Piano salute, astensione motivata

25 luglio 2012 | 20:03
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Piano salute, astensione motivata

Il Piano di salute ha incrociato il nostro voto di astensione nonostante che una serie di emendamenti (forum annuale della salute, portale della salute, clausola valutativa, ecc..) da noi formulati, siano stati valutati, condivisi ed accettati. Un’astensione perché non siamo organici alla maggioranza di De Filippo. Un’ astensione che sottolinea ciò che di innovativo abbiamo trovato, ma anche ciò che non ci ha convinto. Uno dei paradossi che ha caratterizzato la sanità di questi ultimi anni è definito dall’ossimoro: “più si riforma e meno si cambia”. Riforma per antonomasia vuol dire cambiamento; se si riforma si dovrebbe cambiare, se niente di fondamentale cambia allora vuol dire che non si è riformato. Semplici considerazioni da manuale. Non basta gestire bene la sanità, non basta razionalizzare le numerose incongruenze che esistono nel sistema, perché se non cambiano i modelli, il sistema è comunque disarcionato dal cambiamento sociale e culturale. Le politiche sanitarie adottate in questi anni, prevalentemente gestionali e di razionalizzazione, hanno in molti casi migliorato lo stato del sistema senza modificarlo tuttavia. Ma non sono bastate.

C’è un una parola magica che viene sussurrata nel piano di salute: compossibilità. Una parola che apre nuovi scenari, che fa di una metodologia un approccio significativamente innovativo. Il problema è capire se ne saremo all’altezza, al netto delle risorse finanziarie e dei legami clientelari che saranno duri a morire.
L’obiettivo delle politiche di compossibilità è la rimozione delle contraddizioni tra il diritto alla salute e le risorse destinate a garantirlo, mirando ad un notevole risparmio etico ed economico. Un obiettivo che, con più coraggio da parte dell’assessore Martorano e del Presidente De Filippo, andrebbe perseguito.
È sbagliato continuare a considerare l’efficienza soltanto come un concetto economico e l’equità come un concetto esclusivamente etico. La malattia è spesso prodotta dall’iniquità. Ci si ammala a causa della deprivazione ma anche dall’eccesso. Se vogliamo opporci al razionamento economicistico dei servizi, la strada da percorrere resta quella della promozione di un autogoverno responsabile della domanda. È la strada, per dirla come il sociologo Cavicchi, che rovescia il paradigma della compatibilità per costruire quello della compossibilità.

La grande sfida non è più la compatibilità, perché la compatibilità tende ad impoverire il sistema, cioè continua a togliere qualcosa da qualcosa, ma è quella della compossibilità, cioè fare in modo che tra la domanda e l’offerta, tra i diritti e le risorse, tra la società e la sanità, non vi siano contraddizioni. E nel corso di questi anni se ne sono accumulate di questioni e problemi: umanizzazione, riorganizzazioni, contenziosi legali, integrazioni territorio ed ospedale. La logica che viene ribadita nel piano, e che condividiamo, è quella del cambiamento, del ripensamento, del rimodellamento. Una scommessa? Credo proprio di sì. Sperando di non attendere dieci anni come ad esempio quanti ce ne sono voluti  per trasferire una unità come l’Utic dall’ospedale di Venosa a Melfi. Solo per rispondere a superbia professionale, a mero clientelarismo, all’ingordigia di un voto politico in più.

Alfonso Ernesto Navazio, Consigliere Regione Basilicata