C’era una volta la Val Basento

29 giugno 2014 | 14:38
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C’era una volta la Val Basento

Dopo l’industrializzazione selvaggia degli anni ’60 e una gestione dei rifiuti industriali anche peggiore (con seri interrogativi su infiltrazioni della Camorra a fine anni ’80 come abbiamo raccontato), sembra che la valle del Basento sia in necrosi. Un’area lucana in cui la politica si disturba solo per far cassa o proporre soluzioni tipo il trasferimento della popolazione, e dove isolato si riverbera l’sos lanciato da cittadini e attori sociali del territorio.

Breve storia di un’intossicazione. A giugno 2013 l’VIII Commissione ambiente della Camera risponde a un’interrogazione sull’inquinamento in Val Basento e a Tito. Dichiara che la “contaminazione riscontrata risulta essere, in particolare per le aree industriali, sia per i suoli che per le acque di falda a carico di metalli pesanti, Ipa (idrocarburi policiclici aromatici, ndr), solventi clorurati e composti aromatici”, e soprattutto, che sussistono “caratteristiche di elevato rischio ambientale e sanitario”. Per capire meglio il “rischio sanitario”, e dopo l’ultima Conferenza di servizi, abbiamo chiesto all’Arpa Basilicata l’accesso agli atti dal 2009 a oggi dei monitoraggi delle acque di falda tra Salandra e Pisticci Scalo. La situazione che si delinea è delicata. Esiste la possibilità che sostanze tossiche e cancerogene attinte dalla falda possano impattare sull’essere umano attraverso mandrie e greggi che bevono o campi coltivati irrorati con acqua contaminata? Se di recente il Dipartimento di Prevenzione della Salute Collettiva di Matera ha notificato il divieto di attingimento dell’acqua di falda nell’area Syndial al Comune di Ferrandina, evidentemente sì. Per non ripeterci precisiamo che i limiti di legge relativi alla Concentrazione soglia di contaminazione (CSC, ndr) nelle acque sotterranee sono espressi sempre in microgrammi/litro, tranne che per i solfati (in milligrammi/litro).

Se questa è una bonifica.Partiamo in questo viaggio da Salandra Scalo, con dati disponibili dal 2010. Iniziamo dall’ex Centrale Eni il cui impianto di desolforazione di acido solforico vede i solfati come unica massiccia presenza in falda. Eni dice che ha installato un impianto di trattamento acqua di falda connesso alle attività di bonifica. A vedere le analisi quello che notiamo è che il piezometro1 nel 2010 segna 440 (limite 250), 460 nel 2011, 473 nel 2012, 514 nel 2013. Il 7 segna 313 nel 2010, 320 nel 2011, 419 nel 2012, 560 nel 2013. Il numero 8 segna 2.310 nel 2010, 2.400 nel 2011, 2.992 nel 2012, 3.600 nel 2013 (14 volte oltre il limite di legge). E più o meno tutti i piezometri, dal 2010 al 2013, vedono l’aumento dei solfati in falda. Mentre i solfati sono oggetto di diatriba tra Eni e Arpab circa i valori di fondo. Noi ci chiediamo più semplicemente (e visto che un impianto di desolforazione di acido solforico avrà prodotto in attività sali chiamati solfati), perché aumentano invece di diminuire con un impianto di trattamento acqua di falda installato, una centrale morta, e una bonifica fatta dalla Castellano Costruzioni Generali srl? L’azienda di Stato Eni afferma che per i suoli sono state completate le attività di scavo rispetto agli obiettivi di bonifica che però non comprendevano i solfati perché all’epoca non normati. Il Ministero dell’ambiente intanto, cioè sempre lo Stato, fa sapere che l’area della ex Centrale Eni è rappresentata da 100mila metri quadri di suoli, si parla di 18mila metri cubi di volume contaminato da idrocarburi leggeri e pesanti, e da una minima parte di cadmio, mercurio e persino policlorobifenili (PCB, ndr). In falda invece, per il Ministero oltre ai solfati ci stanno pure piombo, manganese e selenio sparpagliati su una superficie stimata di 10 ettari.

