Termodinamico, caso Basilicata per spiegare distinzione tra ambiente e affari

11 giugno 2014 | 17:24
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Termodinamico, caso Basilicata per spiegare distinzione tra ambiente e affari

È notizia di poche settimane fa, da parte dell’Agenzia Giornalistica Italiana (AGI), che il 7 maggio si è tenuto a Milano un incontro-dibattito dal titolo “Solare termodinamico, una ricchezza per il paese: quali gli ostacoli?”. Nell’incontro è stato firmato il protocollo di intesa tra l’ANEST (Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica) e Legambiente. L’AGI lanciava la notizia sottolineando che “obiettivo dell’accordo è garantire che i progetti rispettino il territorio” ed inoltre che “per la localizzazione dovranno essere condotti studi specifici che valutino l’uso dei terreni e l’impatto ambientale dei progetti, in particolare per quanto riguarda l’inserimento paesaggistico e i consumi idrici”. Nello stesso comunicato si precisa che secondo Stefano Ciafani, in qualità di Vice Presidente Nazionale di Legambiente, “è evidente che i progetti devono essere sviluppati in territori idonei, a partire da aree dismesse o industriali, limitando al massimo l’impatto sul terreno e sul paesaggio”. A partecipare alla tavola rotonda di discussione sulle “Autorizzazioni e vincoli burocratici” personaggi noti e meno noti come Cesare Fera (Vicepresidente ANEST), Corrado Clini (Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente), Gianni Pietro Girotto (Commissione Industria del Senato della Repubblica), Stefano Domenicali (Amministratore Delegato di Ingeteam), Giovanni Fragasso (Amministratore Delegato Teknosolar Italia) e Francesco Orioli (Dir. Business Developmente Soltigua). Tavola rotonda che oggi, con le ultime notizie, fa discutere e non poco. Infatti, notizia dell’ANSA del 26 maggio scorso “l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini è stato arrestato dalla Guardia di finanza. Nei suoi confronti, e di un imprenditore, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Il reato ipotizzato è peculato. L’inchiesta è relativa a un finanziamento per il risanamento delle acque in Iraq”. Ed inoltre, il ilfattoquotidiano.it pubblica ieri (10 giugno) un articolo titolato – Legambiente e i suoi affari “ecologici” – insieme ad un altro articolo – Legambiente fa business con l’ecologia. I dubbi degli esperti: “È una onlus” – Articoli scritti dallo stesso giornalista che il 2 marzo scorso affrontò la questione del “solare termodinamico”, alle porte di Palazzo San Gervasio, titolando “Investi 10, guadagni 130: l’incentivo al solare termodinamico alletta speculatori”. Il giornalista de ilfattoquotidiano.it, dott. Luigi Franco, precisa che Legambiente “la principale organizzazione ambientalista italiana ha quote in alcune società, come Azzero CO2 che investe sulle fonti rinnovabili grazie anche agli incentivi pubblici e ha come clienti alcuni colossi dell’energia. Oltre ai potenziali conflitti di interesse, c’è il rischio di incompatibilità tra affari e settore non profit di utilità sociale”. L’articolo prosegue sottolineando che “oltre 115mila tra iscritti e sostenitori. Più di 3mila giovani che partecipano ai suoi campi di volontariato. Tante iniziative a difesa di natura e territorio. Ma Legambiente non è solo questo: la più importante e influente organizzazione ambientalista italiana fa anche business. Su che cosa? Su ambiente e fonti rinnovabili, con tanto di potenziali conflitti di interesse”. Alquanto singolare se si pensa che tra gli esperti interpellati da ilfattoquotidiano.it, vi è il docente di Diritto commerciale all’Università degli Studi di Milano Ugo Minneci che afferma “una onlus non potrebbe detenere partecipazioni in grado di garantirle il controllo di società di capitali, pena la perdita dello status stesso di onlus e delle conseguenti agevolazioni fiscali”. Il fattoquotidiano.it conclude il suo secondo articolo ricordando la firma del protocollo di intesa di Legambiente con l’ANEST e di come la battaglia, da parte di chi è contrario alle “rinnovabili selvagge”, rischia di passare dagli impianti industriali fotovoltaici ed eolici ai mega impianti “solari termodinamici”. Per pronta memoria si ricorda la news di Legambiente Basilicata, datata 5 dicembre 2013, che riporta testualmente: – “Sì agli impianti solari termodinamici, ma non se sono frutto di progetti inadeguati e non condivisi con il territorio”. È quanto sostiene Legambiente Basilicata rispetto all’installazione dell’impianto solare termodinamico da parte della società Teknosolar Italia 2 nel Comune di Banzi.  Gli impianti solari termodinamici sono infatti tra le fonti di energia rinnovabili all’avanguardia e per questo sviluppati in Italia. Il problema, come succede spesso in Italia, e anche in Basilicata, è che questa potenzialità viene vanificata da un modo di procedere e operare fatto nel modo sbagliato, che finisce per nuocere soprattutto allo viluppo delle stesse rinnovabili. Secondo l’associazione ci sono vari motivi per i quali l’impianto di Banzi, così come pensato, risulta essere assolutamente inadeguato. Innanzitutto le questioni legate al consumo di suolo. L’impianto, infatti, andrebbe a occupare ben 226,73 ettari di terreno agricolo, e proprio la dimensione del progetto impone che si scelgano le aree meno produttive e di valore da un punto di vista agricolo e ambientale … … Un’iniziativa così impostata e per di più per nulla condivisa e concordata con i territori ma calata dall’alto senza alcuna spiegazione preventiva, risulta dunque sbagliata e inaccettabile -. Si auspica che Legambiente Basilicata si ricordi quanto reso pubblico sul suo sito ed eviti, salvo raccapriccianti ripensamenti, che possano esserci contraddizioni sul caso Teknosolar in Basilicata. Potrebbe essere, il caso “solare termodinamico” in Basilicata, l’occasione per far capire senza dubbi e perplessità la netta distinzione tra AMBIENTE e AFFARI evitando che la parola ambiente sia trattata come una semplice “patacca” da apporre su quella o quell’altra società che ha la necessità di far apparire come rispettoso dell’ambiente ciò che invece inquina e devasta. (Nota scritta da Associazione Intercomunale Lucania)