Petrolio, un poker giocato sulla pelle dei lucani
In una delle nostre inchieste avevamo previsto che sarebbe accaduto. Moltiplicazione delle trivelle. Oltre ogni tentativo di opposizione. Il petrolio non è solo questione energetica, è affare politico e finanziario. E non riguarda solo il luogo di produzione, ma i luoghi della finanza e degli equilibri politici internazionali. Nello scenario che abbiamo analizzato in quell’inchiesta c’è il patto sul meccanismo di stabilità europea, c’è l’interesse del potere finanziario mondiale, c’è la partita delle concessioni giocata su accordi economici internazionali dell’Italia, quindi dell’Eni. Mi sono sempre chiesto che cosa ha a che fare una società francese, la Total, con il fabbisogno energetico nazionale italiano. Non è sufficiente la motivazione fiscale. La Total estrae greggio, lo lavora e lo vende. A chi? Sarebbe paradossale se lo vendesse all’Italia. Non capisco, sono ignorante, nessuno mi ha spiegato. Ma lasciamo stare. Fatto sta che in Basilicata la questione mi sembra finita in una specie di discussione provinciale, quasi da bar del parco. La stampa l’ha trattata, eccessivamente, in chiave localistica. La Politica l’ha affrontata da una prospettiva tutta interna a se stessa, legata al consenso elettorale e all’emergenza territoriale causata dalle pressioni delle organizzazioni ambientaliste. I giacimenti lucani attivi o potenzialmente attivabili sono una risorsa strategica importante per le compagnie, molto più importante di quanto si possa immaginare. I petrolieri non hanno e non avranno alcuna intenzione di mollare i loro segreti programmi futuri in Basilicata. Dai movimenti finanziari su scala europea e mondiale e dall’analisi dei movimenti speculativi sul “petrolio di carta” è evidente che le trivellazioni in Basilicata sono destinate a crescere. E poco o nulla potranno fare le vacue dichiarazioni contrarie e gattopardesche della politica locale. In più occasioni ormai la politica regionale ha dimostrato scarsa capacità di confronto e contrattazione con il governo e con le compagnie petrolifere. Una politica soccombente, magari suo malgrado, ma incapace negli anni di cogliere gli aspetti più oscuri di presunte scelte di sviluppo che si sono rivelate un vero boomerang per le popolazioni locali. Troppi errori nel passato, troppa superficialità, scarsa intelligenza politica hanno portato la Basilicata nelle braccia di una storia più grande e complicata. In anni di aiuti europei e di, seppure misere, royalties, si sarebbe potuto fare molto. Incidere su alcuni aspetti strutturali dell’economia e della società, che avrebbero oggi resa più solida una regione che al contrario è costretta ad affrontare una crisi internazionale e i cambiamenti negativi che ne derivano, da una posizione di povertà e di soccombenza. Oggi la Basilicata conta nello scacchiere nazionale ed europeo perché è una “fiche” sul tavolo verde del casinò della finanza e dei petrolieri. La sua gente però conta meno di un fico secco. In questo fondale i poteri locali dei partiti e degli affari sono in fibrillazione e stanno cercando le loro collocazioni future sgomitando senza esclusione di colpi. Una feroce lotta interna sui cui pesa l’influenza delle compagnie petrolifere. In questo scenario va letta l’apparente inversione di rotta di De Filippo e della suo governo. E’ una partita a poker sulla pelle della gente. Se la classe politica lucana avesse dimostrato le palle e l’intelligenza nei tempi e nei momenti giusti, oggi si potrebbe parlare di un’armonizzazione tra processi di sviluppo e interessi petroliferi. Si potrebbe parlare di convivenza tra pozzi di oro nero e tutela dell’ambiente e della salute, tra industrializzazione pesante e diffusione della piccola impresa, tra vocazioni naturali del territorio e interventi industriali esogeni. Purtroppo i petrolieri hanno inquinato e continuano a farlo, gli insediamenti industriali hanno avvelenato il territorio e continuano a farlo, il sistema di gestione dei rifiuti continua a produrre danni per molti e affari per pochi. Mentre la gente è povera. Tutto perché, di fronte ad una politica cedevole, vocata a difendere gli interessi propri, pronta a consentire qualsiasi cosa in cambio di qualunque cosa, i petrolieri sono stati invitati a nozze e gli “affaristi” hanno trovato una zona franca. Diciamolo chiaramente: la classe politica lucana ha combinato un sacco di guai. E ne combina ancora. Nonostante tutto, qualcosa si può e si deve fare. Cambiare completamente rotta mettendo al centro di ogni azione politica locale l’interesse dei cittadini nel presente e nel futuro. Riappropriarsi, nelle forme e nei modi ancora consentiti dalle leggi, del proprio territorio tutelandolo nel quadro di sentieri di sviluppo capaci di valorizzare tutte le potenzialità economiche, sociali e ambientali che la Basilicata può esprimere. Potenzialità spesso mortificate da opzioni di spesa scellerate, da decisioni insensate, estemporanee e improvvisate. Possibilità di sviluppo annientate dallo spreco continuo di denaro pubblico. Bisogna immediatamente smetterla con la politica degli slogan e dell’apparenza e cominciare seriamente a lavorare, riconquistando autorevolezza e prestigio, rigore morale e forza dell’esempio. E’ evidente che non si può fare il pane senza il panettiere. E’ necessario quindi rovesciare tutto il quadro politico locale. Ma anche il quadro degli interessi economici di bassa lega di certi penosi settori dell’imprenditoria lucana. Occorre un rinnovamento di senso, di metodo e di uomini nel sindacato e nelle altre organizzazioni di rappresentanza. A nulla valgono i richiami rivoluzionari e tardivi di certi sindacalisti interessati a carriere personali. A nulla valgono le sceneggiate e le dichiarazioni ad effetto. Si abbia la creanza di riconoscere i fallimenti. Si abbia la creanza di sparecchiare la tavola delle abbuffate.