Ex “Dead man walking” a Melfi per dire no alla pena di morte

26 novembre 2012 | 13:35
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Ex “Dead man walking” a Melfi per dire no alla pena di morte

Shujaa Graham è un ex condannato scampato dal braccio della morte in California, è stato uno dei tanti “dead man walking”, marted’ 27 novembre sarà a Melfi, in provincia di Potenza, e sarà testimone dell’iniziativa del Comune federiciano e della Comunità di Sant’Egidio “Città contro la pena di morte”.

All’iniziativa con gli studenti, in programma alle 10.30 al Liceo Scientifico di Melfi prenderanno parte oltre a Shujaa anche il sindaco, Livio Valvano, il vescovo, Gianfranco Todisco ed  il referente della Comunità di Sant’Egidio, Giuseppe Gabrielli.
“Con la delibera n 59 del 21 dicembre dello scorso anno –  ha precisato il sindaco Valvano-  l’assise consiliare ha dichiarato Melfi Città per la Vita contro la pena di morte aderendo alla risoluzione delle  Nazioni Unite. E’ doveroso che una comunità possa far crescere la consapevolezza anche nell’opinione pubblica, di contribuire al processo di eliminazione della pena capitale innescato grazie alla campagna di sensibilizzazione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio”.
Dal 2002 la Comunità di Sant’Egidio ha lanciato la prima Giornata Mondiale delle “Città per la vita-Città contro la Pena di morte”. Tra le 1527 città che hanno detto si alla mobilitazione c’è  da un anno anche la Città di Melfi.

Shujia Graham viene dalla California. La sua la sua era un’umile famiglia afroamericana di contadini che lavorava duramente tra sfruttamento e discriminazioni nelle grandi piantagioni del Sud. Il teatro della sua infanzia e adolescenza furono le strade dei sobborghi poveri di Los Angeles. Le porte degli istituti giovanili di rieducazione si aprirono e si chiusero spesso per lui. A 18 anni l’ingresso nel carcere di Soledad. Presto tra i detenuti diventò il leader del movimento Black Prison, in stretta connessione con il gruppo delle famose Pantere Nere. Imparò da solo a leggere e a scrivere, cominciò a studiare, divenne un uomo istruito. Nel 1973 fu coinvolto nell’assassinio di una guardia carceraria a Stockton. La comunità afroamericana di tutta la California si mobilitò per la sua difesa. Entrò nel braccio della morte di San Quentin nel 1976 dopo essere stato condannato da una giuria di soli bianchi. Fu così, allora, che la Corte Suprema della California nel 1979 commutò la sentenza della pena capitale. Ma Shujaa, insieme al suo amico co-imputato Eugene Allen, proseguì il suo impegno volto a dimostrare la sua innocenza. Ci vollero ben quattro processi prima che la sua estraneità ai fatti fosse provata”.