Cocktail di veleni. A Ferrandina stando all’VIII Commissione, tra la Materit e l’area Pantaniello1 della Gas Plus spa ci stanno 82.500 metri quadrati di terreni contaminati tra amianto, piombo, rame, cromo totale e idrocarburi. Per la falda la Materit presenta Manganese, esaclorubatadiene, tricloritilene per 7,8 ettari. E poi ci sono 0,5 ettari a Pantaniello1 della Gas Plus con idrocarburi totali, piombo e solfati. Anche per la Gas Plus spa Arpab ha dati solo per un anno, il 2011. Sotto CSC compaiono sostanze degne come arsenico, idrocarburi totali, toluene, e selenio. Tra gli attori dell’avvelenamento intorno al pozzo della major del petrolio e gas figurano il cancerogeno cromoVI a 10 (limite 5), manganese a 2.390, solfati a 1.536, ferro sino a 3.100, triclorometano a 5,15 (limite 0,15). Nell’ultima Conferenza di servizi veniva riscontrata per la Gas Plus contaminazione in falda anche di dicloroetilene e triclorometano, e piombo e rame nei terreni. Le analisi Arpab mostrano poi che nei pressi della Sapio si trova il solito manganese. Nel piezometro1 nel 2009 è a 640, nel 2013 sale a 950. Al piezometro1 stesso iter per i solfati che dai 55mg/l del 2009 passano ai 470 del 2013. Sempre nel 2009 compare piombo a 15 (limite 10), che non è presente nel 2013. Alla Drop nel 2009 si rileva manganese sino a 1.100, solfati a 304, alluminio sino a 1.200 (limite 200), ferro sino a 2.110 (limite 200), e poi alifatici clorurati cancerogeni come triclorometano a 0,227 (limite 0,15), 1,1dicloroetilene a 0,94 (limite 0,05), tricloroetilene a 26,8 (limite 1,5), tetracloroetilene a 2,9 (limite 1,1). Alla Dima nel 2009 il piombo, che figura al secondo posto nella lista delle sostanze pericolose dell’Agency fot Toxic Substances and Diseases Registry, rientra per un pelo con i suoi 9,8 (limite 10). Alla Detercart nei campioni del 2008 si rileva manganese a 701, solfati a 1.577, e ferro a 850. Nell’ultima Conferenza di servizi la contaminazione riscontrata alla Detercart in falda risulta pure da alluminio e nichel. Al piezometro4 del centro di riciclo e recupero della raccolta differenziata della Bng sas del Gruppo Iula (società che lavora anche nel trattamento reflui di prospezione petrolifera, fanghi, acque reflue, smaltimento rifiuti e ripristini ambientali, ndr), Arpab riscontra nello stesso mese la presenza fuori norma di manganese che va da 636 a 954, e di solfati da 0 a 900mg/l. Al piezometro1 il manganese sale a 1.410, in più si trova fuorilegge l’arsenico, che uccide danneggiando sistema nervoso e digestivo (a 17,7 con limite 10), il piombo che è più del doppio (24,5 su limite 10), e del probabile cancerogeno nichel a 22 (limite 20). L’ultima Conferenza di servizi per la Bng parlava anche di contaminazione da cloroformio (triclorometano, ndr) e ferro. Oltre alle aree suddette si scrive d’una contaminazione da manganese, solfati e tricoletilene nell’area Coopbox, e da manganese e cadmio nell’area della Cogestra.

L’eterna bomba ecologica. Tutte queste sostanze che stanno nella falda ovviamente soggiaceranno alla dinamica acqua. Intanto giusto per non far mancare niente a Ferrandina c’è anche la Syndial dell’Eni. Qui l’VIII Commissione parla di 12,5 ettari di falda pesantemente intossicati. Cosa raccontano i dati Arpab? Che il 2013 è l’unico anno in cui si presentano superamenti dei limiti normativi. Ci chiediamo come sia possibile se dal 2001 si conoscono le sostanze presenti, e nel 2011 sempre Castellano ha effettuato un capping per limitare la produzione di percolato e il relativo maggior rischio di infiltrazione in falda. In questo luogo morto dove capita di vedere a poche decine di metri anche mucche che mangiano l’erba cresciuta in mezzo al nero di cracking lasciato dalla Liquichimica, sotto CSC figurano metalli pesanti come piombo e nichel, in compenso però abbiamo il manganese che segna un picco di 2.701, e ancora un costituente naturale del petrolio come il benzene, la cui pericolosità d’esposizione è risaputa (quando cronica può danneggiare tessuti ossei e diminuire le cellule del midollo osseo), che con limite 1 si presenta a 57. E poi ferro a 2.813, il cloruro di vinile che deprime il sistema nervoso e può provocare aritmie fatali è a 1.400 (limite 0,5, cioè 2.800 volte oltre). Ma la mistura tossica continua. Presente all’appello anche l’1,2dicloroetano a 27 (limite 3), l’1,1dicloroetilene con limite 0,05 è a 78, cioè 1.560 volte oltre il limite una sostanza che studi recenti hanno mostrato colpire in termini di carcinoma organi come il rene nel maschio e le mammelle nella femmina (i polmoni purtroppo toccano a entrambi le cavie). Il tricloroetilene con limite 1,5 vola a 48, qui l’organo colpito è il fegato. E ancora tetracloroetilene a 13 (limite 2), esaclorobutadiene 0,96 (limite 0,5), 1,1dicloroetano 118 (limite 0,5), l’1,2dicloroetilene con limite 60 segna 3.200, l’1,2dicloropropano è a 3,8 (limite 0,5), 1,1,2tricloroetano con limite 0,2 è a 163 (815 volte oltre). E poi l’1,2,3tricloropropano con limite 0,001 in un piezometro è a 1,52 (1.520 volte oltre), l’1,1,2,2tetracloroetano a 0,94 (limite 0,05). Sostanze ormai parte del paesaggio acquifero del Basento, che certo in falda ubbidiscono alla fisica dell’acqua e non del business, e che probabilmente creano sinergie tossiche mai studiate prima d’ora.

