In ricordo di Tommaso Pistillo, illustrissimo sconosciuto

13 ottobre 2012 | 20:59
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In ricordo di Tommaso Pistillo, illustrissimo sconosciuto

“Io saprei come fare. L’ho imparato dalla vigna. Prima devi lavorare la terra, la devi abituare alle piante che ospiterà nel suo grembo. Devi renderla soffice e accogliente. Deve scalzarla in ogni punto. La terra diventerà così terreno. E’ il primo cambiamento necessario. Non facile, devi faticare molto. Soprattutto devi amarla quella terra, devi abbracciarla. Dopo quel cambiamento puoi prenderti cura del terreno. Adesso puoi piantare le barbatelle, ovvero il germoglio della nuova vite. Non prima di averle innestate, con l’occhiello più bello delle piante più capaci. Avrai cura dello spazio tra una vite e l’altra. Avrai cura della bellezza della vigna, pulita e stupefacente agli sguardi dei passanti. Ogni giorno dell’anno tu sarai tra i filari a scrutare i progressi di quelle crisalidi di vino. Avranno bisogno delle tue cure, ma non della tua prepotenza. Dovranno farcela da sole. Finché la vite sarà vita matura, vino esaltante delle emozioni all’istante. Storia di lavoro e di amore. Così, io, contadino di Minervino Murge, governerei l’Italia. Con il lavoro e con l’amore. Prima di ogni cosa, cambierei la terra in terreno. Farei solchi accoglienti per l’impianto dei germogli di giustizia sociale. Non prima di averli innestati con i sogni più belli delle piante più vere. Avrei cura della bellezza dei luoghi e della felicità delle persone. Una società stupefacente agli sguardi degli americani. Ogni giorno dell’anno sarei tra le piazze e le strade, nelle campagne e tra le montagne, a scrutare i progressi delle bambine e dei bambini. Mai faremo una legge prima di discuterla con loro. Chi assumerebbe decisioni senza consultare il futuro? Così, io contadino del sud, governerei il Paese. Esaltando le emozioni. Nutrendomi del respiro delle persone, assaporando le parole di chi parla, servendo fino alla morte la mia gente. Io voglio che trionfi la libertà. La libertà di essere, prima della libertà di fare. La libertà di vivere, ancor prima della libertà di camminare. E sai perché? Perché la libertà di nascere non ci è data, ma abbiamo il potere di cambiare tutto ciò che si muove  nella nostra vita.” Tommaso Pistillo, vecchio contadino, morto 23 anni fa, avrebbe scritto oggi questa lettera. L’ho conosciuto da ragazzo e poi l’ho frequentato da giovanotto. Parlava come un intellettuale e sapeva appena leggere e scrivere. Comunista nel dna. Povero senza saperlo. Era già vecchio quando si recava spesso a via delle Botteghe Oscure. Chiedeva di conferire con il compagno Berlinguer il quale spesso lo riceveva. “Dite al compagno Berlinguer che c’è il compagno Pistillo.” Voleva andare in Russia con il pacchetto viaggi de l’Unità. Gratis, naturalmente. Tommaso aveva come un credito da riscuotere. “Ho dato tutto al partito, ora voglio che il partito mi faccia vedere la Russia”… Non posso morire senza vedere Mosca.” Ottenne il regalo. Prima di partire gli dissi: “Portami un rublo”. Al ritorno mi “deluse”: “non ci ni stevano rubbli alla russia”. A Mosca Tommaso non aveva trovato un rublo. Tirchio e riservato da un lato, movimentista generoso dall’altro. Lui donava la passione, mai una lira. Lui regalava il cesto di fichi, mai soldi.  A 90 anni, da vecchio, aveva paura del futuro. Eppure rischiò la vita da giovane, per gli altri. Tommaso Pistillo da Minervino Murge.