Distretto del mobile imbottito: miracolo eclissato

27 dicembre 2012 | 11:54
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Distretto del mobile imbottito: miracolo eclissato

A tre chilometri da Matera, area industriale di Jesce, si contempla l’ultimo dissesto del mobile imbottito: divani e poltrone per abbellire il salotto italiano e estero. Lo stabilimento chiuso e abbandonato, intorno cani randagi famelici sul citofono la scritta “Incanto Group”. Era una società a responsabilità limitata, presidente Giovanni Sforza. Il Tribunale in data 15 maggio 2012 nomina tre commissari giudiziali (Ugo Patroni Griffi, Giuseppe Parisi, Giuseppe Bellomo). Apre il concordato preventivo e consente la possibilità della cassa integrazione straordinaria a 193 dipendenti. L’8 novembre scorso i giudici, IV sezione civile, decretano il fallimento di Incanto Group. Motivo? Difficoltà finanziarie. Sembra che i debiti ammontino a 47 milioni di euro. L’azienda avrebbe messo a disposizione immobilizzazioni materiali e immateriali per un valore stimato di 27 milioni, sufficienti per pagare i creditori. Tragica la situazione degli operai e tecnici di Incanto Group. Non ricevono, dal 7 maggio 2012,  il misero sussidio economico. Perché? Questioni burocratiche nel completare la pratica di cassa integrazione. I vertici del Ministero dello Sviluppo economico hanno assicurato che il denaro sarà elargito prima delle feste natalizie. Nel frattempo le maestranze di Incanto Group di Matera e dintorni tirano a campare male. In cerca di un lavoro qualsiasi che non c’è: nella Città dei Sassi la percentuale dei disoccupati svetta al 55%. “Siamo stanchi-dice Rocco P. disegnatore- non crediamo più alle promesse. Io ho 40 anni e vado avanti grazie ai miei familiari. Fino a quando?”.

C’era una volta il distretto. Oggi, dicembre 2012, in Basilicata ci sono 46 salottifici, duemila occupati, 200 milioni di euro fatturato. In Puglia le aziende sono 100, 2.500 i dipendenti, 500 milioni il fatturato. Nell’anno 2010 il Distretto appulo-lucano contava 125 imprese e seimila unità lavorative. A fine 2001 le imprese erano 534, gli addetti alle lavorazioni 14 mila, il fatturato nella misura di 2,2 miliardi di euro. Attraversando come Matera, Ferrandina, Montescaglioso, Altamura, Santeramo, Laterza ci si imbatte nella scia sgangherata e urbanisticamente abusiva di capannoni in cemento armato inutilizzati o sotto sequestro giudiziario o incendiati. Sono gli scarti edilizi e industriali di un miracolo economico che ha baciato un territorio a vocazione agricola e pastorale. Fatto esplodere consumismo, finto benessere e manomissione di ambiente e paesaggio. Eclissato nel giro di pochi anni: dal 1989 al 2001. D’altronde l’ideazione e messa in opera di divano e poltrona è un’intrapresa a basso contenuto tecnologico. Imitabile da qualunque concorrenza. Made in China e, da ultimo, made in India o Paesi balcanici. Pertanto un ciclo produttivo terminale, con destino segnato che non possiede il ricercatissimo vantaggio inimitabile.

Boom e familismo. Negli anni del boom commerciale non è stata creata una scuola di alta formazione per il “Salotto”. Non un centro ricerche e innovazione del comparto arredo e legno. Ah, la Basilicata è straricca di boschi e il legname usato per divani e poltrone comprato da America, Australia e Canada. Primeggia, e ha dominato, la logica di ognuno per sé e relativa cerchia parentale. (…)

La vita tra cassa integrazione e slot machine. Giusto un anno fa ad Altamura si compie la visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Solo un pugno di operai, nove, ha rappresentato al Capo dello Stato la crisi irreversibile dei salottifici e il dramma di una vita senza futuro. E gli altri dipendenti del Distretto che comprende Matera, Santeramo, Montescagliso, Laterza, Altamura, Gravina? Bazzicano nel limbo della cassa integrazione ordinaria e straordinaria, della cosiddetta “mobilità” che precipita nell’inoccupazione, del lavoro sottopagato. Difficile sopravvivere con 600-800 euro al mese. (…) Altri, dopo il licenziamento, sono costretti a sottovivere nei meandri del pre capitalismo denominati “contoterzisti del Salotto”: ex operai di grandi e medi gruppi industriali che hanno messo su una piccola impresa che campa grazie al “… massimo ribasso del sub appalto esasperato”, con un costo al minuto che oscilla tra 0,26-0,21 centesimi di euro. Molti si affidano alle magie insensate del Superenalotto, Gratta e Vinci, delle stars televisive, delle slot machine e scommesse via Internet. Tutti aspettano, rassegnati e indifferenti, il giorno finale del sostegno monetario statale. Che succederà nel 2013 ai duemila ex occupati dei salottifici, a cui scade la proroga della cassa integrazione?

