Francesco Tammone, “seme” di legalità

5 luglio 2013 | 11:04
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Francesco Tammone, “seme” di legalità

Diciassette anni sono passati da quella tragica serata del 10 luglio 1996 in cui perse la vita in uno scontro a fuoco, l’agente scelto della Polizia di Stato Francesco Tammone di 28 anniGuidava la volante sulla quale ricevette la segnalazione di una lite tra alcuni uomini in un bar di Rione Cocuzzo, a Potenza, nel famoso quartiere denominato “Serpentone”. Giunto sul posto insieme ad un collega individuò un noto pluripregiudicato della zona, in regime di semilibertà che in serata doveva far rientro nel penitenziario dove stava scontando la pena a quattro anni per rapina. Alla richiesta dei documenti al fine dell’identificazione, l’ispettore collega di Tammone ottenne un rifiuto dall’uomo il quale cominciò a scappare inseguito dallo stesso ispettore. Tammone poi proseguì l’inseguimento alla guida della volante. In via Ionio il pregiudicato tese un’imboscata all’ispettore aggredendolo alle spalle e colpendolo al collo. Gli sfilò la pistola dalla fondina e sparò verso Francesco Tammone appena arrivato sul posto. Prima di morire l’agente scelto ebbe il tempo di affrontare in uno scontro a fuoco l’uomo che venne ferito al collo nella sparatoria. All’arrivo dei soccorsi per l’agente scelto non ci fu più nulla da fare. L’assassino venne arrestato e condannato all’ergastolo. In occasione dell’anniversario della sua morte “Libera Basilicata” vuole ricordarlo con i suoi familiari, gli amici e tutti coloro i quali vogliono dare un significato al suo sacrificio, con la celebrazione di una messa che si svolgerà domenica 7 luglio alle 11:30 nella chiesetta di “Santa Maria di Betlehem” del Ce.St.Ri.M. a Potenza.  “Con la sua vita – ricordano don Marcello Cozzi, vicepresidente nazionale ‘Libera’ e Anna Maria Palermo, referente regionale dell’associazione – anticipò quello che i magistrati ci hanno detto in seguito: che anche in Basilicata c’è una mafia pericolosa, che il suo nome è Basilischi e che anche loro sono capaci di uccidere.  E’ proprio vero che il seme caduto in terra – sottolineano – se muore porta frutto: siamo convinti che l’azione giudiziaria seguita al suo omicidio è il frutto di quel seme morto. Vogliamo tutti continuare – concludono – ad impegnarci perché quel seme continui a portare frutti.”