Dissesto idrogeologico: disgrazia per tanti, affari per pochi

24 ottobre 2013 | 10:25
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Dissesto idrogeologico: disgrazia per tanti, affari per pochi
Dissesto idrogeologico: disgrazia per tanti, affari per pochi
Dissesto idrogeologico: disgrazia per tanti, affari per pochi
Dissesto idrogeologico: disgrazia per tanti, affari per pochi
Dissesto idrogeologico: disgrazia per tanti, affari per pochi
Dissesto idrogeologico: disgrazia per tanti, affari per pochi

“Per quanto concerne le mie competenze di commissario straordinario per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico posso ritenermi soddisfatto. La pulizia dei corsi fluviali sta producendo i suoi frutti e questo ha permesso che per il fiume Basento non si registrassero particolari problemi”. Questo è quanto ha dichiarato dopo l’alluvione Francesco Saverio Acito. Parole nefaste come i rumori assordanti del nubifragio, come il ricordo fresco della morte e della distruzione che si è abbattuta sul Metapontino. Noi abbiamo percorso i luoghi della soddisfazione di Acito e toccato con mano i frutti del suo lavoro, ricavandone però un’impressione completamente diversa dalla sua. E’ stato un viaggio nella follia e nello spreco, nell’inferno del dissesto idrogeologico, fra il purgatorio delle leggi e della burocrazia della casta e il paradiso assediato dei paesaggi lucani. Nostro Virgilio è stato Nicola Bonelli.

Torre Accio, Pisticci. Qui il Basento è fortemente meandriforme e le Vie Blu dell’ing. Francesco Saverio Acito sembrano una bufala. Lo scenario è quello di un luogo appena distrutto da un bombardamento e i lavori previsti dall’OPCM 3984 del 2011 ( cioè quelli scaturiti dalla precedente alluvione di due anni fa), quelli che miravano alla mitigazione del rischio idrogeologico ed al ripristino dell’officiosità idraulica, sembrano rimasti nel mondo delle carte e delle teorie. A Torre Accio svettano 2 cartelli di 2 cantieri pubblici, che indicano le ditte appaltanti e il costo (700mila euro), ma gli unici operai che troviamo sono due stranieri che ci dicono di lavorare per una ditta calabrese, che però non compare neanche nella cartellonistica: manodopera a buon mercato che disbosca come può i lati dei fiumi seguendo una logica che ci sfugge. Disboscano a macchia di leopardo, puliscono 100-200 metri in lunghezza ed il resto rimane intatto con la vegetazione che chiude l’alveo. Il letto del fiume rimane stretto, nella sua unica forma di magra, non prevedendo minimamente un suo allargamento per le piene. C’è ancora il fango depositato dal 2011 che ad oggi rimane lì, innalzando il letto del fiume ed avvicinandolo sempre di più al piano campagna. I finti argini sono sepolti dalla vegetazione e fanno da diga per l’acqua dei campi che stagna. Sembra la Basilicata descritta da Michele Lacava, invece siamo nel 2013 e non sappiamo neanche come far convivere fiume e campagne.

Uno spettacolo desolante. Proseguiamo verso il bivio per Pisticci e tra una strada dissestata ed un terrapieno smembrato ci imbattiamo in una perfetta sintesi della Basilicata. Sulla sinistra l’argine del Basento distrutto, al centro i resti di roghi di rifiuti ed in mezzo al campo fradicio d’acqua una tubazione del consorzio che zampilla acqua irrigua quasi fosse un aerosol. Qui, sotto Torre Accio lo spettacolo è desolante: una breccia nell’argine crollato lunga più di 30 metri e la visibile erosione dello stesso alle sue  spalle. Qui lo Stato-Regione non c’è, e i frutti di cui parla Acito sono velenosi perché il degrado e l’abbandono dinanzi a noi sono evidenti: siamo in una terra di nessuno, dove il pubblico getta soldi in argini fasulli utili a produrre appalti per far pettinare le bambole ad alcune imprese, mentre per l’agro limitrofo al fiume pare che gli agricoltori preferiscano vivere di un più sicuro indennizzo invece che dell’incerta fatica di un dubbio raccolto. Vedi come da certi disastri possano crescere, mostruose, certe convenienze e come si possa far lievitare il debito pubblico a discapito della comunità. Vedi i soldi di tutti al servizio del guadagno di pochi. Dagli alvei sommersi di boscaglia, dagli argini divelti, dai campi abbandonati e inondati vedi un sistema politico suicida divorare risorse e bellezze.

