Pittella, De Filippo, la padella e la brace
La padella è la situazione politica e amministrativa che abbiamo imparato a conoscere in questi lunghi anni. Le giunte stravaganti di De Filippo, le sue inversioni a “U”, l’incapacità di dare un futuro a questo martoriato territorio. Le clientele, lo sperpero di denaro pubblico, l’arroganza del potere costituito, le lotte intestine all’interno dei partiti. La padella è una politica a misura di pochi, fatta di consorterie locali, di decisioni assunte in base alle prospettive di carriera individuali. La padella è questo e molto altro. La brace? Gli avvoltoi che si sono abbeverati a questo sistema, che lo hanno usato e che adesso si propongono come critici feroci pronti all’alternativa. Alla svolta. Quale svolta? Togliti tu che mi metto io. Avvoltoi pronti a sfruttare la succulenta occasione delle difficoltà in cui si trova il governo De Filippo e quella parte del Pd che l’ha fatta da padrone fino a d oggi. Un tale Marcello Pittella, capo indiscusso del consenso in quel di Lauria e dintorni, uomo del Pd, assessore nel governo De Filippo, scrive cose gravissime. Scrive, a proposito dell’ennesima nuova giunta che nascerà dalle macerie del voto politico, che “non consentirò inciuci e soluzioni di facciata”. Rilascia dichiarazioni sconcertanti: “giunte esterne con inciuci o presta nomi non se ne possono fare”. Sarebbe opportuno che Pittella chiarisca queste sue gravi affermazioni. Vuol dire che la Giunta uscente aveva dei presta nome? Vuol dire che De Filippo ha in mente una governo regionale fantoccio? Ci spieghi Pittella, ci spieghi. Diciamola tutta. Avevamo scritto che dopo il voto del 24 e 25 febbraio si sarebbe aperta nel Pd lucano, e non solo nel Pd, una lunga notte dei coltelli. Tutti contro tutti, per salvarsi il fondoschiena. Pittella, che schiamazza per conservare e magari rafforzare il suo potere personale, sa bene che gli altri, a cominciare dal presidente De Filippo, hanno per se lo stesso obiettivo. Il problema dunque, per i lucani, non è chi tra questi la vince. Chiunque vince, perde la Basilicata. Non abbiamo bisogno di abdicazioni monarchiche, o di sostituzioni di feudatari a vantaggio di nuovi feudatari. Abbiamo bisogno di un cambiamento vero che passa attraverso l’abbattimento del feudalesimo politico e sociale di cui la Basilicata è vittima fin dai tempi dell’Unità d’Italia.