De Filippo avrebbe dovuto dire e soprattutto fare ben altro

9 settembre 2012 | 10:05
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De Filippo avrebbe dovuto dire e soprattutto fare ben altro

Lo confesso, le persone focose, a tratti impulsive, con forte vocazione alla determinazione, col coraggio di assumersi responsabilità importanti, consapevoli del rischio generale che corrono, mi hanno sempre affascinato e ho sempre attributo loro il mio apprezzamento. Ed in quest’ottica devo dire che la conferenza stampa del governatore De Filippo, mi è piaciuta. Ma ovviamente solo nei modi. Si, solo nell’atteggiamento, nella forza, nella passionalità, nel trasporto emotivo, vero o artefatto che sia stato.
Quell’atteggiamento di pathos che secondo me qualunque persona attaccata alla propria terra, e che è chiamato a governarla, dovrebbe avere.
Ma altrettanto sinceramente devo confessare che, però, i contenuti non li condivido per niente. La sostanza avrebbe dovuto avere ben altri ingredienti. A mio parere il presidente avrebbe dovuto dire altro, assolutamente ben altro.
Affermare di porre uno stop alla richieste di ricerca e di successive concessioni per lo sfruttamento del petrolio del sottosuolo Lucano, per voler far intendere di essere il cavaliere della giustizia del popolo lucano e del suo riscatto, equivale a farsi beffa, per l’ennesima volta, del popolo cui il messaggio è rivolto. Quel popolo la cui contadina pazienza infinita, di leviana memoria, evidentemente, non ha ancora raggiunto il limite, considerando che da sempre si lascia governare, sadisticamente, dalla stessa inadeguata parte politica e dai suoi eredi legittimi ed illegittimi.
Ed equivale a beffeggiare i lucani per due motivi essenziali: in primis perché tutte le concessioni di ricerca e di sfruttamento petrolifero sono già state ampiamente accordate in misura spropositata rispetto a ciò che sono le peculiarità geomorfologiche, geografiche ed in generale socio-economico-ambientali della nostra terra ed in relazione alla vocazione agricola e turistica intorno alla quale De Filippo vuole costruire il futuro.
in secundis, perché tutti sappiamo, il presidente per primo, che con buona probabilità il governo nazionale, per rimpinguare il portafoglio energetico italiano, farà emergere l’incostituzionalità della moratoria con la quale il consiglio regionale vuole porre il freno alle compagnie petrolifere e provvederà di conseguenza ad accordare tutte le future richieste di concessione per lo sfruttamento del petrolio.
Ed è per questo che volendo essere realmente il cavaliere della giustizia del popolo lucano, il presidente avrebbe dovuto dire e soprattutto fare altro.
Per assolvere a tale ruolo il presidente avrebbe dovuto dichiarare di voler svolgere cinque veri ed impegnativi compiti.
O almeno manifestare esplicitamente la volontà di realizzarli. E li riassumo sinteticamente.

Il primo: assumere la volontà ed acquisire la forza politica e strategica per rinegoziare con le compagnie petrolifere il valore delle royalties.

Il secondo: mettere in atto ogni azione affinché il ruolo di controllore sulle quantità di petrolio e di gas emunte dal sottosuolo venga svolto da un istituto regionale e non dall’UNMIG e quindi dallo stato.

Il terzo: riempire di contenuti reali il libro costituito dal memorandum, il quale resta tuttora un libro dei desideri; quindi avere le idee chiare su cosa fare e come, associato alla certezza delle risorse economiche a disposizione, partendo, senza dubbi, dal fermare l’emorragia della disoccupazione, che altrimenti sarà la nostra condanna a morte economica, demografica e quindi sociale.

Il quarto: redigere un regolamento chiaro, netto ed inequivocabile su ció che si può realizzare, dove, come, quando e quanto, in tema di sfruttamento delle nostre ricchezze fossili. Tema che, a mio modo di vedere, avrebbe dovuto svolgere chi è stato attore protagonista della sottoscrizione degli accordi con le compagnie petrolifere nel 1998 e non ora, a distanza di quindici anni.

Il quinto e più importante: mettere in moto la macchina del monitoraggio ambientale.
Macchina che esiste, considerando arpab, osservatorio ambientale, osservatorio ambiente e legalità e compagnia cantando, e che è ben dotata di risorse finanziarie per il suo funzionamento.
Appurare definitivamente il prezzo da pagare, se esiste un prezzo, in termini di impatto ambientale e di ricadute sulla salute delle popolazioni residenti. Dare ampia informazione sulla qualità dell’ambiente attraverso la divulgazione di dati certi ed obbligare le compagnie petrolifere ad adeguare le loro attività, ridimensionandole, al se venissero appurati danni all’ambiente o all’uomo.

Questo è quello che avrebbe dovuto dire il nostro presidente della regione, se veramente avesse voluto elevarsi a paladino della giustizia.
Ma purtroppo a me, francamente, quella conferenza stampa mi è apparsa un po’ come l’ultima sceneggiata di un uomo a capo di una classe dirigente che non ha più idee di sviluppo, di progresso, di emancipazione. Di una classe dirigente che comprende di essere messa all’angolo dalla triste sentenza dei numeri di un fallimento. Di una parte politica il cui unico interesse è quello di ricercare un equilibrio che lo mantenga sul limite che separa la sua implosione dalla sua sopravvivenza.
Di una parte politica che anziché pensare a risolvere i gravi problemi che esistono, si preoccupa di giocare a “indovina chi è il più forte e potente”.
Un gioco che purtroppo non ci porterà da nessuna parte e non vedrá nè vincitori nè vinti, Anzi no: qualcuno vincerà una bella poltrona a Roma e a perdere saranno, come sempre, tutti i lucani.

Donato Ramunno (capogruppo Pdl Rionero)