Totò Peppino e la vendita del Tribunale

8 marzo 2014 | 18:29
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Totò Peppino e la vendita del Tribunale

Totò e Peppino a Roma, individuato un turista molto ricco e sbruffone, gli propongono l’affare del secolo: l’acquisto della Fontana di Trevi. Il turista pare abboccare, ma per loro l’affare consiste solo nel versamento di un congruo acconto. L’affare poi salta.

Un film dei primi anni sessanta, se non erro.

Passano circa una quarantina d’anni, anzi diciamo una cinquantina, cambiamo scena, e immergiamoci nella realtà potentina.

Qui non c’è la Fontana di Trevi, ma c’è il palazzo di giustizia, un’opera d’arte coerente con il carattere cementizio della città. Grigio, imponente, freddo e maestoso, orribile e severo.

Il Totò e Peppino nostrani, individuabili nel sindaco Santarsiero e nell’assessore al ramo Pace, si inventano la vendita dell’immobile. Un affare, recitano in consiglio, all’epoca dell’approvazione. Vendita da effettuare su una base di un certo milioni di euro, forse 50, se ricordo bene, o giù di lì. Lo scenario che si presenta è roseo: abbatteremo il debito storico, rinasceremo, gli esperti dicono che “conviene”, eccome se conviene. L’atto è legittimo, e ci mancherebbe, trullallero e trullallà.

Il consiglio abbocca (c’ero pure io), se davvero è legittimo, se il prezzo è congruo, se staremo meglio, ebbene, che si faccia, vota il consiglio, dopo l’ineffabile relazione degli uffici e la presentazione del provvedimento epocale, come l’affare, da parte del sindaco.

Passa una manciata di anni e il Comune mette in vendita l’immobile a un prezzo notevolmente inferiore a quello di cui alla delibera di consiglio. Forse una ventina di milioni in meno, se ricordo bene, o su di lì. Il Comune afferma che rimane un affare, ma evita un nuovo passaggio in consiglio.

Il ministero però si oppone e propone ricorso al Tar per la Basilicata. Il Comune si difende strenuamente “abbiamo ragione noi” più o meno tuonano. L’udienza di sospensiva si svolge rapidamente e il Tar sospende la vendita. Ricorso al Consiglio di Stato, inutile. Sentenza del Tar dopo pochi mesi: la vendita non si può fare, atto illegittimo.

Il Comune è sicuro, però, di avere ragione, e ricorre al CdS. Macchè, non ne vogliono sapere, il CdS conferma la sentenza.

Risultato: si trattò di bufala, autentica bufala.

E così come a Totò e Peppino andò male in quella dolcissima Roma, a Vito e Federico è andata male nella freddissima e grigissima Potenza.

PS: c’è però una differenza fra i due episodi, quello del film e quello accaduto realmente. Nel film il pacco era per il turista americano. Nella realtà potentina pare che il pacco fosse per il Comune, visto il prezzo fortemente ribassato e tutto il resto dell’affare. Insomma un autopacco, come dire.

Ma la giustizia spesso rimette a posto ogni cosa.   Peccato dover sempre aspettare la giustizia.

Peccato che la politica, nel caso quella del sindaco Santarsiero, produca bufale amministrative e roba simile. Fra qualche giorno il buon Vito ci lascerà come sindaco, ci lascia lo snodo incompiuto, e il tribunale in dote, oltre a un centro storico desertificato. Magari si potrà riprovare a venderlo, il tribunale e per l’occasione ci possiamo aggiungere anche il ponte Musumeci, come gadget, tiè, che ne dite?