Il comparto industriale di Pisticci. Per Pisticci Scalo l’VIII Commissione afferma che ci stanno 17.205 metri quadri di suolo della Ergom Automotive e 56mila della Equipolymers con contaminanti come idrocarburi pesanti, e 166mila metri quadri dell’area Nylstar che agli idrocarburi pesanti aggiunge PCB. Cioè 239mila metri quadri. Per le acque di falda si parla di “comparto industriale”, e sono 126 gli ettari (poco più di un km quadrato, ndr) con la presenza di contaminanti come manganese, solfati, nitriti, 1,1dicloroetilene, tricloroetilene, sommatoria organoalogenati. Stando all’ultima Conferenza di servizi le acque di falda nell’area della Bioresearch Manufactoring (oggi Gnosis srl, ndr), presentano tra caratterizzazione e monitoraggio alluminio, ferro, nichel, manganese e solfati. Nell’area della CFP Flexible Packaging alluminio, ferro, manganese, piombo, solfati e tricoletilene. Alla Equipolymers 1,1dicloroetilene, 1,2dicloropropano, tricoletilene, nichel, selenio, manganese, nitriti e solfati. Alla Plastic Component Automotive (ex Ergom) manganese, solfati, nitriti e selenio. Alla Politex solfati e manganese, alla Nylstar solfati, nichel, manganese, dicloroetilene, tricloropropano, arsenico, ferro e selenio. Alla Snia Immobiliare soliti solfati e poi tricloroetano, 1,1dicloroetilene, tricloroetilene, 1,2dicloroetilene, 1,2dicloropropano, 1,1,2tricloroetano, sommatoria organo alogenati e cloruro di vinile. Anche le acque nell’area della Sutaviation vedono la presenza di contaminanti come solfati, manganese, tricloropropano, tricloroetilene, 1,1,2,2tetracloroetano, tetracloroetilene, sommatoria organo alogenati. L’area della Ricciarelli nichel, selenio, manganese, piombo, nitriti, solfati, 1,1dicloroetilene, 1,2dicloropropano, tricloroetilene. La Pregis (ex Pactiv spa) nitriti, manganese, solfati, tricloroetano, 1,1dicloroetilene, 1,2dicloropropano, tricloroetilene e la solita sommatoria organo alogenati. Alla Omcm spa i contaminanti rilevati sono piombo, solfati, 1,2,3tricloropropano, tricloropropano, tricloroetano. Alla ex discarica 2c del Consorzio industriale di Matera ferro, manganese, solfati e dibenzo(a)antracene. I dati forniti dall’Arpab relativi agli sforamenti monitorati tra 2009 e 2014 mostrano che alla Plastic Automotive si superano solo nel 2012 il manganese con 2.810, i solfati 2.752, e il ferro 1.930. Nei vari piezometri della Politex il manganese passa da 9 a 3.122 nel 2010, da 0 a 2.615 nel 2011, da 582 a 4.540 del 2012, da 200 a 670 nel 2013, e da 13 a 2.962 nel 2014. I solfati nel 2010 da 527 a 3.050, nel 2011 da 553 a 3.050, nel 2012 da 1.621 a 2.805, nel 2013 da 2.095 a 3.363, e a maggio di quest’anno da 31 a 3.490. Alla Gnosis nel 2013 il manganese risulta totalmente sproporzionato rispetto al quantitativo rilevato l’anno prima (si passa da 20 a 3.500), ci stanno poi i solfati, anch’essi in spropositato aumento. Da 510 del 2012 a 2.900 del 2013. Alla Dow Italia (ex Posital, ndr) allo stesso piezometro in pochi mesi del 2009 il manganese passa da 564 a 2.870, per rientrare a 101 tre mesi dopo ancora. I solfati presentano una crescita costante da 534 a 2.370. Nell’area della Rete Ferroviaria Italiana i solfati toccano il picco massimo (4.595 nel 2012 e 4.000 ad aprile di quest’anno). Forse prima di risolvere la diatriba per la Centrale di desolforazione a Salandra tra Arpab ed Eni su come i solfati sono legati alla matrice suolo (il valore di fondo, ndr), bisognerebbe spiegare perché certi contaminanti presentano una crescita così sproporzionata e rapida.

