Inquinamento, i dati sulle emissioni in Basilicata

13 gennaio 2014 | 15:29
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Inquinamento, i dati sulle emissioni in Basilicata

Convenzioni, trattati, protocolli e regolamenti internazionali su inquinamento ed ecocrimine ve ne sono centinaia. E ci sono i registri nazionali e internazionali dei contaminanti immessi nelle matrici ambientali, così come enti di controllo. Servono? 

E come siamo messi in Basilicata? Abbiamo comparato i dati su alcuni (e ve ne sono molti altri) degli impianti a rischio industriale più conosciuti. Questi i risultati.

Che fine ha fatto il crimine ambientale? A ottobre 2012 l’United Nation Interregional Crime and Justice Research Institute (Unicri, ndr), tenne a Roma una conferenza sui crimini ambientali. Al centro della discussione la loro crescita e la pesante minaccia rappresentata per le popolazioni. Nella sede romana della Fao (non a caso dato il nesso inquinamento/alimentazione/salute pubblica), il professor Sergio Marchisio dell’Università Sapienza intervenne su crimine ambientale e violazione dei diritti umani. Ribadì che un ruolo importante nella lotta agli eco-criminali lo giocava (e lo gioca) l’adozione d’una legge penale internazionale e che combattere l’ecocrimine significa applicare gli innumerevoli strumenti legali previsti per la protezione dei diritti umani. Trattati specifici come quello di Basel sui rifiuti tossici, o la Convenzione di Marpol che pone al centro l’inquinamento marino da idrocarburi, non bastano. Sono carta straccia se non la si trasforma in una legge chiara. Come chiara è in fondo la definizione di “ecocrimine” scritta dall’International Low Commision delle Nazioni Unite decenni or sono, e cioè una grave infrazione all’obbligo internazionale di salvaguardia e conservazione dell’ambiente umano, così come ai divieti sull’inquinamento dell’atmosfera, del suolo, e dell’acqua. Ma la proposta d’includere i crimini ambientali all’interno d’un regolamento internazionale che si stava scrivendo venne osteggiata fino a non essere più menzionata. Scomparve poi definitivamente assieme all’idea stessa d’un codice internazionale. Le lobby dell’inquinamento la ebbero vinta insomma, e la nozione di ecocrimine, nonostante rievocata nello Statuto di Roma anni dopo (appiccicata a quella di crimine di guerra), non risolse giuridicamente nulla. Così oggi tra convenzioni, trattati, protocolli e regolamenti internazionali si contano 240 inutili documenti sul tema.

Quanto vale l’inquinamento? Tra le varie forme e tipologie di crimini ambientali, oltre al fenomeno del traffico e dello smaltimento illegale di rifiuti tossici ed elettronici costantemente in crescita (sebbene l’Unicri evidenzi la difficoltà di calcolare il volume di rifiuti smaltiti illegalmente stima che circa 1,5 milioni di container di rifiuti vengono imbarcati ogni anno con un valore di mercato che s’aggira tra gli 8/10 miliardi di euro), sono gli effetti dannosi dell’inquinamento su ambiente, salute umana, perdita di biodiversità, a destare l’allarme. Da un lato l’aumento dei costi pubblici per migrazioni e cure di malattie provocate dalle contaminazioni, dall’altro le organizzazioni criminali, ribadisce l’Unicri, da sempre attratte da questo traffico illecito per la difficile tracciabilità del mercato, gli enormi profitti e il basso rischio detentivo. Oggi l’Italia è un esempio col fallimento del sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri, ndr), ma fa scuola in negativo dal ’94, quando nel bel paese si coniò una parola apposta: ecomafia. Per l’Unicri gli eco-crimini presentano tre aspetti fondamentali. L’evoluzione delle organizzazioni criminali verso differenti forme di crimini ambientali (anche legalizzando smaltimenti attraverso connubi tra pubblico e privato tramite false autorizzazioni ecc.), l’imporre a un largo numero di persone una minaccia alla sicurezza e alla salute, e l’impatto negativo sul ruolo della legge, dello sviluppo e dell’economia minando prosperità e sicurezza delle popolazioni e violando i diritti umani. Le attività criminali che riguardano l’ambiente si sono trasformate e le mafie si sono inserite nel ciclo dei rifiuti controllando attraverso uomini o imprese, e network con politici e funzionari pubblici gli appalti nel settore. “Molti crimini ambientali – ricordano del resto Kristiina Kangaspunta e Ineke Haen Marshall nel loro Eco-crime and Justice – richiedono elevate competenze per essere scoperti, e spesso sono commissionati da multinazionali”. Un esempio portato dai due ricercatori dell’Unicri è l’industria petrol-chimica. C’è poi un problema più serio di contaminanti che riguarda le attività a rischio industriale, quelle che inquinano comportando il degrado dell’acqua, della terra, e dell’atmosfera.

