L’ultimo dei Pittella, il figlio di Gianni

26 giugno 2014 | 15:50
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L’ultimo dei Pittella, il figlio di Gianni

In primo piano c’è il congresso e la lotta per la nomina del nuovo segretario regionale del pd lucano, ma nelle retrovie il dibattito è animato dalle nuove generazioni che prendono piede. Zitto zitto sulla scena fa i suoi primi passi Domenico Pittella, figlio di Gianni, nipote di Marcello e don Mimì

La battaglia per la riapertura delle candidature alla corsa per la segreteria regionale del Pd è stata animata negli ultimi giorni dalla discesa in campo di Piero Lacorazza, in posizione civatiana. Il senso è ostacolare i giochi già fatti e l’avvento, quasi certo, di Luca Braia alla guida del Partito Regione. Ma il vero dettaglio, che per ora resta nei titoli di coda, è l’ingresso in scena di Domenico Pittella, figlio di Gianni, mister preferenze (234mila) alle ultime europee. E nipote di Marcello (Governatore e ‘gladiatore’ della Basilicata). Nonché nipote del capostipite don Mimì (già senatore socialista, già graziato dal presidente della Repubblica Ciampi nel ’99 dopo una condanna per aver messo a disposizione delle Br la sua clinica di Lauria). Il ‘piccolo’ Domenico, che appoggia la corsa di Luca Braia, nelle ultime ore ha affermato: “Voglio contribuire a un congresso che possa essere un confronto schietto e vero. Per un partito democratico aperto, inclusivo e coraggioso”. Il punto non è che un giovanissimo si faccia avanti. Ben venga. Il punto è che dietro c’è un dato. Nella Basilicata dei ‘delfini’ che avanzano, dei giovani che vogliono dire la loro, che vogliono avere un peso politico, debbano essere ‘i figli, nipoti e figliocci di’ ad entrare in scena. Nel nuovo Consiglio regionale, ad esempio, le new entry sono rappresentate da Robortella junior (che ha praticamente ereditato il posto del padre) e da Mario Polese (fortemente spinto proprio da Marcello Pittella). In un simile contesto geopolitico, il messaggio per un under 30 che voglia avvicinarsi alla politica e all’impegno civile è chiaro. In Basilicata non ce la puoi fare se non hai l’appoggio di una dinastia. Di una famiglia o di un casato. Non hai diritto di cittadinanza ‘politica’, sui giornali, se non rappresenti un potentato. Studiare, portare a termine l’Università, poi magari tornare nella tua terra natale, la Basilicata, per dare il tuo apporto a delle battaglie in cui credi. Tutti principi sacrosanti, ma inutili. Non ce la puoi fare se dietro non hai un cavallo di razza. O se non pratichi la solita ginnastica di obbedienza ai poteri. Un quadro che in modo gattopardesco ridipinge se stesso all’infinito. La Lucania è una terra infelix anche per questo. Perché i sacrifici, le qualità, le intuizioni, e le motivazioni di un giovane, restano subordinate a ciò che decide il Partito Regione e le sue conventicole territoriali più o meno potenti. Bentornati in Basilicata. Anche Edward Banfield, Ernesto De Martino e Carlo Levi avrebbero problemi oggi a descrivere l’antropologia lucana. Il familismo amorale non finisce mai di stupire!