Tucam, si riapre ferita lavoro indotto Eni

29 aprile 2014 | 11:07
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Tucam, si riapre ferita lavoro indotto Eni

“La decisione della Tucam, azienda dell’indotto Eni, di mandare a casa i propri dipendenti che, come denunciano Cgil, Cisl, Uil verrebbero rimpiazzati da lavoratori provenienti da altre regioni, riapre la ferita mai rimarginata delle promesse occupazionali da parte delle compagnie petrolifere, promesse avallate da tutti i Governi dell’ultimo decennio”. E’ quanto sostiene la segretaria regionale di IdV Maria Luisa Cantisani, per la quale “l’Eni ha provato in più occasioni a lanciare l’amo nel lago scuro del petrolio lucano con un’esca allettante di 25 mila nuovi posti di lavoro in Basilicata, a fronte di un raddoppio delle estrazioni, a fronte di una situazione attuale di un decimo di posti di lavoro, comprensivi degli operai edili, che sono in buona parte a tempo determinato. Ma – aggiunge – la nuova manager scelta dal Governo Renzi, Emma Marcegaglia, il giorno dopo la nomina ha chiuso il suo stabilimento di Milano con 170 operai e famiglie che vivono una condizione di grande difficoltà e non vorremmo avesse in mente di ripetere il comportamento nel comprensorio petrolifero della Val d’Agri, magari non direttamente e attraverso le aziende dell’indotto”. Secondo la segretaria di IdV “il problema del mantenimento degli attuali livelli occupazionali che, peraltro, sembrava definito una volta per tutto con il Contratto di Sito che impone alle imprese in caso di subentro alle commesse Eni a riassumere la manodopera dipendente di imprese in precedenza committenti dell’Eni, va affrontato contestualmente alla concertazione complessiva da riprendere con il nuovo management della società petrolifera e il Governo Renzi che con la riforma del Titolo V ha imposto la “statalizzazione” delle risorse energetiche. Intanto, pensiamo veramente di fare chiarezza sull’Eni in Basilicata, se ad oggi (2014) nessuno sa quanto greggio viene effettivamente conferito dalle viscere della terra agli oleodotti? E pensare che c’è ancora qualcuno che ci vorrebbe raccontare la favoletta dell’UNMIG. Dentro cui, nidificano le sanguisughe delle Compagnie Petrolifere. La fregatura è tutta nel DLG 625 del 1996 e la Politica finge di non saperlo e si interroga ancora su come affrontare la vicenda Petrolio in Basilicata. Che i “Vampiri”, non pensino che i lucani siano tutti con l’anello al naso e il presidente Pittella, che sa ascoltare ed ha assunto l’impegno di dare una svolta alla gestione del petrolio, saprà fare tesoro di questo invito. Ai parlamentari lucani, invece, chiediamo espressamente di intervenire affinchè venga rimosso il tranello contenuto nel DLG 625 del 1996, che, ad oggi, per come è strutturato, impedisce di accertare le reali quantità di greggio estratto. Solo così dimostreranno di voler bene al popolo lucano, facendo capire di essere vittime di vergognosi compromessi. E se mai ci sarà bisogno delle nostre competenze, siamo disposti a lavorare senza urlare la politica”.