Le macroregioni sono una macrostupidaggine

24 marzo 2014 | 18:50
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Le macroregioni sono una macrostupidaggine

Una nazione che è diventata un’espressione geografica, questo direbbe ancora oggi dell’Italia, Metternich, forse con un’accezione ancora più negativa. Lucani riflettiamo. Storicamente non ci siamo mai autodeterminati, se non sotto Pirro che era un greco. Siamo stati da sempre ospiti di una terra non nostra perché i Lucani erano di lingua osca come i Sanniti ed i Sabini, e dopo i greci, i romani, gli enotri, i normanni, i saraceni, i bizantini, i longobardi, i francesi, gli spagnoli arrivano i Basilicatesi, dopo gli Italiani e per ultimi i caprini. Fatta l’Italia non abbiamo fatto gli italiani, anzi i modelli umanistici su cui poggiava l’Italianità sono stati negati gradualmente. Oggi con un livello culturale generale miserrimo, mettiamo in discussione pure Gesù Cristo senza essere in grado di capire neanche cosa vogliamo. In tutte la democrazie moderne il decentramento dei poteri è un vantaggio, una forza, un riconoscimento culturale, una risorsa, una via per l’autodeterminazione, noi in Italia abbiamo ad oggi vanificato il Titolo V. Quest’ultimo è nato per ottimizzare e modernizzare la macchina statale, per i cattivi invece è stata l’occasione storica per riproporre il feudalesimo. Cavour, Gioberti, Cattaneo e tanti altri volevano un’Italia federale, non perché sovversivi come li avrebbe definiti Napolitano, ma perché consci, come D’Azeglio, che l’Italia dei Comuni poteva rispettare la propria storia se avesse continuato a preservare le proprie peculiarità territoriali: del resto i comuni uniti a Legnano sconfissero Barbarossa, oggi l’Italia unita sulla carta ( costituzionale ) non riesce da sempre a sconfiggere né le mafie, né quello spirito corruttore così ben definito da Machiavelli. Pittella, Renzi, Caldoro e Scopelliti sono paragonabili ai nomi citati nel precedente paragrafo? Lo Stato in crisi ha abbandonato i Comuni tornati ad essere enti esattori come nel Medioevo, le Regioni hanno sprecato sì tanto denaro pubblico ma hanno avuto la possibilità di fare tanto, riuscendoci in alcuni casi, invece no serviva un qualcosa in più estraneo alla nostra bella ma vecchia costituzione, la conferenza stato-regioni, organo da sempre misterioso, perché tavolo di trattative di tante materie che in realtà dovrebbero essere solo regolate da norme ben precise e da un’altrettanto precisa divisione dei poteri tra stato e regioni. C’è chi prima e meglio delle istituzioni ha ramificato, decentrando, le proprie influenze: i corpi intermedi, i partiti su tutti, che ben lontani dalla sussidiarietà orizzontale di Sturzo, sono diventati comitati elettorali permanenti, falsando il discorso sul decentramento dei poteri. Quest’ultima crisi ha spazzato via le macerie dello stato sociale, e la profezia di Gianfranco Miglio si sta attuando, ma badate bene, non dal lato federalista ma da quello più provocatorio dell’ideologo della Lega Nord: l’istituzionalizzazione nel Sud delle mafie. Uno stato accentratore privo di cittadini veri implode, una regione priva di comunità intesa come popolo regionale implode, un comune privo di senso di comunità implode, una famiglia senza valori implode, ed una macroregione che unirebbe il mercato d’infiltrazione della mafie, di per sé già internazionalizzate, cosa farebbe? L’attuale struttura istituzionale, con una minore distinzione tra regioni ordinarie e regioni a statuto speciale, in chiave federalista, permetterebbe l’accorciamento della filiera del potere in contesti circoscritti su chiave regionale. A Roma le funzioni di controllo contabile, vere e puntuali, che dovrebbero punire ed allontanare le classi dirigenti regionali che lasciano buchi di bilancio o palesi diseconomie gestionali. Senza mega-conferenze o modifiche costituzionali, si potrebbe semplicemente dare più potere alla Corte dei Conti oltre che maggiori mezzi, del resto l’italico vizietto è nel dio denaro, ergo perché non dare più centralità alla magistratura contabile? Carlo Levi scrisse con paurosa attualità che: finchè Roma governerà Matera, Matera sarà anarchica e disperata, e Roma disperata e tirannica.