Tribunale di Melfi, “meno sagre e più giustizia”

17 settembre 2012 | 13:46
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Tribunale di Melfi, “meno sagre e più giustizia”

C’è chi non si dà per vinto e continua la battaglia per fare in modo che il territorio del Vulture-Alto Bradano torni ad avere il suo presidio di giustizia. Un presidio, tra le atre cose, che serve anche un carcere di massima sicurezza. Quello di Melfi appunto.

L’ultima iniziativa, in verità una delle poche, in ordine di tempo, è la proposta di legge, presentata, dai consiglieri regionali Alfonso Ernesto Navazio (IaL) e Francesco Mollita (Mpa), ai giornalisti lunedì 17 settembre nella sala A del Consiglio regionale a Potenza. 

I due consiglieri partendo dalla Costituzione, che conferisce potestà legislativa alle Regioni hanno elaborato il testo della proposta con cui si andrebbero a modificare i criteri di revisione della geografia giudiziaria individuati dalla Legge 14 settembre 2011 n°148, che ha di fatto cancellato numerosi presidi giudiziari italiani.

In tempo di magra fulcro della proposta di legge di Mollica e Navazio è la totale assenza di oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Come sia possibile tutto ciò è presto detto. “Estendere la facoltà ai Comuni di farsi carico degli oneri di funzionamento degli Uffici del Giudice di Pace, di sostenere le spese relative ai costi degli uffici giudiziari in luogo del Ministero della Giustizia …”. Per mantenere il tribunale di Melfi, allo stato attuale, occorrono 220 mila euro circa. Gran parte di questa somma è assicurata già dal Comune di Melfi. Potrebbero contribuire gli altri Comuni dell’area interessata. “Perchè no- dice Navazio- magari fare meno di qualche sagra e garantirsi un presidio di giustizia!” Della stessa idea Mollica, per il quale è arrivato il momento di centellinare i fondi che ogni anno la Regione distribuisce alle pro loco o ai vari organizzatori di iniziative più o meno degne di nota.

C’è poi la “regola del 3” ovvero “specificareche ogni distretto di corte d’appello deve essere basato sul numero minimo di tre tribunali, senza fissare il numero massimo“. Stando ai tagli in Basilicata restano il tribunale di Potenza e quello di Lagonegro che ha accorpato quello salernitano di Sala Consilina.  

Centrale, nella proposta di legge, il criterio oggettivo e di mogeneità: “garantire che tra i criteri di revisione della geografia giudiziaria la salvaguardia del presidio giudiziario tenga conto delle caratteristiche geomorfologiche del territorio, della carenza di colegamenti stradali e ferroviari e del tasso di criminalità organizzata“. Il territorio del Vulture-Melfese, rientra a pieno titolo tra quelli su cui è possibile riscotrare tali elementi.

Navazio e Mollica auspicano che la loro iniziativa “emendabile e aperta a tutti” unisca e non divida nel bene della Basilicata. E su questo punto esprimono rammarico per i rumors che nel palazzo della Regione già s’odono. Rimandano al mittente le accuse di chi sostiene che i due stiano solo facendo campagna elettorale.

La proposta di legge appare un po’ come l’ultima ratio per cercare di far ragionare il Governo. Ma anche per “sensibilizzare ulteriormente chi fino ad oggi non si è speso abbastanza per salvare il tribunale melfitano”. “La nostra- aggiungono i due – è una battaglia condotta dal primo giorno in cui si è palesato il rischio chiusura per il foro federiciano. Non è una uscita occasionale. Se entro dieci giorni non otterremo risposta dalla Regione- aggiunge Navazio-avvieremo una raccolta di firme tra i cittadini”.

E a chi gli fa notare che portrebbe essere tardi per salvare il palazzo di giustizia di Melfi rispondono invece che i tempi, se c’è la volontà, ci sono tutti. “Se entro ottobre, massimo novembre la proposta di legge sarà accolta, il Parlamento potrebbe fare in tempo già a dicembre o gennaio ad approvarla, ovvero prima della fine della legislatura attuale.

Al di là di ogni campanile la questione- come fa notare un avvocato presente alla conferenza stampa-dovrebbe interessare tutta la Basilicata, considerato che è tra le regioni ad avere il più alto numero di prescrizioni dei processi oltre ad un carico eccessivo di giudizi sia in sede civile, che penale. Tagliare in questo caso significa mettere sempre più a rischio l’efficienza dei tribunali rimasti in vita.