“Il boss è libero perchè ci sono giudici che non hanno tempo per motivare le sentenze”

6 agosto 2012 | 10:57
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“Il boss è libero perchè ci sono giudici che non hanno tempo per motivare le sentenze”

Massimo Cassotta viene arrestato nel luglio 2008 per l’omicidio di Giancarlo Tetta. L’uomo, a luglio 2011 viene condannato a 16 anni di reclusione per mafia, ma a distanza di un anno da quella condanna i giudici della Corte d’Assise di Potenza “non hanno trovato il tempo” per depositare le motivazioni della sentenza, così trascorsi i quattro anni dall’arresto senza una sentenza definitiva, l’uomo è tornato in libertà come prevede la legge.  Di seguito la lettera di don Cozzi.  

Giornate intere a seguirti, ore e ore al telefono ad ascoltare le tue chiacchierate, e poi appostamenti, fogli interminabili da scrivere, persone da interrogare. E sempre senza sosta, senza ferie né riposo, senza giorno né notte, con quegli affetti da sacrificare, con la benzina da metterci spesso di tasca propria, e con quei tagli alle buste paga che verrebbe da indignarsi ogni volta che il Governo di turno si prende i meriti per i latitanti che si portano al fresco e per quelle operazioni che senza sosta stroncano mafiosi di turno. E giudici che si fanno in quattro per ricostruire pezzi sparsi di un mosaico mafioso, ore e ore anche loro gettati su quelle carte a capire e ad individuare responsabili, ladri e assassini, per poi affrontarli faccia a faccia in un’Aula di Tribunale. E poi invece capita che per depositare le motivazioni, così come previsto dalla legge, ad uno di loro (fortunatamente solo uno) non siano bastati questi quattro anni che hai passato al fresco e gli ultimi dodici mesi da quella sentenza che ti ha condannato per mafia. E tu, Massimo Cassotta, sei ritornato in libertà. Non sappiamo il perché di questo ritardo, né le motivazioni, sappiamo però che in Italia non è la prima volta che accade. E questa è una vergogna. Non sappiamo se, a parte la tua famiglia, c’era qualcuno a Melfi che ti aspettava, se qualcuno ha gioito per il tuo ritorno e se qualcun altro spera di riavviare con te gli affari di sempre. Sappiamo solo che in realtà la tua libertà è effimera, che coloro che ti hanno portato al fresco adesso riprenderanno a starti con il fiato sul collo, che la tua città conosce il tuo nome e ti legge in volto, e che Noi non ci stancheremo di seguire i tuoi passi. Sperando che qualcuno ci dica perché ciò è potuto accadere e sperando che quel giudice, domani, non debba portarsi nulla di ancora più grave sulla coscienza. Ma questo dipende solo da te“.

Don Marcello Cozzi