Una pillola amara

30 ottobre 2012 | 11:21
Share0
Una pillola amara

Non è stato sufficiente che il Tribunale del Lavoro desse torto all’Ospedale di Potenza in riferimento alla sanzione disciplinare appioppata al dott. Strangio per aver proferito espressioni lesive della figura del Direttore Generale. Non è stato sufficiente che l’Ospedale venisse condannato anche a pagare le spese di lite, oltre a dover pagare il proprio avvocato, fatto arrivare, per l’occasione, da Matera. Non è bastato tutto questo perché il “furore”, ”l’ira”, della Direzione Generale dell’Ospedale di Potenza si placasse. No! si voleva, masochisticamente, di più.

Si voleva un giudizio collegiale, una nuova condanna alle spese, e una nuova parcella da pagare, beninteso e ovviamente a spese di tutti. E così è stato. Infatti, il Tribunale di Potenza, adito dall’Ospedale per veder riformato il provvedimento che aveva annullato la sanzione inflitta al dott. Strangio, non solo ha confermato la decisione del giudice monocratico, non solo ha condannato anche noi a pagare gli avvocati, ma ha anche affermato che le dichiarazioni del dott. Strangio erano espressione del suo diritto di critica e non offendevano nessuno.

A questo punto c’è da chiedersi quanto sia giusto, o economico, o opportuno, promuovere un giudizio di reclamo al solo fine di punire un medico, ossequioso del proprio dovere, per l’orgoglio ferito del Direttore Generale. Ma forse è il caso di riassumere la vicenda cui già feci cenno nel post “Bancario a me?”.

In un contesto ospedaliero reso elettrico dalle difficoltà oggettive, dalla mancanza di strumenti, e dalla incomunicabilità fra medici e dirigenti, il dott. Strangio ebbe a lamentarsi della Direzione Generale, definendo- correttamente, vista la provenienza professionale – un bancario il Dirigente dell’Ospedale, e lamentando la mancanza di conoscenza di quest’ultimo con riferimento all’attività medica specifica. Il tutto avveniva in un discorso “a due” a margine di un massacrante turno notturno.

Evidentemente offeso, il Direttore promuoveva un procedimento disciplinare che si abbatteva spettacolarmente – viste le modalità di notifica – sulle spalle del dott. Strangio. Umiliato da un provvedimento ritenuto sommamente ingiusto, il medico chiedeva, in via di urgenza, l’annullamento del provvedimento. Il Tribunale gli dava ragione. Ma l’ospedale non digeriva la decisione che aveva posto nel nulla la sanzione all’atto di “lesa maestà” nei confronti del reggente. E, a spese nostre, dava incarico di proporre reclamo, quasi si trattasse di una questione talmente importante da giustificare nuovi esborsi.

Evidentemente l’onore e l’orgoglio del Direttore, presuntivamente lesi dalle incaute dichiarazioni, valgono bene una bella spesa in più. Ora che anche un secondo giudice ha proclamato l’ingiustizia della sanzione disciplinare, si placheranno gli animi della burocrazia ospedaliera? Chissà. Certo una bella mazzata per il nuovo corso dell’Ospedale che ha soldi e tempo da spendere per difendere un presunto prestigio che, invece, puntualmente, viene ridimensionato.

Domanda: può un Ente Pubblico giocarsi le risorse per questioni di puntiglio personale? Si può, si può. Altrimenti non saremmo né in Basilicata, né in Italia.