Italcementi: una storia infinita

4 luglio 2013 | 13:06
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Italcementi: una storia infinita

“Che Italcementi bruci qualcosa per alimentare i suoi forni è risaputo, non è una fabbrica di cioccolatini e come ogni impianto che brucia qualcosa per produrre qualcosa inquina, di più o di meno, dipende delle tecnologie adottate.” Ad affermarlo Pio Abiusi dell’associazione “Ambiente e Legalità” per il quale Italcementi “è un impianto che brucia  per produrre cemento e non energia elettrica e non è, quindi, un co-inceneritore; non è un inceneritore – prosegue – perché questo ultimo brucia rifiuti che possono essere urbani o speciali a temperature più basse e con una permanenza dei rifiuti nei forni molto più ridotta, al punto, questi si, da produrre diossine. Italcementi dal 2007 al 2010 – continua – ha ammodernato tecnologicamente il suo impianto per renderlo più competitivo e meno inquinante. Finalmente, in Italia si usa meno cemento, si costruisce di meno, si consuma meno suolo. Certo la crisi porta gli operai edili alla disoccupazione, – ammette Abiusi – diversifichiamo e recuperiamo il nostro patrimonio edilizio senza costruire più case; di cemento ne servirà sempre meno. Italcementi “è autorizzato – prosegue – a bruciare fino a 12.000 tonnellate di rifiuti includendo anche i Pfu (pneumatici fuori uso) che non debbono contenere cloruro, sostanza che bruciata è particolarmente nociva. Brucia, poi, pet-coke che è lo scarto  dell’oro nero tanto da guadagnarsi il nome di “feccia del petrolio. I dati illustrati da Abiusi continuano: “per produrre  746 mila tonnellate di clinter , Italcementi deve bruciare 70 mila tonnellate di pet-coke, la società propone di bruciare fino a 60 mila tonnellate di Pfu e Css (combustibile solido secondario) e ridurre la quantità di coke utilizzato. Tutto qui, – sostiene – è una sostituzione di combustibile con un  rapporto  pari , all’incirca a 2/3 del potere calorifico in cui due  di coke equivalgono a 3 degli altri. Si può concludere che: non stiamo parlando di inceneritore ma di sostituzione  di combustibile  in un cementifico. Una ultima annotazione – rimarca –  la facciamo sulle ceneri. Gli inceneritori producono nella loro attività dal 25 al 30% di ceneri che sono pericolose o meno a seconda del tipo di rifiuto bruciato. Italcementi usa le ceneri del codice Cer ( codici europei dei rifiuti) 190112 (ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 190111 che sono ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose) per produrre clinter. Nel 2006 e nel 2007 le ritirò da Fenice, oggi  l’approvvigionamento avviene altrove perché l’impianto di inertizzazione  delle ceneri di Fenice è fermo poiché  ‘mancano i pezzi di ricambio’. Con l’ uso del Css – conclude Abiusi –  la produzione di ceneri avverrebbe in casa con un minore inquinamento dovuto alla sua movimentazione.”