Dalle Convenzioni al Registro europeo degli inquinanti. Così per avere sotto controllo attività e impatti, si decise di creare il Registro europeo degli inquinanti rilasciati e trasferiti (l’E-PRTR, ndr). Obiettivo: monitorare contaminanti sia in termini di spostamento, per esempio i rifiuti che viaggiano da un sito a un altro (anche se l’E-PRTR spesso annota che “i trasferimenti fuori sito di rifiuti potrebbero essere influenzati dalle richieste di riservatezza”, ndr), sia per quel che riguarda le quantità riversate nelle matrici ambientali (aria, acqua e suolo). Tra i contaminanti aerei registrati c’è l’anidride carbonica (CO2, ndr), indispensabile per i processi vitali del pianeta ma da un decennio sotto osservazione d’innumerevoli organismi internazionali a causa della ormai accertata modificazione dell’effetto serra prodotto dall’inquinamento antropico. Le più allarmanti conseguenze sono l’avvicinamento al limite di concentrazione atmosferica in grado di tenere l’incremento delle temperature planetarie sotto i 2 gradi centigradi. Su un limite di sicurezza di 450 parti per milione (ppm, ndr), siamo a 430, con un ritmo di crescita annua di 2,5 ppm. L’E-PETR registra anche gli ossidi di azoto, i famosi NOx/NO2. Sia buoni (NO, ndr), sia cattivi come il biossido di azoto (NO2, ndr) che per l’E-PRTR costituisce meno del 5% dei NOx totali ma è ritenuto l’intermediatore nella produzione di altri inquinanti secondari molto pericolosi come ozono, acido nitrico, acido nitroso, alchinitrati, perossiacetilnitrati, ecc. Il biossido di azoto può contribuire all’insorgere di diverse alterazioni polmonari come bronchiti croniche, asma, enfisema polmonare, tracheiti, forme di allergia e irritazione. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms, ndr) raccomanda un limite orario di 200μg/mc (100mg/mc inalati per un minuto provocano notevoli danni al tratto respiratorio, ndr). Infine sono registrati i SOx/SO2. L’Agenzia di protezione ambientale statunitense (Epa, ndr) ricorda che tali gas si formano quando combustibili contenenti zolfo come petrolio e carbone vengono bruciati, quando viene raffinata benzina dal petrolio, o quando vengono estratti metalli come alluminio, piombo, rame, zinco e ferro da minerali. Gas che hanno un alto grado di tossicità sugli organismi viventi e sono responsabili di differenti casi di tumore nell’essere umano. L’E-PRTR registra ovviamente anche altre sostanze tossiche in aria e quelle rilasciate sul suolo e nell’acqua che hanno un impatto sulla salute.