Ci spostiamo, andiamo sul Bradano. Raggiungiamo l’intersezione con la ss106. Qui lo scenario è identico al 2011, solo con più detriti e più disordine, perché dal 2011 pare che nulla sia stato fatto. Il Bradano è il solito ruscello con attorno i segni della sua torrenzialità, quasi a dimostrare la sua natura selvaggia che non tollera al ridosso campi o villaggi. Ma fa niente, intervenire davvero non conta, tanto il conto delle deroghe non lo paga nessuno e la politica dell’emergenza conviene a molti. L’apocalisse la si lascia in eredità alle generazioni future. Tra i tanti lavori errati, qui vediamo come le valvole clapet (inutili marchingegni che teoricamente dovrebbero servire ad impedire il reflusso delle acque dei fiumi nei canali per l’irrigazione) sono otturate dal fango e dai detriti. Vedi canalette di scolo appoggiate al terreno come dei lego, vedi piloni sepolti dal fango che è arrivato a pochi metri dal manto stradale della ss106 e vedi gli occhi sfiduciati di altri agricoltori ( imprenditori veri) e li senti chiedersi che senso abbia partecipare al PSR e se valga ancora la pena continuare a vivere qui. Di fronte a tutto questo cosa hanno fatto Autorità di Bacino, Genio Civile, Consorzio di Bonifica, Uffici Tecnici Comunali e di alcuni agricoltori, ma soprattutto chi era chiamato a mitigare il dissesto idrogeologico, ossia del Commissario Ing. Francesco Saverio Acito, che su un letto di inoperosità, disastri e morti, ha l’ardire di dirsi addirittura soddisfatto?

Le nostre domande al commissario Acito. Per questo noi chiediamo all’Ing. Acito di darci ragione non solo del suo operato, ma anche del sistema entro cui è sorto ed entro cui ha esercitato il ruolo di commissario al dissesto idrogeologico. Perché la sua nomina, alla pari di altri Commissari, non compare su alcuna Gazzetta Ufficiale? Dal 2011 ad oggi cosa è stato fatto per mitigare il dissesto se morti e danni sono una costante? Perché la pulizia degli alvei e dei detriti non è stata fatta dal 2011 ad oggi ed i primi cantieri si sono aperti solo in questi giorni? In base a cosa date la priorità d’intervento se date precedenza alle barriere soffolte ma le persone muoiono nelle strade interne? Perché durante le vostre conferenze stampa il pubblico non può mai confrontarsi con voi e perché continuate a sottrarvi ad ogni confronto con la stampa indipendente? I progetti dei lavori sono compilati da voi come autorità pubblica ed in seguito affidati con appalti a ribasso oppure li propone direttamente il privato appaltante? Ing. Acito, i decessi di Anna Lanzillotta e Pino Bianculli erano evitabili? I fiumi lucani hanno un’idonea sezione di deflusso oppure nel corso dei decenni è stato permesso ai privati la graduale erosione dei diritti d’accesso occupando di fatto aree di pertinenza fluviale? A cosa serve progettare argini sull’alveo di magra se con la piena vengono puntualmente distrutti? Quale può essere la qualità dei lavori se vi sono ribassi d’asta del 69%? Ing. Acito può fornire una volta per tutte una mappa aggiornata del vincolo idrogeologico? In quali zone non è rispettato?

L’emergenza porta disgrazia per tanti, affari per pochi. A nostro personale parere dietro il dissesto idrogeologico non vi è solo una caratteristica peculiare del nostro territorio ma anche e soprattutto la precisa consapevolezza umana di non voler recuperare un territorio che si considera irrimediabilmente compromesso. Quale ente o politico si assumerebbe la responsabilità di espropriare quelle terre occupate limitrofe ai fiumi, occupate nei decenni, per ampliarne l’alveo? Quale magistrato punirebbe gli enti e tutti i colpevoli di tale degrado? Ing. Acito, il commissario ha avuto il compito di fermare questo meccanismo diabolico ma abbiamo il forte dubbio che si sia adattato al sistema. Del resto trovare le responsabilità oggettive di questo degrado è facile ma pesante, ergo continuiamo ad incolpare madre natura e a chiedere assistenzialmente fondi per le emergenze da noi create. Sì perché l’emergenza porta disgrazia per tanti ma affari per pochi, perché ogni due anni ti ricostruisco l’argine e l’imprenditore lavora ed il proprietario del terreno agricolo allagato prende il risarcimento per ciò che non ha coltivato. Il problema è di chi muore e di chi invece in questa terra e su questi fiumi vuole vivere dignitosamente. Il problema è dell’agricoltore onesto, che invece si trova all’improvviso con l’acqua alla gola, quella del fiume e quella che blocca il prodotto, fermo su piante marcescenti. Ing. Acito, in ogni caso, lei la smetta di giocare con la vita e la dignità di chi coltiva la terra, che è ben diverso da chi invece ne vanta il possesso solo in caso d’alluvione. La V Commissione Regionale permanente nel 2013 ha emanato la sua relazione finale sull’alluvione del 2013, che presto porteremo alla Corte dei Conti ed alla Procura della Repubblica, perché a nostro parere si stagliano all’orizzonte diversi reati: dalla negligenza amministrativa, al delitto verso la pubblica incolumità fino al disastro naturale. Infatti la relazione finale sottolinea le negligenze dei vari enti che dovevano provvedere a limitare l’antropizzazione a ridosso dei fiumi nonché le omissioni circa la dovuta manutenzione territoriale. Conclusioni che non giustificherebbero più né stati di calamità né amnistie amministrative. A presto Ing. Acito.

(Articolo scritto da Ivano Farina e Giorgio Santoriello)