Poco saggio accorpamento piccole regioni

15 aprile 2013 | 13:36
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Poco saggio accorpamento piccole regioni

“Nel quadro di un riassetto delle autonomie regionali, mi sembra “poco saggio” prevedere l’ipotesi  di accorpamento, sia pure su base volontaria, delle Regioni di piccole dimensioni, nonostante l’obiettivo ampiamente condivisibile di garantire un governo piu’ efficiente”. E’  il commento del Presidente della Seconda Commissione (Bilancio-Programmazione) Antonio Autilio (IdV) al capitolo che il gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali, nominato dal Presidente Napolitano, ha dedicato al rapporto fra Stato e Regioni.

“Non vorremmo che il nuovo Governo che verrà con il Parlamento appena eletto – aggiunge – possano riprendere un’iniziativa che per noi è dannosa e che non porta alcun risultato in termini di governance territoriale, confondendo i costi della politica con i bisogni di governo dei problemi e quindi delle comunità locali. Pertanto i nostri parlamentari, come quelli delle cosiddette Regioni di piccole dimensioni,  farebbero bene a tenere gli occhi ben aperti e a contrastare vecchi e nuovi disegni che, tra l’altro, troverebbero terreno fertile tra i nuovi amministratori regionali del Nord, come dimostra l’ultima trovata leghista di nominare “Ministro” delle Regioni del Nord l’assessore all’agricoltura con il “mandato” di trattare direttamente con l’Unione Europea e non con il Ministro per le Politiche Agricole e Alimentari del Governo Italiano. Senza volerci chiudere a riccio in una difesa localistica, se vogliamo realizzare il riordino delle autonomie regionali senza privare territori regionali della propria istituzione più rappresentativa – continua Autilio – si potrebbe rovesciare il ragionamento e riprendere i progetti, come quello della “Grande Lucania”, per ridefinire i confini geografico-amministrativi, tenuto conto del nostro modello di piccola regione virtuosa nella spesa pubblica che dimostra che piccolo non significa sprechi ”. 

Per il presidente della Seconda Commissione “è invece positivo che la relazione del gruppo dei saggi individui la necessità di strumenti di cooperazione e coordinamento istituzionale tra Enti Locali, tra diverse Regioni, tra Stato e Regioni. Inoltre viene ribadito che il punto piu’ critico del nuovo titolo V della Costituzione approvato nel 2001 è rappresentato dalla ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni (Art. 117), e in specie dalla enumerazione delle materie di competenza concorrente. Il Gruppo di lavoro – si legge nella relazione – propone percio’ che con un disegno di legge costituzionale ad hoc siano introdotte alcune limitate modifiche all’articolo 117 della Costituzione. Esse – spiegano i saggi – dovrebbero prevedere  che l’elenco delle materie di competenza concorrente sia radicalmente sfoltito, assegnando alla competenza esclusiva dello Stato le grandi reti di trasporto e navigazione, i porti e aeroporti civili di interesse nazionale, la attivita’ di produzione e trasporto di energia di interesse nazionale, l’ ordinamento della comunicazione e le reti di telecomunicazione di interesse nazionale, attribuendo conseguentemente alla potesta’ legislativa regionale le infrastrutture e le reti di interesse regionale e locale e i porti turistici. Diventa perciò indispensabile – commenta Autilio – un approfondimento della questione in relazione al fatto che in Basilicata, come è arcinoto, si realizzano le più rilevanti attività petrolifere il cui controllo, secondo l’orientamento dei Ministri-tecnici del Governo Monti,  spetterebbe quasi in via esclusiva allo Stato”. 

“Inoltre, in materia di federalismo fiscale, i saggi hanno fatto bene ad evidenziare che la riforma della finanza locale e regionale avviata con la legge 42/2009 sul federalismo fiscale e con i successivi decreti legislativi è stata frenata dalla crisi economico-finanziaria. Condivisibili infine sono le indicazioni di approvare la Carta delle Autonomie per la specificazione delle funzioni amministrative degli enti locali e prevedere la drastica semplificazione dei livelli intermedi di amministrazione tra Regione e Comune; assegnare a ciascun livello di governo imposte proprie; determinare le capacità fiscali standard di ogni ente, opera che a differenza di quella relativa ai costi e fabbisogni standard non è mai cominciato; rivisitare il patto di stabilità interno e la legge rafforzata di bilancio, per consentire forme di flessibilità anche a livello regionale”.