L’ennesimo pasticcio di De Filippo

4 settembre 2012 | 21:42
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L’ennesimo pasticcio di De Filippo

Con la legge regionale n. 16/2012 di approvazione dell’Assestamento del Bilancio, il centrosinistra ha evidenziato l’incapacità di portare a compimento la tanto declamata riforma delle comunità montane, già richiesta dal Governo centrale con la legge finanziaria per l’anno 2008. La Regione Basilicata ha istituito le comunità locali (L.R. n. 11/2008), organismo mai costituito grazie al Gruppo regionale del PDL che propose e vinse il  ricorso presso il TAR ma comunque utilizzato dalla maggioranza regionale come “tema suggestivo” per ben 2 campagne elettorali (2009 e 2010). Nel 2010, poi, il Governatore, incalzato dagli amministratori locali, dalle organizzazioni sindacali e dai partiti, ha dovuto implicitamente ammettere il fallimento dello strumento delle comunità locali abrogando la legge mai attuata e istituendo addirittura, con L.R. n. 33/2010 (articoli dal 23 al 27), le aree programma, un’altra invenzione per salvare le poltrone degli ex presidenti delle comunità montane nel frattempo diventati commissari generosamente pagati con i soldi dei lucani (!). Condizione mutata a partire dal 1° settembre ad opera di un emendamento, presentato dal Popolo della Libertà, recepito nelle legge regionale di assestamento. Tra contestazioni, rilievi critici e ritardi nell’attuazione di questo ennesimo strumento, un dato è certo: gli aspetti negativi hanno superato di gran lunga quelli positivi. Incertezze sul futuro dei dipendenti pubblici delle ex comunità montane, ritardi nei pagamenti degli operai addetti alla forestazione, litigi nel PD per la spartizione delle poltrone (presidente area programma, comune capofila, ecc…), inefficienze nei servizi erogati ai cittadini, sovrapposizioni di enti e funzioni che non giovano all’efficienza dei servizi, indeterminatezza sull’assegnazione del personale delle soppresse comunità montane. A ciò si aggiunge il fatto che l’attività di liquidazione delle comunità montane, a 4 anni dalla loro soppressione, è ancora in essere: inefficienza dei commissari o problemi legati all’attività degli enti soppressi che il centrosinistra governava unanimemente per creare consenso clientelare e per avviare le carriere dei fedelissimi?

Ora, conlalegge regionale del 08 agosto 2012, n. 16, all’articolo 36,sicombina un ulteriore pasticcio, nello stile del Presidente De Filippo, probabilmente distratto dalle imminenti elezioni al Parlamento e preoccupato di garantire la carriera politica ai suoi tanti viceré sul territorio. Il comma 5 del suddetto articolo prevede, in maniera a dir poco assurda, che questi neonati organismi pur “mantenendo il nome attualmente in uso” (forse per celare l’ennesimo fallimento in tema di governance locale) si trasformino entro il 30 novembre 2012 in Unioni di Comuni. E ci voleva tanto! La montagna ha partorito il topolino: dal 2008 al 2012 per “arrivare” alle Unioni dei Comuni, forma associativa già prevista dalla legge n. 142 del 1990 – articoli 11 e 26 – (sic!) e, in continuità, dal D.Lgs. n. 267/2000 (articolo 32) al fine di unire i comuni,  soprattutto quelli di piccole dimensioni, nella gestione associata di alcuni compiti e funzioni con l’obiettivo di migliorare i servizi offerti ai cittadini e di ridurre la spesa pubblica. Condizione, tra l’altro, che alimenta non pochi dubbi in quanto non si può imporre dall’alto e con legge regionale l’Unione dei Comuni che dovrebbe essere, al contrario, il risultato spontaneo e consapevole della volontà dei comuni di “mettersi insieme” per l’esercizio associato di funzioni e servizi.

Occorrerà, di conseguenza, una nuova trasformazione e quindi un nuovo statuto (quello costitutivo delle aree programma era comunque vacuo e lacunoso)  che i Consigli comunali dovranno approvare. E tutto ciò mentre il Parlamento ha modificato l’articolo 32 del T.U.E.L. sulle Unioni dei Comuni introducendo norme importantissime che rendono praticamente impossibile l’attuazione delle regole costitutive dell’area programma. A titolo esemplificativo, il presidente dovrà essere scelto tra i sindaci dei comuni associati, la qual cosa mette in discussione l’attuale equilibrio politico raggiunto poiché almeno 2 presidenti (espressione del PD e dei Popolari Uniti) non ricoprono la carica di sindaco.

Altro problema riguarda la spesa sostenuta per il personale dell’Unione che “non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti”: come si concilia, dunque, questa previsione di legge (comma 5 dell’articolo 32 del D.Lgs. n. 267/2000) con l’esigenza di dover trasferire all’Unione dei Comuni il personale delle soppresse comunità montane? Sarà applicabile la norma regionale, ad una prima lettura in contrasto con quella nazionale, in base alla quale “le mobilità in entrata alle Unioni di Comuni, limitatamente al personale a tempo indeterminato proveniente dalle soppresse Comunità Montane, sono finanziariamente neutre”?

Inoltre, a decorrere dall’anno 2014 anche le Unioni di Comuni saranno soggette alla disciplina del patto di stabilità interno come previsto dall’articolo 16, comma 3, del D.L. n. 138/2011, convertito nella L. 148/2011, a cui la legge regionale fa espresso rinvio. Al comma 13, per di più, lo stesso articolo stabilisce che  “a decorrere dal giorno della proclamazione degli eletti negli organi di governo dell’unione, nei comuni che siano parti della stessa unione gli organi di governo sono il sindaco ed il consiglio comunale, e le giunte decadono di diritto”. De Filippo, dunque, vuole commissariare tutte le giunte comunali della Basilicata, affidando ai soli sindaci il comando degli enti comunali?!

Insomma, un vero e proprio pasticcio in una regione dove non è stato neanche istituito il Consiglio delle autonomie locali (previsto dall’articolo 123, comma 4 della Costituzione), triste primato che condividiamo con la regione Veneto.

Le strade da seguire sono obbligatoriamente due: 1) si può decidere di non applicare, in concreto, le disposizioni appena approvate dal Consiglio regionale e continuare a tenere “nel limbo” le aree programma, considerato, però, che la legge prevede per i Comuni fino a 5mila abitanti l’esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali comunali (entro il 1° gennaio 2013 almeno tre funzioni fondamentali ed entro il 1° gennaio 2014 con riguardo alle restanti funzioni – articolo 14, comma 31-ter, della legge n. 122/2010) oppure 2) applicare (per imposizione regionale) le nuove norme nazionali in materia di Unione di Comuni e stravolgere l’assetto politico-amministrativo “faticosamente” raggiunto.

L’auspicio, in ogni caso, è che si guardi esclusivamente al bene dei cittadini riavviando, in tempi strettissimi, un processo coerente di riordino e di semplificazione di enti e di competenze al fine di assicurare il miglioramento dei servizi sul territorio regionale e la riduzione della spesa pubblica improduttiva.

Vito Di Lascio