Moria di carpe nel Pertusillo

23 gennaio 2013 | 17:49
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Moria di carpe nel Pertusillo

Dove stanno i dettagli delle analisi fatte dal professor Francesco  Fracassi dell’Università di Bari nella relazione peritale che ha portato all’archiviazione dell’inchiesta sulla moria di carpe del Pertusillo, nel 2010, dovuta, secondo il Ctu, alle biotossine algali?

La Ola, Organizzazione lucana ambientalista, chiede che venga resa pubblica la metodologia e il periodo dei prelievi e dei campionamenti fatti dal professore dell’Università di Bari: dove, come e quando sono stati fatti!

Perché se li ha fatti, ad esempio, sul lato sud ovest della diga, e magari dopo un buon acquazzone, può non aver trovato nulla, ma dubitiamo che non abbia trovato metalli pesanti, idrocarburi e nutrienti vari lungo il lato orientale, sotto i torrenti Spretizzone e Scannamogliera, tra i cui letti si trova la maggior parte dei pozzi petroliferi della Val d’Agri ed versanti del centro olio di Viggiano. Sotto i quali più analisi indipendenti hanno trovato idrocarburi e metalli pesanti anche nei sedimenti – e non solo nelle acque – della diga del Pertusillo.

L’acqua è l’elemento principale della catena alimentare umana, dato che si beve se potabile e si mangia se è acqua utilizzata per irrigazione o per l’abbeveraggio degli animali. Non va assolutamente bene che un’indagine così delicata e così socialmente avvertita dai lucani e dai pugliesi si debba ridurre a una notizia generica letta sui quotidiani lucani. I quali hanno sprecato righe intere a commentare l’archiviazione e nessuna parola sui dati e sui tempi dei rilievi fatti da Fracassi. Li hanno avuti e non pubblicati nel dettaglio o non sono stati forniti?

Affermare che la morte delle carpe del Pertusillo è avvenuta per colpa delle biotossine algali è come dire di aver scoperto l’arma del delitto usata per la moria di pesci, ma di non aver individuato il colpevole di tale moria. Le biotossine algali, secondo la Ola, sono dovute all’eutrofizzazione  del lago e l’eutrofizzazione è dovuta a sua volta a una presenza eccessiva di nutrienti come l’azoto, il fosforo e anche lo zolfo. Dunque, la domanda che la Ola si aspetta venga spiegata dalla 
relazione di un perito del Tribunale è: chi ha riempito la diga che dà da bere a milioni di persone e a migliaia di capi di bestiame e irriga qualche milione di ettari di campagna di nutrienti così nocivi alla salute umana e ambientale? Azoto e fosforo vengono dai depuratori fognari malfunzionanti o da quelli abusivi?  Bene, chi sono i responsabili? Lo zolfo viene da processi di desolforizzazione del petrolio? Bene, ci sono responsabili individuabili nell’area della Val d’Agri di questo processo di desolforazione?

Persino l’Arpab, nel 2011, nel Pertusillo, ha trovato gli Ipa, Idrocarburi Policiclici Aromatici, mentre il professor Fracassi, nella sua “non relazione peritale” trova solo gli effetti (le biotossine algali), ma non i colpevoli di tale eutrofizzazione.

La Ola ricorda che il professor Fracassi non è nuovo a perizie sullo stato di salute dell’ambiente lucano. È stato il Ctu dell’inquinamento nell’area dell’inceneritore di Melfi ed è stato anche il Ctu della fonte Acqua dell’Abete a Calvello. Acqua dell’Abete è una fonte presente a 1200 metri di altitudine nel parco nazionale della Val d’Agri. È inquinata, secondo la relazione peritale di Fracassi dell’aprile del 2011, da manganese, bario e cromo, ma non da idrocarburi. L’assenza di idrocarburi fu il motivo per cui lo stesso perito del Tribunale, secondo le ricostruzioni lette sui quotidiani del tempo, assolse l’Eni da eventuali responsabilità, relegando tutto a un’accusa di reato contro ignoti. Nella sorgente acqua dell’Abete ancora fuoriescono le stesse sostanze nonostante l’indagine sia stata 
archiviata.

La Ola ricorda che alle altitudini di Acqua dell’Abete, regno di pascoli ed escursionisti, è presente solo un’attività industriale, il pozzo dell’Eni, il Cerro Falcone 2, che è un pozzo inattivo (è stato bloccato perché la Ola ha dimostrato che era dentro il parco della Val d’Agri ed all’interno di una ZPS sul quale pende una procedura d’infrazione comunitaria) e che pertanto non è mai stato estrattivo. Per cui, al di là di un’estrazione dimostrativa di petrolio (per saggiarne la qualità), il pozzo in questione non ha mai potuto far scorrere ufficialmente idrocarburi al suo interno. Cerro Falcone 2, però, è un pozzo che sarabbe stato perforato più volte e avrebbe avuto problemi durante le sue perforazioni. E coincidenza vuole che cromo, manganese e bario (quest’ultimo non è presente in natura, ma è un 
derivato della barite) potrebbero anche essere sostanze derivanti dalle attività minerarie di perforazioni.

Secondo la Ola, le relazioni peritali del professor Fracassi lasciano alcuni dubbi rispetto alle richieste di verità di migliaia di cittadini lucani sempre più esigenti sulla qualità dell’ambiente in cui vivono. Pertanto, nel ribadire e nell’augurarsi che vengano resi noti maggiori dettagli scientifici della relazione del professor 
Fracassi sulla moria di carpe nel 2010, l’associazione ambientalista lucana chiede che per le prossime relazioni peritali ci sia una maggiore garanzia per i cittadini, assicurando un turnover di specialisti chiamati al ruolo di Ctu del tribunale di Potenza.