Dalla futura città della cultura alla pianura dei veleni. Anche la Basilicata è monitorata dall’E-PRTR. Cominciamo dal Materano. A Matera il cementificio dell’Italcementi srl, a cui a breve bisognerà aggiungere 60mila tonnellate di rifiuti l’anno che andranno in fumo, è presente nel database dell’E-PRTR. Le registrazioni cominciano nel 2004, anche se l’Apat le ha dal 2002. Confrontando i dati soglia Apat di quell’anno scopriamo che per la CO2 su un valore soglia di 100mila Mg/a (tonnellate l’anno, per facilità scriveremo t/a, ndr) vanno in aria 494.976,9 t/a (circa 4 volte oltre). Del letale monossido di carbonio su una soglia di 500t/a vanno in aria 539,8. Di SOx su una soglia di 150t/a, ben 488,5 (circa 2 volte e mezzo oltre). Di NOx su una soglia di 100t/a 1.168,8 (circa 11 volte oltre). E di PM10 su 50t/a 65,1. Nel 2001 in aria finivano CO2 4 volte oltre, NOx 9 volte oltre, e SOx 2 volte oltre. Per gli anni 2002, 2003, 2005, e 2006 nell’E-PRTR non esistono registrazioni, fermo però, il cementificio non sta. Tornano nel 2007, quando in aria si registrano 442mila tonnellate (t, ndr) di CO2 (3 volte oltre), 786t di NOx (circa 8 volte oltre), 456t di SOx (2 volte oltre), e anche 23,5t d’ammoniaca e 584 grammi (gr, ndr) di PCB (in questi anni all’Apat sono invece fermi con le registrazioni, ndr). Nel 2008 404mila t di CO2 (3 volte oltre), 651t di NOx (5 volte oltre), 474t di SOx (poco più di 2 volte oltre), 19,9t di ammoniaca e 417gr di PCB. Nel 2009 362mila t di CO2 (2 volte e mezzo oltre soglia), 504t di monossido di carbonio (questa volta siamo quasi regolari), 629t di Nox (5 volte oltre), 402t di Sox (2 volte e mezzo oltre), 13t di ammoniaca, e 550gr di PCB. Nel 2010 292mila t di CO2 (circa 3 volte oltre), 485t di Nox (circa 4 volte oltre) e 296gr di PCB. Nel 2011 si registrano solo 466mila t di CO2 (3 volte e mezzo oltre), e 488t di NOx (circa 4 volte oltre). Per le matrici suolo e acqua nessun dato è presente per Italcementi, dunque non immette contaminanti in acqua e suolo. La maggior parte delle attività lucane registrate nell’E-PRTR sono dislocate in Valbasento, definita in un caso studio “pianura dei veleni”. A Pisticci Scalo in particolare. Qui c’è la Gnosis Bioresearch srl, operativa nel settore farmaceutico. Per la società non esistono dati relativi agli inquinanti rilasciati nelle diverse matrici ambientali né sul registro Apat né nell’E-PRTR. Di rifiuti trasferiti invece, dal 2008 al 2011, sull’E-PRTR sì. 282t di Toc (Total organic carbon, ndr). E sono registrati anche trasferimenti di rifiuti pericolosi. Nel 2007 600kg sono recuperati e 2.160kg finiscono in discarica. Nel 2008 3.840 kg recuperati e 5.880kg in discarica. C’è poi l’Impianto Resine Epossidiche. Anche qui nessun dato sugli inquinanti rilasciati, ma su quelli trasferiti compaiono 2.370t di cloruro e 1.686t di Toc. Per i rifiuti trasferiti si registrano tra 2008 e 2011 movimenti per 486,53t di rifiuti pericolosi (parliamo di 486.530kg), di cui solo 58 recuperate, il resto in discarica. Sempre a Pisticci abbiamo il Centro oli. Anche qui nemmeno l’ombra d’un dato su inquinanti rilasciati e trasferiti. Ci chiediamo come sia possibile visto che si registrano invece trasferimenti di rifiuti tra 2007 e 2011. 431.600kg di rifiuti pericolosi (di cui solo 400kg recuperati), e 55.746.800kg di rifiuti non pericolosi (di cui solo 17mila recuperati, il resto in discarica).