L’accordo che (forse) verrà. Il 15 marzo 2006 si fece vivo il Ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola. Dentro le stanze semi lussuose della Prefettura di Matera appose le sue generalità di rappresentante del Governo Berlusconi al Protocollo d’intesa in favore del Distretto del Salotto. Tutti felici e contenti. A cominciare dal chilometrico codazzo di vecchi e giovani-vecchi politicanti e “intraprenditori” di Puglia e Basilicata, d’ogni colore partitico. (…) E l’accordo siglato? Nulla di fatto, carta straccia elettoralistica. Intanto il mutamento epocale che va sotto il nome di globalizzazione colpisce a morte il settore che inventa e costruisce salotti di alta e bassa qualità. Passano più di sei anni. Nel corso di maggio 2012  Regione Basilicata e Regione Puglia, Governo, sindacati e confindustriali riprendono a svolgere conferenze incontri e riunioni. (…) Si approva un documento con l’assenso di Ministero Sviluppo, Regioni, Province di Bari, Matera e Taranto, Comuni, Italia Lavoro spa. Fine novembre 2012. Si ha notizia di una bozza d’accordo che ha per argomento: “Riconversione e rilancio del Distretto Salotto”. Previsto un finanziamento pubblico di 80 milioni di euro. Quaranta milioni dovrebbe sborsare lo Stato, venti a testa promessi da Regione Puglia e Regione Basilicata. Per fare? A quanti intendono investire sul territorio verrà dato un contributo in conto esercizio annuale di 10 mila euro per ogni lavoratore (in cassa integrazione, appartenente alla filiera dei salottifici) assunto a tempo indeterminato, deduzione per due anni della base imponibile Irap del costo del lavoro, esenzione Imu. Il finanziamento di strutture logistiche, servizi comuni, energia, formazione professionale. Presentate, da parte di compagini pubbliche e private, manifestazioni d’interesse che sviluppano investimenti per 543 milioni di euro nella produzione e 79 milioni in ricerca e innovazione. L’occupazione prevista è di 1828 persone. In Basilicata le aziende proponenti sono 25 nel comparto produttivo e 28 in ricerca e sviluppo per un totale presunto di 941 posti o occasioni di lavoro. L’ultima parola per l’elargizione del denaro pubblico spetta, in primis, al Presidente del Consiglio Mario Monti; la firma è di competenza del Ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera. Vista l’anticipata dismissione del Governo Monti e registrato l’arrembaggio partitocratico agli ultimi provvedimenti  monetari statali, qualcuno, a Roma, si ricorderà di sottoscrivere almeno una promessa di finanziamento pro distretto del Salotto?

“Io ho messo i miei soldi”. Vive nel mondo dei Salottifici di Puglia e Basilicata dal 1977. All’insegna di sacrifici e successi. Nasce operaio, diventa padrone. Crea l’azienda con non pochi dipendenti, esporta in America  e Nord Europa. Ma a partire dall’anno 2000 è dura sopravvivere. Nicola P. ha il pregio dell’argomentare chiaro. “L’accordo di programma per il Distretto è una presa in giro- dice- Con 80 milioni non si risolve la situazione. Troppi imprenditori sono alla disperazione. Quei soldi basterebbero forse solo per il Gruppo Natuzzi. Invece bisogna premiare chi mantiene la vera occupazione. Niente incentivi o bandi pubblici che si rivelano troppo complicati. Ci si lamenta che i fondi europei tornano a Bruxelles. Certo, perché i bandi finanziano l’internazionalizzazione. Ma se io produco nel Sud Italia chi mi finanzia? Io per aprire l’azienda ho messo i miei soldi- ammette Nicola- ho fatto persino asfaltare la strada e l’impianto di illuminazione pubblica. Le cosiddette istituzioni sono arrivate molto dopo. In realtà siamo stati e siamo penalizzati rispetto ai nostri competitori nazionali e esteri. Ogni giorno che passa la disoccupazione aumenta. Siamo conosciuti in tutto il mondo ma non siamo uniti. Qui poi c’è una vera e propria malattia: rubarsi le idee e i segreti industriali, commerciali tra le aziende. I salotti che si fanno oggi sono fatti dieci volte peggio di quelli fatti da cinesi, e costano di più. Non bisogna maledire la Cina. Secondo me il nemico è in casa e con la manodopera al nero il divano costa pure 500 euro. Con questi prezzi – conclude l’imprenditore-è quasi impossibile fare impresa e competizione. Il futuro? Non esiste, dipende solo da noi. Senza aspettare assistenzialismo e promesse a vuoto. Come accaduto 25 anni fa, quando in solitudine inventammo la fabbrica e il commercio di poltrone e divani”.

(ARTICOLO DI NINO SANGERARDI)