Quando la fine del mondo diventa arte

16 gennaio 2013 | 18:07
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Quando la fine del mondo diventa arte
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Quando la fine del mondo diventa arte

24 artisti lucani interpreti del Nuovo Tempo. Il dibattito alimentato e gonfiato ad arte attorno alla profezia dei Maya, allo scoccare del fatidico 21.12.12, pare essere approdato più che ad una scongiurata catastrofe planetaria ad una vera e propria bufala mediatica dai confini globali. Eppure l’interrogativo ‘fine del mondo o inizio di una nuova Era?’ resta per molti ancora valido se, di fronte alla costatazione che ‘oggi siamo ancora tutti qui vivi e vegeti’, si prenda per buona l’unica opzione che resta (o resterebbe) ancora in piedi: l’inizio di una nuova Era, appunto.

Nell’ampia collettiva d’Arte Pubblica, intitolata “21.12.12. Profezie. Miti. Visioni. L’arte lucana e il Nuovo Tempo”, 24 artisti lucani indagano il tema secondo stili e ricerche del tutto personali, aprono interessanti orizzonti di forma e di senso con risultati di grande e originale valore. Opere pittoriche, fotografie, sculture, assemblaggi: le tecniche e i molteplici linguaggi dell’arte contemporanea indicano riflessioni ed interpretazioni a cui solo l’Arte può approdare. Sposando la consapevolezza che ‘di certo l’umanità così non può più andare avanti’, rivalutano la tesi per cui il ‘nuovo Ciclo’ indicato dai Maya sarebbe da ricondurre ad una rinnovata presa di coscienza, all’urgente necessità di un consapevole e pieno cambiamento.

Ciclicità ricorrente. Nella mostra ritorna a più riprese quella dimensione ‘circolare’ identificativa del calendario Maya. Il rimando è particolarmente esplicito nell’opera pittorica di Giulio Giordano interessato ad indagare in “Calendario vortice” il fascino del profilo e delle fattezze fisiche di un uomo ormai lontano nel tempo. E’ evidente nella “Medusa” di Gali che adornata di segni e simboli arcaicizzanti, squadra la tela, la connota di rosso e di un totem centrale. E’ presente anche nell’assemblaggio materico di Giovanni Cafarelli che in “AmMA(l)YAti” gioca con il titolo e l’applicazione di schegge o cocci variamente decorativi e simboli dall’eco ancestrale. Nelle due facce del tondo sospeso in aria di Vito Palladino “Incontro tra micro e macro”: indagatore del rapporto tra individui e, specularmente, di quello tra l’uomo e il cosmo. Tralascia, invece, ogni ambizione di perfezione la dimensione circolare pulsante di materia di Salvatore Sebaste in “Per Grazia ricevuta”: la tela trasuda di applicazioni materiche e vegetali all’interno di una traccia-resina ovale. Mentre è da osservare con più attenzione la circolarità dell’opera di Vito Masi che in “Mirror question” congiunge le mani e le due fedi, unite a formare un infinito, in una dimensione circolare da leggere in proiezione sullo sfondo e in sovrapposizione nel bianco e nero della fotografia.

Ottimistiche visioni. Ampio spazio per slanci fiduciosi in vista di ‘un nuovo inizio’ nella convinzione che l’auspicato quanto mai urgente ‘cambio di passo’ a livello universale sia possibile solo se l’uomo, fatta mea culpa, si ferma ripiegandosi su se stesso e consegna alle future generazioni un’elevazione, nel segno di un ritrovato equilibrio tra Uomo e Natura, tra identità e diversità, tra popoli, tra esseri viventi. Come a farsi portavoce di questa ‘missione’ il delicatissimo assemblaggio di Salvatore Comminiello: in “Elevazioni” gioca con applicazioni geometriche e preziose di rimando orientale. Proiettati con convinzione verso la dimensione naturalistica, prioritaria emergenza cui far fronte, l’immagine fotografica di Francesco La Centra “Organigramma di un attimo” che inneggia alla maestosità della Natura mettendo in prospettiva un tronco reciso con un albero dalla chioma rigogliosa; l’elaborazione digitale di Teri Volini “Full immersion”, sovrapposizione dell’opera pittorica all’immagine dell’artista stessa, in coerente proseguo con la più ampia azione di sensibilizzazione che conduce da anni in favore di un rinnovato rispetto per la Madre Terra. Nell’opera pittorica di Canio Franculli “L’uccello e il cacciatore” il richiamo al ‘reciproco rispetto’ tra l’uomo e tutte le creature è da leggere nella metafora di ordinaria sopraffazione dell’uomo sulle specie più indifese tra lampi di proiettili. “Bandiere senza frontiere” di Arcangelo Moles è, infine, un puzzle geometrico e regolare che vuole essere un inno all’integrazione e al superamento di ogni barriera tra i popoli.

