Il cacao contro l’alzheimerParola di scienziati italiani

15 agosto 2012 | 09:01
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Il cacao contro l’alzheimerParola di scienziati italiani

Che sia in polvere, in tazza o sotto forma di tavoletta, il cioccolato è da sempre croce e delizia dei viziosi della gola. Ma dai laboratori scientifici arriva l’alibi per cibarsi di gianduiotti, Sacher e tartufi eliminando, almeno in parte, la colpa legata al peccato

 A quanto pare, assumere ogni giorno i flavonoli contenuti nel cacao può frenare il declino cognitivo che colpisce ogni anno il 6 per cento degli over 70, con problemi di memoria che precedono l’Alzheimer. Occhio, però, a non strafogarsi di cioccolato: l’assunzione di cacao va inserita nel quadro di un’alimentazione bilanciata e controllata. 
La scoperta è di una squadra di ricerca italiana guidata da Giovambattista Desideri, direttore della Divisione geriatrica dell’Università dell’Aquila, in uno studio pubblicato su Hypertension, rivista dell’American Heart Association.

L’équipe italiana ha arruolato novanta anziani con lieve declino cognitivo. I partecipanti sono stati suddivisi a caso in tre gruppi, che hanno ricevuto ogni giorno per otto settimane dosi diverse di bevanda contenente flavonoli del cacao: 990 milligrammi, 520 mg o 45 mg.

Per ottenere risultati dose-effetto più attendibili, dalla dieta degli anziani reclutati è stata eliminata ogni altra eventuale fonte di flavonoli, sostanze antiossidanti contenute per esempio anche in tè, uva, vino rosso e mele. 
La funzione cognitiva degli anziani è stata in seguito misurata attraverso test neurofisiologici su funzionalità cerebrale, memoria a breve e a lungo termine, velocità di pensiero e capacità cognitiva complessiva.
In conclusione, chi ha assunto dosi medio-alte di flavonoli del cacao ha mostrato performance migliori rispetto a chi ne ha assunto minori quantità. 

Tra i bevitori di cacao in dosi medio-alte, inoltre, si è osservata una riduzione della pressione sanguigna, dello stress ossidativo e dell’insulino-resistenza. Da quest’ultimo cambiamento, secondo i calcoli dei ricercatori, dipende circa il 40 per cento del miglioramento cognitivo. (Fonte Tgcom)