I profumi della Magna Grecia di Sebaste

22 ottobre 2012 | 12:55
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I profumi della Magna Grecia di Sebaste
I profumi della Magna Grecia di Sebaste
I profumi della Magna Grecia di Sebaste
I profumi della Magna Grecia di Sebaste
I profumi della Magna Grecia di Sebaste
I profumi della Magna Grecia di Sebaste

Opere che profumano di nuovo e di antico, in perfetto equilibrio tra i vuoti e i pieni, tra i toni ora luminosi ora cupi amplificati dal vigoroso slancio del gesto creativo che dà vita a forme archetipiche, immagini salvifiche o catartiche nutrite dei miti della Magna Grecia. C’è tutto il legame profondo, ancestrale con il suo territorio, la storia, i miti e le tradizioni metabolizzati nel tempo e divenuti patrimonio collettivo cui guardare con rinnovato orgoglio e stupore ne “I Profumi della Magna Grecia”: la coinvolgente personale di Salvatore Sebaste, esposta a Potenza, al Museo Archeologico Nazionale ‘Dinu Adamesteanu’ di Palazzo Loffredo fino al 7 gennaio 2013.

Artista informale salentino-lucano, da oltre 50 anni sulla scena dell’arte contemporanea tra grafica, pittura e scultura, fine indagatore e catalogatore dei beni artistici della Basilicata, l’artista con piglio materico, quasi febbrile, torna alle origini guardando con curiosità e rispetto alle potenzialità culturali che affondano le radici nel mondo classico. “Abbiamo l’oro in questa regione, eppure non lo sfruttiamo come dovremmo!”: un’osservazione lanciata dall’artista durante il vernissage che consola alquanto, se – almeno per questa volta – il riferimento diretto non è – come più di frequente avviene – alle risorse energetiche del sottosuolo, quanto, piuttosto al patrimonio storico-archeologico-monumentale e al sub-strato filosofico, poetico e letterario dell’antichità. L’esposizione è ampia e ricchissima di rimandi: Omero, Plinio il Vecchio, Teofrasto, Ovidio, Pausania.

Un viaggio ‘visivo’ che, attraverso l’associazione di odori, fragranze profumate, antiche essenze a mitiche allegorie e metafore, racconta l’universale ricerca dell’uomo della benevola disponibilità della divinità: quando cospargeva di oli profumati le statue oppure offriva sull’altare i frutti della terra. Pone in evidenza il ‘ruolo’ che rivestivano piante aromatiche, unguenti ed essenze profumate dalla fine del VIII secolo a.C. in poi nelle colonie della Magna Grecia e in tutto il bacino del Mediterraneo: fondamentale, durante sacrifici, offerte votive e rituali propiziatori, là dove il ‘divino’ incontra il ‘genius loci’ nella dimensione della realtà, del quotidiano, in una complessa concezione naturalistica, favolistica, antropologica.

Partendo dalla più semplice ed essenziale costatazione di ciò che è, e ponendosi all’interno del solco dell’arte povera che più gli appartiene, Sebaste propone fiori, frutti, piante aromatiche quale punto di ancoraggio di una memoria collettiva. Salda l’antico al presente dell’uomo contemporaneo nell’incontro degli elementi naturali con la ‘fissità’ di colate di lucida e sempiterna resina, stratificazioni di materia vissuta e trattata con vigore, forme irregolari e dinamiche. Ci si imbatte in rhòdion (profumo di rose), mèlinon (mele cotogne), leukoinon (viole), sùsinion (gigli), erpyllinon (timo), myrtinon (bacche del mirto), dàphninon (alloro).

Si racconta di Gea, la terra, che ingloba e sublima frutti e fiori all’interno delle sue stratificazioni materiche e cromatiche, è il respiro che parla di valori assoluti, luce e forza primordiale; della metamorfosi di Dafne tra rami e foglie d’alloro mentre Apollo rimane impassibile nel suo dolore; di Hera, divinità madre di tutte le altre divinità, tra grumi di materia fortemente colorata, fetali ed ancestrali; di Apollo e Giacinto proprio quando il disco violento, rimbalzato o forse deviato da Zefiro imprime prepotente vitalità e forza dinamica alle forme, mentre candidi fiori di giacinto sono nell’angolo in basso, all’interno della composizione.

Oltre alle pitture e alle sculture di grandi dimensioni la mostra si compone anche di  una serie di oggetti d’arte minori: rimandano agli aryballoi, oggetti in ceramica della civiltà minoica, vasi-unguentarii dalle forme vegetali, raffigurazioni di animali marini, fiori veri o leggendari.

E’ un’iniziativa organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata e dall’Associazione Culturale “La Spiga d’Oro” di Metaponto.