Il fondo da cui risalire e la solitudine. Ispirati a denunciare possibili derive ‘in negativo’ della contemporaneità che pare abbia toccato il fondo da cui ora poter risalire, alcuni artisti attingono ad una visione più apocalittica della realtà. Il rituale zoomorfo che affascina solo con l’illusione o l’inganno di sé de “Il porco e le fanciulle” di Antonio Masini rinvia alla vana rincorsa di entusiastiche e goliardiche spettacolarizzazioni che rivivono nella società di oggi, contribuendone alla decadenza morale e spirituale. Grida di costernata e paranoica impotenza l’urlo bianco-marmoreo di Francesco Fai “2012 space paranoia”: strizza l’occhio Munch ma si eleva a mitologica forma tridimensionale nascondendo nel retro un sorprendente ‘vuoto’ cerebrale. La concezione di una vera e propria ‘lotta per la sopravvivenza’ è l’orizzonte di senso in cui si muovono anche: Amikò che si affida al figurativo ne “La bestia all’angolo” incastrando il simbolo del male in un punto senza più via di fuga, mentre il mondo può continuare il suo destino; la sinuosa scultura in ferro “Drago” che Sabino Lino dota con estrema originalità di una bombola d’ossigeno; l’elaborazione fotografica di Filippo Verova che in “LGM-30 Minuteman the servivor” lascia alla sopravvivenza dell’uomo, ormai solo e schiavo della dimensione di un vana ‘realtà-minuto’, l’unica via della maschera antigas e dell’arma-osso in pugno. La stessa condizione di solitudine umana ritorna, ma in chiave positiva e luminosissima, nella fotografia di Vito Antonio Telesca che sul taglio obliquo di un vastissimo deserto-cielo lancia proiezioni entusiastiche sul futuro e sul proseguo di un’umanità vittoriosa con “Noi ci saremo!”.

Astratto e figurativo: tra catastrofi e pacifiche visioni. L’astratto e il linguaggio aniconico ben si prestano a dare interpretazione ad incredibili accadimenti, tra teorie scientifiche, misteri e ordinaria degenerazione. Cesare Fazio in “Impatto” lascia intravedere la caduta di un asteroide sulla Terra; Archimia Mediterranea in “Big Bang” si abbandona al fascino di abbaglianti fasci di luce abilmente scomposta;  Maria Lioi  in “Derealizzazione” cala nel centro della tela una presenza bianco-trasparente lasciando immaginare presenze aliene; Nicola Filazzola compone di macchie di colore, quasi nuvole, “Dentro la città” lasciando campo libero all’invasione di rifiuti.
Al figurativo spetta invece la peculiarità di ritrarre una realtà decisamente più distesa, inesorabile nel suo fluire. Lo fanno, ciascuno a suo modo: Felice Lovisco che nella sua rappresentazione pittorica àncora il Nuovo Tempo all’episodio biblico della “Fuga in Egitto”; Maria Grazia Tarulli con linguaggio surreale cala “Malinconia” in un quieto paesaggio fluviale che è sguardo mesto sulla caducità delle cose, della vita, della storia. Spetta, infine, alla coppia Enzo Bomba-Katia Stain, che partecipa alla collettiva in due come se fossero uno rispettivamente con le opere “Ciclista nelle nuvole” e “Gli sposi”, la ri-affermazione della vita in tutta la sua bellezza: condizione possibile solo se non viene mai meno la capacità dell’uomo di amare e di gioire. 

Una doppia esposizione di Public Art. In un continuum tra spazi pubblici ‘chiusi’ e ‘aperti’ la mostra, ideata e organizzata dall’Associazione culturale potentina Art&venti2012, segue una formula già sperimentata in analoghe esperienze espositive messe in atto dall’Associazione negli ultimi anni. La mostra, che si connota per il suo carattere ‘duplice’, resterà esposta fino al 21 gennaio nelle ‘forme e dimensioni reali’ in un percorso che si snoda tra l’atrio e i primi due piani del Palazzo della Prefettura e della Provincia di Potenza in Piazza Mario Pagano, per la prima volta aperto ad accogliere al suo interno un’esperienza espositiva, e in permanenza fino a marzo nelle riproduzioni su pannelli forex lungo la ‘galleria a cielo aperto’ di viale Dante. L’evento si avvale del patrocinio del Comune e della Provincia di Potenza.