettagliato dal punto di vista del soccorso sanitario in caso d’incidente nucleare, è il Piano Provinciale d’emergenza di Matera. Esso riporta a p.423 che in caso di contaminazione:” “….Il Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria 

Locale territorialmente competente, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana, provvederà alla costituzione di posti di medicazione ed assistenza sanitaria ai margini della zona pericolosa, attraverso i quali devono transitare tutte le persone provenienti dalle zone contaminate. Provvederà, altresì, alla istituzione di docce campali e centri di decontaminazione esterna delle persone (cambi di indumenti, dosimetria, lavaggi ripetuti, tagli capelli, etc.). ” …Portata a compimento l’operazione relativa al primo soccorso, si procederà agli interventi di carattere assistenziale per tutto il personale evacuato, secondo le procedure operative contenute nel Piano di Emergenza esterno predisposto dal Gestore ed approvato dalle autorità competenti….”. Chiediamo al Prefetto di Matera: ma tutto questo esiste? Ed è in linea con quanto stabilito dalle direttive Euratom (89/618 – 90/641 – 92/3 e 96/29) in materia di gestione d’emergenza e trasparenza? Secondo noi, no, perché l’Euratom dice che le esercitazioni devono essere periodiche, estese e l’informazione sulle sorgenti radiogene, trasparente. Invece in Basilicata non sappiamo neanche se l’inventario sia aggiornato e veritiero.

La Sogin ha iniziato la bonifica dell’Itrec di nascosto? Poi arriva Sogin, che nonostante il faraonico bilancio di quasi 300 milioni di euro ed oltre 700 dipendenti, ancora non riesce a fare comunicazione. Infatti sul sito ufficiale viene scritto che: ” …Nel luglio 2012 è stata avviata la bonifica del deposito interrato di rifiuti radioattivi. Il deposito interrato, realizzato in cemento armato nei primi anni settanta durante l’esercizio dell’impianto, ha un volume di 54 metri cubi e si trova ad una profondità di 6 metri. Al suo interno i rifiuti radioattivi sono conservati in fusti di tipo petrolifero da 220 litri, inglobati in malta cementizia, disposti su 5 livelli all’interno di 20 celle. Il sito sarà portato a prato verde nel 2026…” se fosse vero sarebbe una mancanza di una gravità inaudita, contro ogni accordo di trasparenza e diritto d’informazione per la popolazione locale. Sogin ed Ispra rispondano immediatamente a questa incongruenza, l’ennesima. La bonifica è una fase delicatissima dei lavori, ove aumenta il rischio di incidenti, ai quali non potremmo far fronte perché privi di un piano d’emergenza esterno valido ed aggiornato alle direttive dell’Euratom. Sogin ci tiene a precisare che:” Ogni anno, Sogin effettua sistematicamente centinaia di misure sulle matrici alimentari e ambientali che compongono la rete in collaborazione con l’ Arpa Basilicata. Da sempre, i risultati delle analisi e i valori delle formule di scarico confermano impatti ambientali radiologicamente irrilevanti. I risultati dei monitoraggi sono inviati all’Ispra, l’Autorità di sicurezza nazionale sul nucleare, e resi pubblici, anche attraverso il nostro bilancio di sostenibilità”… purtroppo per chi si studia le carte queste parole sono vuote e fortemente contestabili, la storia dice altro, ed anche Arpab dice altro. Ispra, ha già comunicato a Sogin delle prescrizioni per la fase 1 della bonifica della fossa 7.1: se la bonifica o pre-bonifica fosse iniziata con i previsti lavori di sbancamento del terreno, Sogin dovrebbe comunicare gli esiti della caratterizzazione radiologica, ma da Ispra e Sogin nessun segnale mentre Arpab continua ad essere esclusa dalle zone calde dell’Itrec – gli ambienti interni.

