In Basilicata la vita di un bambino è quotata 4500 euro

22 febbraio 2014 | 10:54
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In Basilicata la vita di un bambino è quotata 4500 euro

Io sono, come tutti, contro l’aborto, come lo sono anche le donne che decidono di abortire. Ma non sono contro la legge 194. Rispetto il diritto di tutti all’autodeterminazione e difendo questo diritto. Sono per la laicità dello Stato e delle istituzioni locali. Detto questo, mi esprimo sul pasticcio della cosiddetta proposta di legge regionale “Misure a sostegno della maternità” presentata dal Consigliere regionale Aurelio Pace e sottoscritta da molti altri rappresentanti di diversi partiti. La proposta prevede un assegno di “250 euro al mese per diciotto mesi alle donne che decidono di non abortire”. Se in fondo a quella proposta non ci fosse un marcato segno ideologico e antifemminile, l’estensore avrebbe scritto: “250 euro al mese per diciotto mesi alle donne che danno alla luce una creatura e che rispondono ai seguenti requisiti di reddito ecc.” Ma anche in questo caso si presenterebbe un problema culturale. Quanto vale la vita? In Basilicata è quotata 250 euro x 18 = 4500 euro. Nel primo caso, “donne che decidono di non abortire”, siamo di fronte ad un vero e proprio scambio tra presunte istituzioni laiche e il diritto delle donne ad autodeterminarsi. Più correttamente si tratta di un ricatto. Nel secondo caso, “donne che danno alla luce una creatura”, si tratterebbe di un’elemosina che in ogni caso ha il sapore della quantificazione di un valore inestimabile. La cultura calcolante non soccombe. Il pasticcio si trasforma in paccottiglia quando l’estensore prevede di affidare ai Centri di aiuto per la vita la guida di queste “donne che decidono di non abortire”.  Da quando questi Centri sono un’istituzione pubblica laica? Spero che questa proposta di legge sia il frutto di confusione e di incompetenza. In caso contrario si tratterebbe di un grave attentato alla dignità della persona causato dalle istituzioni. Perché? Semplice. Le argomentazioni a sostegno di certe assurde proposte, esprimono subdolamente, magari anche inconsapevolmente, giudizi di valore sulle donne. Giudizi che a volte si trasformano, specie nelle menti maschili più fragili, in accuse, capi di imputazione sociale. Un moralismo deviante che spesso è una delle cause scatenanti la violenza sulle donne. Il femminicidio è un fenomeno che nasce in certe culture cieche e sorde. Ad ogni modo, volendo accreditare buone intenzioni alla proposta di legge, rimane l’incapacità della politica di guardare dentro la società lucana. Occorre un sistema di welfare funzione dello sviluppo, in grado di allargare gli spazi reali della libertà e della partecipazione, e che spalanchi vere prospettive di civiltà. Altro che bonus e assegni!