Il (tecno)parco green. Sempre a Pisticci abbiamo Tecnoparco Valbasento spa, dove arrivano i rifiuti petroliferi di cui ci siamo pure occupati. E’ anche l’unica attività industriale che sull’E-PRTR e sull’Apat presenta dati su tutte le matrici ambientali. Dati che si presentano con sbalzi temporali dal 2001 al 2012 e sul registro Apat (con relative soglie) ci sono dal 2002 al 2005. Nel 2001 stando all’E-PRTR in aria finiscono 196mila t di CO2 (96mila t in più), 288t di NOx (188mila in più oltre soglia), e 897 tonnellate di SOx (747t in più). Nel Basento finiscono 8,9kg di arsenico (soglia 5), 2.410t di cloruro (soglia 2.000), 1,5kg di mercurio (soglia 1), 181kg di nichel (soglia 20, siamo 8 volte oltre), 69,3t di carbonio organico totale TOC (o COD/3, ndr) su soglia 50, e 264kg di zinco (soglia 100). Nel 2002, stando all’Apat, Tecnoparco manda in aria circa il doppio di CO2 (195.951,9t), circa il triplo di NOx (288,4t), e 897,4t di SOx (circa 6 volte oltre). In acqua 8,9kg di arsenico (circa il doppio), 69,3t di TOC, 2.413t di cloruri, 263,8kg di zinco (2 volte e mezzo oltre), 180,3kg di nichel, e 1,5kg di mercurio. Nel 2003 108.757,3t di CO2, di tonnellate di NOx vanno in aria 221,1 (il doppio), e 779t di SOx (5 volte oltre). Nel Basento più del doppio di arsenico (10,8kg), 57,4t di TOC, 2.060t di cloruri, 5,9kg di mercurio, 79,3kg di Nichel, 312,9kg di zinco. Nel 2004 in aria vanno 155.373,5t di CO2, 223,6t di NOx e 770t di SOx. In acqua 52,5kg di arsenico (ricordiamo che la soglia è 5Kg/a, siamo 9 volte oltre), 55,4t di TOC, 2.240,6t di cloruri, 401,5kg di nichel (19 volte oltre), 677,3kg di zinco (circa 6 volte oltre soglia), e questa volta nel caro fiume ci finiscono pure 76,1kg di rame (su soglia 50kg/a), e ben 513kg di cromo su soglia 50kg/a (9 volte oltre). Nel 2005 158.299,8t di CO2, circa il doppio di NOx, e circa 4 volte oltre di SOx. Nel Basento 5,3kg di arsenico, 67,5t di TOC, 2.267,8t di cloruri, 135,6kg di cromo, 489,3kg di nichel (23 volte oltre), 25kg di piombo (soglia 20), 59,2kg di rame, 394,5kg di zinco (circa 3 volte oltre). Nel 2007 in aria 139mila t di CO2, 136t di NOx e 596t di SOx. In acqua 27,9kg di arsenico (oltre 4 volte), 2.640t di cloruro, 4,50kg di mercurio (tre volte e mezzo oltre), 56,9kg di rame, 770kg di nichel, 55,2kg di piombo (più del doppio), 15,2t di fosforo totale, 160 tonnellate di TOC, e 735kg di zinco. Nel 2008 non sono riportati dati sui contaminanti in aria ma in acqua sì. 6,06kg di arsenico, 2.210t di cloruro, 3,14kg di mercurio, 164kg di rame, 414kg di nichel, 53,7kg di piombo, 68,6t di azoto totale, 157t di TOC, e 634kg di zinco. Nel 2009 in aria vanno 127mila t di CO2 e 136t di NOx. Nel Basento 13,2kg di arsenico, 2.710t di cloruro, 5,19kg di mercurio, 172kg di rame, 291kg di nichel, 58,6kg di piombo, 161t di TOC e 462kg di zinco. Nel 2010 in aria ci vanno 113mila t di CO2 e 121t di NOx. In acqua 10,2kg di arsenico, 2.710t di cloruro, 82,3kg di cromo, 136kg di rame, 126kg di nichel, 2,56t di fluoruro totale, 4,62kg di mercurio, 51,8kg di piombo, 186t di TOC e 584kg di zinco. Nel 2011 in aria non sono riportati dati, in acqua il solito cloruro (100t in più), 82,1kg di rame, 157kg di nichel, 2,31t di fluoruro totale, 2,77kg di mercurio, 66,6kg di piombo, 175t di TOC, e 525kg di zinco. Siamo dunque sempre oltre soglia ma tra 2010 e 2011 i ricavi per la vendita di certificati verdi, per ottenere i quali bisogna immettere in aria CO2 inferiore alla soglia consentita, ammontavano a circa 26milioni di euro (15milioni invece nel 2012). E in Val Basento c’è pure la Mythen spa di Ferrandina che nonostante non esista nemmeno nell’E-PRTR e in Apat tra i siti a rischio industriale pur ricadendo sotto la Seveso Bis, e nonostante abbia inquinato al punto da provocare una moria di diverse specie ittiche è considerata “green”. Strana vision. E ci sono gli impatti delle discariche di rifiuti industriali come l’ex area Syndial spa che da decenni sono praticamente bonificate dalla natura con alluvioni e piogge bomba che sparpagliano puntualmente sostanze cancerogene in giro per falda, fiume e campi.

