I coniugi Gianfredi uccisi per “dare un segnale”

In carcere sono finiti Giovanni Luigi Cosentino, 59 anni, Saverio Riviezzi, 50, e Carmine Campanella, 51 anni. I tre sono ritenuti, a vario titolo, e assieme ad altre tre persone attualmente in carcere e collaboratori di giustizia, mandanti, organizzatori ed esecutori materiali del duplice omicidio
di Giuseppe Gianfredi, 39 anni, sua moglie Parizia Santarsiero, 35 avvenuto a Potenza il 24 arile del 1997. L’omicidio avvenne dinanzi ai due figli della coppia, che all’epoca avevano 8 e 10 anni. L’uccisione di Gianfredi, definito “eminenza grigia” del clan Martorano, che all’epoca aveva l’egemonia sul territorio potentino, secondo la ricostruzione degli inquirenti fatta grazie alle dichiarazioni rese ai collaboratori d giustizia, sarebbe avvenuta per “dare un segnale” alle altre organizzazioni criminali da dei Basilischi. La scelta di Gianfredi fu mirata a dare un chiaro segnale al clan Martorano.
La decisione di dare un segnale eclatante alle altre organizzazioni criminali sarebbe stata presa, secondo gli inquirenti, da Giovanni Luigi Cosentino, che essendo all’epoca detenuto, incaricò Antonio Cossidente “suo luogotenente” di far fuori Gianfredi. La scelta di eliminare Gianfredi fu condivisa anche da Saverio Riviezzi, ritenuto “cellula dei Basilischi” attiva sul territorio di Pignola. Gli appostamenti sotto casa delle vittime furono fatti da Carmine Campanella, mentre Claudio Lisanti, di recente morto, fu l’esecutore materiale di quel brutale omicidio insieme ad Alessandro D’Amato del Clan Cassotta di Melfi. L’uccisione della moglie di Gianfredi fu solo un errore poichè i killer non s’aspettavano di trovare anche lei in auto. L’esecuzione del delitto è stata descritta da Alessandro D’Amato che, autoaccusandosi, ha spiegato i dettagli dell’omicidio. Le dichiarazioni rese dai due collaboratori di giustizia D’Amato e Cossidente hanno poi trovato riscontro nelle indagini e negli accertamenti tecnici e balistici effettuati dagli investigatori.