Nell’Itrec la Sogin fa quello che vuole: si autodenuncia ed ignora Arpab. La questione è grave: pare che le aziende già operanti all’interno dell’Itrec stiano facendo lavori propedeutici alla bonifica, ma che sia solo Sogin e le aziende stesse ad auto – comunicare ad Arpab i loro lavori. Cosa ancor più grave è che Sogin l’autodenuncia la fa anche per gli scarichi in mare di acqua radioattiva, comunicandolo ad Arpab solo a fatto avvenuto, ma cosa ancora più grave è che del protocollo firmato nel 2013 tra Arpab ed Ispra non vi è effetto alcuno, e Sogin continua ad essere controllato e controllore, perché che sia Ispra od Arpab, nel perimetro Itrec non entra alcun organo terzo a monitorare, almeno ufficialmente, e l’acqua radioattiva continua ad uscire in mare senza previo controllo dell’Arpab. Cosa gravissima è che Sogin autodenuncia i suoi scarichi in mare da pochi anni, pare solo dal 2007, ossia dalla firma del protocollo con Ispra, e prima cosa è successo in mare visto che Sogin scaricava in indisturbata autonomia senza neanche auto-denunciarsi? Stando all’Arpab, nell’Itrec non è iniziata alcuna bonifica, stando al sito Sogin è iniziata la bonifica della fossa irreversibile 7.1, quella ad alta attività, fase delicatissima ed a rischio contaminazione. Cosa altrettanto grave è che prima del 2007 la maglia del monitoraggio ambientale era ancora più larga ed approssimativa dell’attuale, anche nei rilevamenti strumentali, e mai ufficialmente è stato analizzato un campione di pesce nella zona interessata dallo scarico a mare. Cosa ovviamente grave, è che gli studi sulle correnti marine e sul fondale sono fermi a 40 anni fa, e probabilmente andrebbero modificati punti e profondità dei campionamenti, perché il Cesio 137 ed altri isotopi, come già illustrato in una precedente inchiesta di Andrea Spartaco, potrebbero essersi sedimentati a diversi centimetri sotto l’attuale soglia di fondo marina.

L’acqua radioattiva dell’Itrec “decanta” all’aria aperta senza coperture? Cosa grave ed inconcepibile è che le vasche di raccolta dell’acqua di scarico, pare, siano a contatto diretto con l’atmosfera. Ma come acqua contaminata e possibile sorgente di onde alfa, lasciata scoperta? Può mai essere questo un sicuro sistema di stoccaggio? Come mai ad oggi mai nessun ente ha provveduto alla logica installazione di un “contatore” allo sbocco dello scarico marino, per conoscere la quantità di acqua radioattiva immessa dall’Itrec in mare?

La Sogin non è trasparente sui suoi appalti. Sul sito Sogin, nel portale appalti, compaiono i lavori di decommissioning per le centrali di Caorso e Latina, ma dell’Itrec di Trisaia non vi è traccia. Eppure alla sezione bandi, compare un bando sull’Itrec, ove la Sogin chiede la cementificazione del “prodotto finito”, liquido radioattivo, e relativa edificazione dell’impianto di cementazione. Parliamo di complessivi 20mila metri/cubi tra rifiuti ed impianto: importo complessivo 41 meuro – iva esclusa, scadenza 48 mesi dall’aggiudicazione dell’appalto, affidamento a procedura ristretta, in attesa delle autorizzazioni della autorità locali per il rilascio delle aree. Il 19 luglio 2012, 10 mesi dopo l’uscita del bando, Sogin scrive un comunicato ove riporta che: “ sono iniziati i lavori di pre-bonifica che in 18 mesi porteranno alla: la realizzazione di una struttura di contenimento attrezzata per lo scavo del terreno; alla progettazione degli interventi di bonifica; al taglio della struttura in quattro parti e alla loro rimozione dal terreno; alla bonifica e il rilascio finale dell’area per la realizzazione dell’impianto di solidificazione del “prodotto finito”. La Sogin ci sta prendendo in giro? Al Prefetto ed ai Sindaci dell’area l’ardua sentenza. Giorgio Santoriello – Gianpaolo Farina