Fenice, il sindaco di Melfi è omissivo?

23 gennaio 2013 | 18:50
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Fenice, il sindaco di Melfi è omissivo?

Appena insediato il sindaco Valvano andò a fare alcune passeggiate ecologiche nello stabilimento di Fenice tranquillizzando tutti; successe il cataclisma: rinvii a giudizio, commissioni che indagavano a tutti i livelli e da tutte le parti e per il sindaco non fu il tempo delle passeggiate ecologiche ma di lavorare per la messa in sicurezza e per la bonifica del sito, per capire in generale attraverso una rete di monitoraggio più ampia quale fosse lo stato dell’arte intorno a Fenice. In realtà oggi, a distanza di quasi 4 anni da quando il caso Fenice è scoppiato pubblicamente sembra che si stia pestando ancora l’acqua nel mortaio eppure ci sono state decine di conferenze di servizio atte a valutare il rischio e si è discusso di tutto quello che si sarebbe dovuto intraprendere per venirne a capo. Vi sono stati piani di bonifica approvati e rigettati, ricorsi al Tar da parte di Fenice su tutta la vicenda- ben 2. La parte più suggestiva è spettata all’Arpab che  in questi 4 anni con gli alambicchi in tasca ed a cadenza bimestrale si è recata al capezzale dell’infermo ed ha sentenziato: l’inquinamento c’è ed è cangiante sia per i valori fuori  soglia sia per le  sostanze inquinanti. Solo una volta Arpab ha volato alto ed è stato quando ha detto al magistrato amministrativo che la situazione era in via di  risoluzione e che l’inquinamento stava rientrando, quella volta Arpab lasciò da parte gli alambicchi e consultò il libro della cabala; fu così che   il magistrato autorizzò la ripresa dell’attività di Fenice.
Torniamo al nostro, al buon sindaco Valvano che ha ricevuto il mandato in data 26 Luglio 2012 dalla giunta comunale di Melfi di: A) attivare tutte le Iniziative di MISE; B) far sospendere l’air sparging ed il soil vapor extraction, si trattava in parole povere di sospendere il lavaggio delle falde e di smettere quello che comunemente si chiama la terapia dell’aerosol e queste due cose sono state interrotte anche perchè erano un costo per l’azienda; C) far estendere il monitoraggio a pozzi costruiti anche oltre il sito di Fenice e la Regione, infatti, aveva messo a sua disposizione risorse per farlo; D) utilizzare ed anche senza indugi l’uso di liquidi traccianti per sapere se vi erano ancora  delle perdite  o meno di liquidi nelle falde malgrado gli interventi di manutenzione straordinaria effettuati sull’impianto.
Tutto è rimasto lettera morta escluso il punto B e nessuna iniziativa è stata intrapresa e l’inquinamento delle falde continua. Che tutto quanto appena illustrato  sia atteggiamento omissivo ci pare fin troppo chiaro. Il ricorso in pendenza presso il Tar di Basilicata presentato da Fenice viene visto quale limite ostativo per procedere. Nulla di più falso perchè la discussione sulla bonifica, se mai avverrà, è aperta ma l’uso dei liquidi traccianti sono fatti ovvi e si sarebbero dovuti utilizzare fin dal primo momento in cui si è venuto a conoscenza dell’inquinamento. Al monitoraggio più esteso ed ampio che tra l’altro sarebbe avvenuto utilizzando risorse pubbliche perchè non è stato dato corso? Tralasciamo in questo momento ogni polemica ma ribadiamo che l’uso, anche se tardivo, dei liquidi traccianti non è più rinviabile perchè occorre la certezza che Fenice non continua ad inquinare le falde acquifere, solo dopo si potranno e si dovranno assumere le decisioni del caso.

X Città Plurale- Matera, Pio Abiusi