Nel cimitero del petrolio. A Pisticci Scalo c’è anche Tecnoparco, la cui area racchiude molte delle società suddette, ormai terminale (accoglie quota parte dei rifiuti ) della fiorente industria petrolifera approdata in Basilicata. Anche qui è importante il discorso solfati visto che la desolforazione a Viggiano li produce. Tralasciamo un’inchiesta dell’antimafia su traffici illeciti di rifiuti petroliferi in cui è finita la società partecipata dalla Regione di recente assieme a Eni e Castellano, e tralasciamo che quando in Regione si deve decidere sulla mozione relativa allo stop della consegna dei reflui petroliferi all’impianto lo si fa, come si scriveva sui giornali in questi giorni, in maniera “poco onorevole” grazie al presidente di seduta Franco Mollica che dice a Mario Polese “T n’aia ‘sci” (come effettivamente avviene), per far saltare il numero legale e rinviare la seduta. Per Tecnoparco (la Regione e dei privati), l‘Arpab (sempre la Regione) fornisce dati di superamenti per il solo febbraio 2012, inserendo anche le cifre di sostanze sotto la CSC comunque degne d’attenzione come arsenico, cromo totale, nichel, rame, selenio, stagno, alluminio, ferro, zinco, vanadio, e nitriti. Finiscono fuori legge i solfati da 800 a 880, il manganese a 258, il cloroformio da 1,8 a 6,1 (limite 0,15), l’1,1dicloroetilene con limite 0,05 che fa registrare da 86 a 102 (sino a duemila volte oltre il limite). Il tricloroetilene con limite 1,5 è a 187 e 288. Supera anche il tetracloroetilene, l’1,2dicloropropano, l’1,1,2tricloroetano. In un secondo prelievo agli stessi due piezometri e sempre a febbraio 2012, sotto CSC finiscono anche idrocarburi totali e vari metalli già ricordati, sopra CSC i solfati che salgono a 1.328. Fuori norma anche cloruro di vinile a 0,63 (limite 0,5), clorofornio sino a 5,5, l’1,1dicloroetilene che vola a 3.160 volte oltre i limiti, il tricloroetilene con limite 1,5 a 890. E si superano i limiti per il tetracloroetilene, l’1,2dicloroetilene, e l’1,1,2tricloroetano. Certo stando ai dati del Registro Europeo degli Inquinanti Rilasciati e Trasferiti si evince pure che dal 2001 al 2011 (non esistono più dati poi) Tecnoparco ha rilasciato in acqua sopra la soglia annuale prevista dall’Apat diverse sostanze come cloruri, rame, mercurio, nichel, zinco, piombo, cromo, carbonio organico totale e arsenico. Quest’ultimo per esempio, con una soglia annuale di 5kg/anno, è presente sino al 2010 sempre sopra soglia, da un minimo di 5,3kg nel 2005 a un massimo di 52,5kg del 2004, ai 10,2 del 2010. In dieci anni Tecnoparco ha dunque rilasciato nel Basento 143,76kg di arsenico, un veleno.

La minaccia alle risorse idriche della piana di Metaponto. Era il 2003 quando il Cnr-Irpi di Bari in uno studio avvertiva che le acque fluviali del bacino imbrifero del Basento “sono soggette a un maggior rischio di inquinamento e, per possibili perdite dal fiume stesso, conseguentemente anche la falda idrica ivi presente. “Significativa – scrivevano – è anche la presenza di elementi cancerogeni quali l’arsenico, lo zinco e il rame. Tale aspetto è sintomo di un malessere generale delle acque circolanti nel sottosuolo dovuto alle attività antropiche ivi presenti”. Per il Cnr l’inquinamento caratterizzante le acque sotterranee risultò “un reale problema ambientale”. Il degrado quantitativo e qualitativo – scrissero – costituiscono un rischio concreto che minaccia le risorse idriche della piana di Metaponto. Spiegavano che un’acqua sotterranea di tipo solfato-clorurato-alcalina-terroso “molto rara rispetto alle caratteristiche chimico-fisiche dell’area”, delineava i campioni d’acqua prelevata in prossimità del Basento. Acqua correlabile a fenomeni di inquinamento da industria e agricoltura rilevati nella zona. Nel 2008 Nedo Biancani, che aveva contribuito a far dichiarare otto anni prima la Valbasento Sito di interesse nazionale a livello di bonifica, affermò da me intervistato che la valle del Basento era una “pianura di veleni”. Certo la situazione pare peggiorata. E ci chiediamo come cambierà la situazione se quando si deve decidere nei consigli regionali sul business petrolifero (rifiuti compresi) prevale la logica del “t n’aia ‘sci”? Oggi dopo opportuna gita le alte sfere riescono solo a ipotizzare di spostare chi vive a Pisticci Scalo. E forse domani accadrà ad altri luoghi di questa valle.