I Marò da vittime a parte del sistema?

17 febbraio 2014 | 11:46
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I Marò da vittime a parte del sistema?

La vicenda Marò è ormai una grande farsa internazionale, degno epilogo di degno populismo da borgata romana. Dopo le varie umiliazioni ricevute, le numerose fiaccolate e campagne mediatiche, il Segretario Onu Ban Ki Moon afferma che la questione deve essere risolta bilatelarmente dai due paesi. Un passo indietro clamoroso che sa di tradimento della risoluzione stessa dell’Onu che autorizzava la missione anti-pirateria in cui erano coinvolti i marò italiani. Un’inefficienza il cui olezzo non è identificabile, diviso tra un aroma pilatesco ed un altro più oscuro, quasi a voler significare che l’Onu tra due paesi dai rapporti non chiari non si vuole immettere. Infatti che i rapporti tra Italia ed India fossero non chiari lo si era intuito da tempo, dopo i vari scandali di corruzione e tangenti relative alle commesse indiane di Finmeccanica e l’arresto in svizzera di Guido Haschke. Non sfugge agli occhi più attenti che il mercato della difesa indiano sia tra i più appetitosi al mondo e per le aziende italiane del settore si sta rivelando da tempo un contesto strategico: dalla vendita di navi militari usate, ai radar ed ai sistemi missilistici. Da sempre sostengo che i marò sono diventati “un caso” perché l’Italia non può perdere le commesse militari indiane, infatti il 13 gennaio c.a. arrivano le dichiarazioni dell’ex-ministro Sant’Agata che chissà perché, solo a quasi un anno dalle sue dimissioni dice che:”….il rientro dei marò in india è stato dovuto anche alle pressioni di gruppi economici italiani”. Una dichiarazione che stranamente non riceve l’eco mediatica dovuta, ed infatti nelle settimane successive l’ex-ministro non la ripete più pubblicamente. Poi sull’Huffington Post vedo la figlia di uno dei due marò fresca di mini-naja ma già ampiamente sicura del suo futuro nelle forze armate, una sicurezza che fa invidia all’altro 40% di giovani disoccupati italiani. Poi che dire dei militari, quelli veri, non i famosi “cocomeri” di dalemiana memoria, verdi fuori e rossi dentro, i militari che combattono per la patria ed entrano nelle forze armate per un ideale e non per cercare un posto fisso, uomini come De Paola o De Giorgi, tirati in volto quando parlano dei marò come “ferita sanguinante” e sempre aperta, perché loro non parlano? Perché altri militari che ragionano nonostante la difesa, non si ribellano a questo clima di generale omertà? Perché e per cosa avete giurato? A voi che avete giurato chiedo: avete giurato su un simbolo o su dei valori? Se la bandiera si svuota di significato allora la patria dove si cela? Forse nei cuori di chi sa che obbedire fino in fondo ad un giuramento, forse può voler dire a volte rischiare di romperlo. La vera vittima di questa lugubre storia non sono i marò, ormai icona di una paese ipocrita, ma l’Italia, una nazione che provincialmente chiamiamo Paese, ma che per voi militari dovrebbe chiamarsi patria, la stessa patria per cui i patrioti risorgimentali vivevano da fuggiaschi e da criminali, con mandati d’arresto sulle spalle, mentre voi militari di alto rango, oggi eredi anche della tradizione risorgimentale avete paura di dire la verità su questa schifosa vicenda. La stessa affermazione la rivolgo ai due marò, visitati recentemente da parlamentari sorridenti ed omertosi, pavidi perché nessuno si metterà mai contro Finmeccanica, i quali a dicono a loro volta: “non abbiamo mai avuto momenti di sconforto, crediamo nelle istituzioni”, parole che a sembrano vuote e di circostanza, colme di una finta virilità che non inorgoglisce più nessuno, perché in questa storia non trovo più nulla di cui essere orgoglioso. Da italiano, con la divisa da cittadino, mi vergogno di questa Italia, dei suoi dirigenti (degni del popolo di provenienza) ma anche dei suoi militari ormai diventati burocrati in camicia ed incapaci di qualsivoglia conato patriottico: scatto di dignità che mi sarei aspettato dai due marò, o meglio da due leoni che avrebbero fatto bene a non dimenticare che da anni secondo l’EUROMIL, i militari sono cittadini in divisa che godono degli stessi diritti civili di tutti gli altri cittadini. Allora perché scendere in piazza per loro se sono loro stessi a non darci più motivo per farlo? Perché i marò invece di chiedere aiuto al governo che li ha trattati come merce di scambio non chiedono aiuto all’Italia ed agli italiani, cacciando fuori la verità? Trattati come un paese di terroristi da chi come l’India, usa il terrorismo come parte della sua politica estera, vedi in Pakistan. Cosa è stato garantito ai marò ed alle loro famiglie per vedere 2 leoni ridotti a due pesci in barile? Cosa esce più dalle accademie italiane se neanche un generale in servizio ha avuto la forza di dire la verità sulla vicenda? Come si può chiamare nazione, uno stato sovrano che si fa umiliare da una nazione civicamente meno progredita? La mia Italia avrebbe trattenuto i marò al primo rientro, interrotto i rapporti commerciali con l’India, richiamato l’ambasciatore, cancellata la partecipazione dalle missioni anti-pirateria e detto alle lobby militari italiane:” se avete buoni prodotti da offrire, sui mercati dovete vincere grazie a loro non previa umiliazione nazionale”. E solo dopo pubbliche ed ufficiali scuse per l’accaduto da parte del governo indiano, allora e solo allora avrei normalizzato i rapporti bilaterali e processato i marò in Italia alla presenza di rappresentanti governativi anche indiani. Per essere forti ed autorevoli non servono solo aerei e sottomarini o soldi, basta essere realmente fieri della propria nazionalità e della propria storia: noi abbiamo esportato in giro per il mondo il nostro rinascimento e non possiamo farci mortificare da chi è ancora fermo alle caste.