E io mi assolvo

5 novembre 2013 | 10:22
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E io mi assolvo

La Cancellieri si è autoassolta. Ha la coscienza a posto, dice, e, quindi, perché dimettersi? Il problema infatti sta proprio qua, nell’autoassoluzione. Questa è tipica dei regimi totalitari, laddove il tiranno di turno se la suona e se la canta. Nelle democrazie, invece, vivaddio, l’autoassoluzione non ha ragione di esistere, anzi. E’ consentita solo l’autocensura, il farsi da parte, il chiedere scusa se si è abusato, come del resto avviene in ogni parte del mondo.

Infatti nelle democrazie ogni ruolo è controllato da altri, è giudicato dagli altri, organi preposti o opinione pubblica, e il gioco delle responsabilità consiste proprio nell’anticipare un giudizio negativo, garantendo, così, trasparenza, e ispirando fiducia. E il giudizio altrui va anticipato con maggiore severità di quella che useranno gli altri. Non esiste solo il limite del penale per giudicare il comportamento degli amministratori e dei politici. Esistono ragioni di etica elementare che ognuno, nelle democrazie, pone a base dei propri comportamenti.

Il gioco della autoassoluzione è infatti una negazione della democrazia, in quanto il giudice è lo stesso incolpato, e il suo responso vale quanto un un filo d’erba, anzi molto meno. La spavalderia di chi si auto giudica, o celebra (gioco assai in voga in Italia) è un misto di supponenza e di tracotanza, di presunzione e di villania. I berlusconiani, molto strumentalmente, giudicano perfetto il comportamento della Cancellieri, in maniera tale da poter giustificare il comportamento del cavaliere nel caso Ruby. Ed è stato proprio Berlusconi a dare valore etico e giuridico all’autoassoluzione, poi seguito da tanti.

Il giudice di se stesso, nel diritto come nei problemi di coscienza, a casa propria come negli affari pubblici. La confusione fra istituzione e chi la incarna è tipico degli italiani o degli italiani che fanno politica. Altrove si trova sommamente immorale anche saltare furbescamente la fila in attesa del taxi, tanto è alto il valore del rispetto delle regole, da noi chi lo fa è un furbo che merita di fare carriera.

Il baratro che separa l’Italia dal resto d’Europa sta proprio qui: il furbo imbroglione che gonfia i prezzi nella ricostruzione della città dell’Aquila, è lo stereotipo dell’uomo d’affari italiano, che è poi il Ligresti della finanza, e gli uni quanto gli altri hanno a corte i politici, e messi insieme costituiscono una banda mai abbastanza punita, che fa strame della democrazia e delle finanze pubbliche. Io parlo sempre della vergogna, sentimento andato perduto. Se ne esistesse solo un tantino staremmo molto meglio. A questi chi li ferma più? Per una Cancellieri che, forse, pure sarà costretta a dimettersi, ce ne saranno altre mille a disposizione del potere. Augh!