“Il tocco della grazia”, dal pensiero di Percoco si può ripartire

26 ottobre 2013 | 12:49
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“Il tocco della grazia”, dal pensiero di Percoco si può ripartire

Dalla lettura del libro “Il tocco della grazia” del Prof. Marco Percoco sgorga un fiume di idee e spunti: stimolanti, critici e meritevoli di dibattito, non solo prettamente economico-finanziari ma anche socio-culturali. Il motivo? Innanzitutto il Prof. Percoco è un economista della Bocconi, è lucano, è giovane, è libero, vicino ad idee liberal-democratiche nonostante alcuni suoi sforzi letterari siano accompagnati dalle firme di importanti esponenti lucani del PD, ciò non condiziona il suo pensiero.
In questi anni non mi sono mai imbattuto in un giovane ideologo di sinistra lucano, mai un giovane che in libertà esponesse con piena cognizione di causa il suo modello di sviluppo della Basilicata. Il Prof. Percoco non solo propone analisi ed idee valide ma fa prevalere la proposta sulla critica.
Il testo è una miscellanea di articoli giornalistici e saggi, e lo si può apprezzare al meglio dopo una serie di letture propedeutiche: da Putnam a Banfield, io includo da Levi a Luigi De Rosa.
Il Prof. Percoco apre con un messaggio forte e stringente: la fuga dei laureati, il nostro capitale sociale più qualificato, ci porta alla perdita annua dell’1% del pil regionale ed in aggiunta i laureati che rimangono entrano in filiere assistenziali improduttive. Emarginiamo la nostra gioventù da ogni processo decisionale e programmatico. Tra il 1980 ed il 2002 abbiamo perso il 30% del capitale sociale, ad oggi un ritmo di 500mila persone all’anno, tra cui una fetta consistente dei nostri laureati, che dal Sud Italia vanno via.
Incisivo anche il parere sulla qualità dell’istruzione pubblica nel Mezzogiorno: un divario con il resto dell’Italia e dell’Europa che ci preannuncia una criticità sistemica nel medio-lungo termine.
Fulcro del futuro sviluppo devono essere sì le persone ma valorizzate all’interno dei veri vettori dello sviluppo territoriale, ossia le città. Solo dei contesti urbani veramente moderni con reti relazionali strette tra persone o imprese possono garantire una vera direttiva di crescita economica. Il Prof. Percoco cita in quest’ottica anche il progetto Matera 2019, che sarà davvero strategico se sarà il punto di partenza e non di arrivo di un’idea altamente attrattiva per il nostro capitale sociale.
Tuttavia come valorizzare il presente? Il Prof. Percoco scende nel dettaglio criticando fortemente il lavoro svolti sino ad oggi dall’Autorità di Gestione Po-Fesr 2007/13, definendola macchinosa e priva di capacità di programmazione economica.
Altro mito sfatato, dati alla mano, sono le ricadute economiche delle estrazioni petrolifere che alla stregua di altri contesti territoriali, non necessariamente sono accompagnate da processi di sviluppo. Tuttavia le royalties andrebbero indirizzate verso il nostro capitale più prezioso, quello sociale, dando priorità alle persone e non alle imprese.
Riallacciandosi così alle teorie di Banfield, conterraneo dell’Autore, si spiegherebbe la bassissima presenza del nonprofit in Basilicata, terzo settore che si dimostra vero e proprio custode nonché moltiplicatore del benessere sociale e della produttività di un territorio. Attualizzando il pensiero di Banfield si spiegherebbe il basso livello d’importanza attribuito in Basilicata al capitale sociale e quindi alle reti relazionali, ergo la bassa diffusione del nonprofit e di strutture cooperativistiche competitive.
Ricorrendo anche a Sinisgalli, il prof. Percoco ben illustra gli scenari futuri derivanti dalle deficienze strutturali attuali, paventando una pericolosa gabbia del sottosviluppo in parte già concretamente rappresentata dal rientro nell’Obiettivo 1.
Dal sostegno alle best-practises, fino alle necessarie riforme amministrative, dalla redistribuzione della ricchezza in maniera inclusiva e non assistenziale alla ridefinizione della vision dell’autorità regionale per la gestione dei fondi europei, il Prof. Percoco lancia senza paura le sue proposte, adesso tocca ai lucani non rimanere indifferenti.  (Scritto da Giorgio Santoriello)