Il rischio ambientale per la piana di Metaponto. Il Basento è ovviamente il “corpo ricettore” di tutta questa robetta, e il suo normale deflusso lo vede scorrere verso la piana di Metaponto. Nel 2003 il Cnr di Bari aveva avvertito sui rischi di degrado delle acque sotterranee della piana, zona a vocazione fortemente agricola. Faceva presente che l’inquinamento caratterizzante le acque sotterranee era un “reale problema ambientale”. “Il degrado quantitativo e qualitativo – scriveva – costituiscono un rischio concreto che minaccia le risorse idriche della piana di Metaponto”. Un’acqua sotterranea di tipo solfato-clorurato-alcalina-terroso “molto rara rispetto alle caratteristiche chimico-fisiche dell’area”, caratterizzava i campioni d’acqua prelevata in prossimità del fiume. Un’acqua correlabile a fenomeni d’inquinamento da contaminanti agricoli come i nitrati per l’uso intensivo di fertilizzanti, ma anche da perdite di reti fognarie o depuratori non funzionanti, come s’evinceva dalle maggiori concentrazioni di ammoniaca. “L’area compresa tra i fiumi Bradano e Basento – precisava – mostra una situazione alquanto diversificata. Si rivela la presenza di coliformi totali e fecali in concentrazioni elevate, associati ad altri parametri quali il ciclo dell’azoto. Significativa è anche la presenza di elementi cancerogeni quali l’arsenico, lo zinco e il rame (vi dicono nulla?, ndr). Tale aspetto è sintomo d’un malessere generale delle acque circolanti nel sottosuolo dovuto alle attività antropiche ivi presenti”. Risultati che s’associavano alla consapevolezza di “un fiume a cui si affidava e si affida ancora, il maggior carico inquinante e che, data la sua configurazione idrogeologica, al tempo stesso è in grado di cedere acque al sottostante acquifero costiero. Il Cnr ricordava che il bacino del Basento è caratterizzato dalla più alta densità abitativa e dalla più alta concentrazione di industrie della Basilicata, e “quindi le stesse acque fluviali sono soggette a un maggior rischio di inquinamento e, per possibili perdite dal fiume stesso, conseguentemente anche la falda idrica ivi presente”.

Food or not food, questo è il problema. Falda ed ecosistema agricolo-alimentare che gli ruota attorno è questione cruciale ancora oggi. Non sono bastati 10 anni evidentemente. Lo abbiamo visto con le ennesime ordinanze dei sindaci per vietare l’attingimento dell’acqua tra Ferrandina e Pisticci perché sostanze cancerogene vi pascolano più delle mucche. Tanto importante che nel 2010 il Commissario Straordinario per la gestione provvisoria del Comune di Pisticci trasmetteva una deliberazione al Ministero dell’Ambiente, alla Regione Basilicata, alla Asl e ai comuni interessati con oggetto la bonifica del Sito di interesse nazionale Valbasento. A soli due giorni dalla Conferenza di servizi presso il Ministero dell’ambiente, il Commissario ricordava allo stesso Ministero che nel 2006 aveva assegnato 2.272.727euro per intervenire “in particolare” sull’inquinamento della falda, e che la Regione Basilicata ne aveva resi disponibili altri 2.272.727. Già “risultava improcrastinabile – si ricordava ai vari enti – definire un percorso certo delle attività di messa in sicurezza, bonifica e risanamento ambientale dell’intero sito, in particolare attraverso gli interventi di bonifica delle acque sotterranee”. E l’Accordo di programma firmato tra le parti nel 2009 ribadiva che ciascuna parte, per la propria competenza, avrebbe dovuto progettare e realizzare gli interventi di messa in sicurezza delle acque di falda e dei suoli delle aree pubbliche nonché di quelle “agricole colpite da inquinamento indotto”. Un’azione importante al punto da incamerare la quasi totalità delle risorse disponibili (3.845.454 euro su 4.545.454, ndr). Tra le altre azioni, oltre la caratterizzazione delle acque di falda e dei suoli delle aree agricole colpite da “inquinamento indotto” (gli inquinatori non si menzionavano ovviamente), la caratterizzazione e progettazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle acque superficiali e dei sedimenti dell’asta fluviale del fiume Basento. Si precisava che il soggetto attuatore degli interventi doveva essere individuato da Ministero dell’ambiente e Arpab, e che tutti gli interventi previsti avrebbero dovuto concludersi in 24 mesi. Avrebbero perché quando il commissario scriveva non si conosceva lo stato d’attuazione degli interventi. Dopo la recente alluvione, e quello che essa ha spalmato sui campi coltivati, qualche agricoltore in valle chiede a ragione alla Regione Basilicata se deve considerare la sua terra buona o no per produrre cibo. Nel 2011 era stato Nedo Biancani, ex consulente dell Provincia di Matera che con la sua società aveva eseguito una caratterizzazione in Valbasento a ricordare che agli inizi del 2000 avevano fatto scavi sino a 5 metri di profondità tra Ferrandina e Pisticci, e constatato che non era stata eseguita alcuna bonifica e che sul territorio era stato seppellito di tutto. Ricordò pure che per quel lavoro avevano avuto 150mila euro, mentre ad Arpab e Agrobios avevano assegnato risorse per circa 5mln di euro. Dieci anni dopo il Cnr, l’Arpab pubblica uno studio sulla pianura dei veleni. Ci dice che vi è la presenza di solfati e manganese in concentrazione ben superiori ai limiti normativi, il cui contributo varia significativamente nel tempo, una variabilità addebitabile a fattori interni, ma anche esterni alla falda. Quali fattori esterni, ovviamente anche in questo caso non si menzionano.

