La Basilicata può vivere o morireDipende dai lucani

21 maggio 2013 | 23:15
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La Basilicata può vivere o morireDipende dai lucani

Siamo al capolinea. De Filippo non ha ceduto alle sirene che lo “richiamavano alle responsabilità”. Si va a votare. Prima o poi. Quando, lo deciderà Roma. Il presidente non ha ascoltato i “mal consigli” dei suoi presunti amici di partito. Si è fermato ad un passo dal baratro. Scegliendo il momento opportuno per evitare di cadere nella ragnatela avvelenata a cui alcuni settori del Pd lavorano da tempo. Bravo. Forse, dico forse, il presidente, non si è fatto fregare da chi sta immaginando da tempo nuovi poteri e vecchi domini. De Filippo è convinto che la sua perentoria decisione “può essere utile a rimettere in moto la politica e la Regione con altri e nuovi protagonisti…” Ma c’è il rischio che i nuovi protagonisti siano i tutori del vecchio sistema travestiti da “uomini della salvezza”. De Filippo compreso. Non a caso il presidente ha mostrato i muscoli alcuni giorni fa, quando il suo fido Pasquale Robortella ha organizzato l’assemblea “degli amici di Vito”. Donne e uomini con le bisacce piene di voti hanno affollato un albergo della Val d’Agri. E’ un modo per dire: “Ci vediamo sul campo di battaglia”. Non è esclusa una deriva scissionistica. De Filippo ha potere. Così come hanno potere tutti gli altri feudatari del Pd. Da domani non saremo in campagna elettorale, ma ci troveremo tutti coinvolti in un conflitto feroce tra consorterie del Pd le quali useranno tutte le armi a disposizione. I cittadini, le famiglie, le imprese i lavoratori, i disoccupati, saranno le “vittime civili” di questa guerra.  Sarà dura anche per i “clientes”, tutti chiamati alle armi. E sarà un via vai di mercenari pronti a combattere per il feudatario più generoso. Le dimissioni di De Filippo segnano l’avvio ufficiale delle ostilità e la fine della guerriglia sul “terreno melmoso” che il presidente avrebbe subito in questi tre anni. Il dibattito in Consiglio regionale, fatte le dovute eccezioni, è stato deludente, mediocre, confuso. Dai mea culpa alle auto assoluzioni. Fino alle solite chiamate in correo. Deprimente. Conclusa la seduta arrivano gli avvisi di conclusione delle indagini a quasi tutti i consiglieri e all’intera Giunta regionale. Tutti indagati. Ironia della sorte. Adesso si spalanca la fase d’incertezza e di confusione istituzionale. Ma rimane l’unica certezza: la Basilicata è in ginocchio. I dati socio-economici parlano di una regione soffocata da una grave condizione di complessiva arretratezza. Questa è la verità. Altro che le chiacchiere sventolate nell’odierna seduta del Consiglio regionale. Con le dovute differenze, le responsabilità sono di chi ha governato e di chi ha fatto falsa opposizione in questi anni. Energie nuove si affacceranno sulla scena politica, magari inesperte, ingenue, ma speriamo autentiche, capaci di ascoltare, ricche di entusiasmo e di voglia di fare. Sarà dura anche per loro. Ma bisogna provarci. La Basilicata può vivere o morire, dipende dai lucani. Una bella dichiarazione di dipendenza da noi stessi potrebbe salvarci.