L’Ilva nostrana. Alla Siderpotenza (l’Industria siderurgica lucana) nel ’78 veniva inflitta un’ammendina per un’infrazione al trattato Ceca “relativa ai documenti commerciali e contabili da esibire dalle imprese agli agenti o mandatari dell’Alta Autorità incaricati di missioni di verifica o di controllo in materia di prezzi”. Dieci anni fa il problema non riguardava più i prezzi. Il sostituto procuratore Henry John Woodcock aveva delegato indagini per uno “sversamento di sostanze oleose in Rione Betlemme” avvenuto nel 2001. L’ipotesi di reato era di “ripetuti incidenti durante le fasi di gestione del rifiuto liquido dalla sua produzione fino allo smaltimento presso l’impianto di trattamento di acque reflue e per deposito incontrollato di rifiuti di origine industriale”. Le analisi effettuate dall’Arpab confermarono che si trattava d’un rifiuto oleoso non specificato altrimenti di tipo pericoloso. La Provincia di Potenza comunicò al Responsabile del Consorzio industriale di Potenza (Asi, ndr) l’esito delle analisi, richiedendone lo smaltimento presso l’impianto di Tecnoparco della Val Basento a Pisticci ma, si scrive nel verbale di delega alla Polizia Giudiziaria (PG, ndr) consegnato a Woodcock, che della “comunicazione su richiesta di smaltimento per quattro mesi non vi è né una eventuale risposta scritta né un provvedimento”. Il verbale sottolineò oltretutto che, da sommarie informazioni pervenute dall’Arpab e dalla Provincia nel mese di agosto 2001, l’impresa Giuzio aveva affidato a un biologo di parte nuove analisi circa la natura del liquido. Qualche mese dopo il dirigente della Unità di Direzione Ambiente della Provincia di Potenza sollecitò all’Asi la documentazione relativa all’avvenuto smaltimento, sollecitazione che portava a prendere in considerazione le analisi commissionate dall’impresa, che d’accordo con il direttore dei lavori dell’Asi decise di dividere il liquido (273.940kg, ndr) in due parti. Una la destinava a Tecnoparco (57.940kg, ndr), la restante a S. Nicola di Melfi (216.000kg, ndr). “Non è comprensibile – è scritto nel verbale della PG – l’atteggiamento dell’Asi e dell’impresa Giuzio che dopo il primo sopralluogo dell’Arpab e della Provincia hanno proceduto in assoluta autonomia relativamente alle ulteriori analisi e ai relativi sopralluoghi”. Il punto di fuoriuscita di quella sostanza si trovava sì in un’area di proprietà della Mahle, ma a un metro e mezzo dalla recinzione che ne delimitava la proprietà dallo stabilimento della Sider. Solo di recente pare abbia mandato in tilt le centraline di monitoraggio persino sulle diossine altamente cancerogene. In ogni caso sul’E-PRTR non sono registrati dati di contaminanti immessi in acqua e suolo e vi sono registrazioni per gli inquinanti in aria fatte dal 2004 al 2011 (sono assenti nel 2005/2006). Confrontando i dati E-PRTR con quelli Apat (confronto possibile dal 2004), notiamo che su un limite soglia di zinco di 200kg l’anno immessi in aria ne sono registrati ben 6.811 (calcolate voi quanto siamo oltre). Nessun ente pubblico o politico ha mosso un dito. Solo liberi cittadini e comitati “allarmisti”. Su una soglia di 100kg l’anno di rame 276kg, su una soglia di 200kg di piombo e composti 859 (più di 3 volte oltre soglia questa sostanza che fa venire di tutto per inalazione). Nel 2007 l’E-PRTR riporta 399kg di piombo e 4.000 di zinco. Nel 2008 25kg di cadmio (con soglia annuale 10), 126 di rame, 871kg di piombo, e 6.999 di zinco. Nel 2009 in aria in quel di Potenza finiscono invece 468kg di piombo, 7.080kg di zinco, e 186gr di diossine e furani. Nel 2010 804mila kg del pericolosissimo monossido di carbonio (usato pure nelle camere a gas dei nazisti per sterminare ebrei), 584kg di piombo, 4.640kg del solito zinco e 706gr di diossine e furani. Nel 2011 di nuovo 634mila kg di monossido di carbonio, 367kg di piombo, 1.720kg di zinco, e 369gr di diossine e furani. Tutta roba buona alla salute naturalmente che svolazzava per Potenza a seconda i venti.

Inceneritori e raffinerie green. Nella vision di politici e imprenditori lucani pare che anche inceneritori e raffinerie sono green. Per l’inceneritore di Melfi, di cui ci siamo spesso occupati evidenziandone alcuni lati oscuri, l’E-PRTR ha solo i dati di contaminanti immessi in aria nel 2010. Ci chiediamo come sia possibile per un impianto a rischio industriale che tra l’altro brucia rifiuti pericolosi in quantità elevate portati pure dalla Camorra, e se qualcuno dall’Europa glielo abbia mai chiesto. Dettagli. Anche in acqua e suolo niente dati. E non esistono nemmeno nel registro Apat. Un inceneritore fantasmatico insomma. Sappiamo bene invece cosa ha combinato alla matrice acqua e come, con l’aiuto persino dei dirigenti dell’ente pubblico che avrebbe dovuto controllarlo, e di quei politici amici dei dirigenti che ci facevano business. Ma la monnezza, si sa, viene prima di tutto in Basilicata, salute compresa. Comunque in quel 2010 il registro europeo racconta che Fenice butta in aria 20,6kg di mercurio (soglia 1 ricordiamolo). Prima e dopo tutto tace per l’Europa, come non dargli torto visto che il mercurio è tra i contaminanti che sarebbero stati scientemente non monitorati dall’Arpab nella ricostruzione del consulente della procura e visto che l’affare è in mano a una multinazionale come Edf. Nel 2007 ci sono invece i dati dei contaminanti trasferiti come acque reflue. 9.960kg di fluoruri, 188kg di piombo, 109kg di fenoli, e 102kg di zinco. Di rifiuti Fenice ne ha trasferiti eccome. Nel 2007 in discarica porta circa 22milioni di kg di non pericolosi (solo 1.710.000 recuperati). Nel 2008 oltre 20milioni di kg di non pericolosi e 1.220.000 di pericolosi. Nel 2009 invece quasi 11milioni di kg di non pericolosi e circa 5milioni di pericolosi. Nel 2010 circa 11milioni di non pericolosi e 2milioni di kg di pericolosi. Nel 2011 in discarica trasferiscono 67mila kg di non pericolosi e 8milioni di kg di pericolosi. Insomma da un centro che dovrebbe alleggerire il ciclo dei rifiuti lucani ed eliminare discariche se ne sono prodotti a iosa per le discariche. Di chi? Qualche magistrato potrebbe almeno iniziare a chiederselo? E qualche amministratore può spiegare il senso di questa follia? Il Centro oli Eni a Viggiano secondo l’E-PRTR nel 2001 mandava in aria appena 43mila t (43milioni di kg per esser chiari) in più oltre soglia di CO2. Nel 2004 164mila t oltre soglia, 32t in più di NOx , e 625t in più di SOx (4 volte oltre). Nel 2007 216mila t in più di CO2, 46t in più di NOx, e 40t di SOx. Nel 2008 240mila t in più di CO2, 62t in più di NOx, e pure 13mila t di metano. Nel 2009 247mila t in più di CO2, 66t in più di NOx, 26t in più di SOx, e 6.940t di metano. Nel 2010 201mila t in più di CO2, 46t di NOx, ben 3.290t tonnellate in più di SOx (22 volte oltre soglia) e 6.870t di metano. Nel 2011 206mila t in più di CO2, 54t in più di NOx, 455t in più di SOx e 8.870t di metano. Questa è la Basilicata green?