Chiusura punti nascita lucani

16 luglio 2012 | 20:34
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Chiusura punti nascita lucani

Di “tagliare” i punti nascita dove non si raggiungevano i 500 parti all’anno si parlava prima ancora che la scure del governo tecnico si affacciasse all’orizzonte

Un anno e più è passato e in alcune strutture sanitarie, come Villa d’Agri, i parti sono rimasti esigui, i primari no

Ancora non eravamo in regime di spending review ma già si parlava di riorganizzare la rete dei punti nascita dellla Regione Basilicata. Per la precisione la Regione stessa il 12 aprile del 2011 con delibera vara un piano che va in tale direzione. In soldoni: se non si raggiunge il numero di 500 parti all’anno bisogna intervenire. Il piano recepisce integralmente un Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, a sua volta frutto del “Patto per la Salute 2010-2012” del 3 dicembre 2009 “che prevede, tra l’altro, la riorganizzazione delle reti regionali di assistenza ospedaliera”. Prova, provata, che la “soppressione” del punto nascita valdagrino non è figlia della revisione della spesa.

I PUNTI CON MENO NASCITE SONO PIU’ A RISCHIO PER NASCITURI E MAMME- Le ragioni alla base della riorganizzazione dei punti nascita si evincono, come evidenziato dalla stessa delibera regionale, dall’Accordo nazionale del 16 dicembre 2010, che porta motivazioni scientifiche per cui i “punti nascita” con un esiguo numero di parti sono più soggetti a “mortalità e altri eventi avversi a carico della donna e del nascituro” (pag. 3447 del B.U.R.B.); il Capitolo 2 del Piano, “Aspetti epidemiologici”, precisa che i “punti nascita” con numero di parti inferiore a 500, sono il 30% del totale e “sommano” meno del 10% dei parti totali (pag. 3450 del B.U.R.B.).

A VILLA D’AGRI E POLICORO POCHI PARTI- La Regione Basilicata dal canto suo censisce il numero dei parti presso i sei punti nascita lucani e fra gli “Obiettivi del progetto” prevede la “Razionalizzazione/ riduzione progressiva dei punti nascita della Regione Basilicata con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l’abbinamento per pari complessità di attività delle Unità operative ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche, riconducendo a due i precedenti tre livelli assistenziali” in questo, pedissequamente riprendendo quanto previsto dall’Accordo nazionale (vedi le “Misure di politica sanitaria e di accreditamento” a pag. 3468 del B.U.R.B.). Di suo, la Regione, al Capitolo 5 “Il nuovo modello di ‘Rete dei Punti Nascita Regionale’” del piano, e più precisamente a pag. 3454 del B.U.R.B., stabilisce quanto segue: “Per i presidi di Policoro e Villa D’Agri, in considerazione di analoghe motivazioni espresse per i P.O. di Melfi e Lagonegro, benché al di sotto dei 500 parti/anno, dovranno entro il 2011, attraverso un piano di riorganizzazione, raggiungere l’obiettivo di almeno 500 parti anno. I Direttori Generali delle Aziende Sanitarie provvederanno alla chiusura dei punti nascita che non raggiungeranno l’obiettivo stabilito, pur conservando l’appartenenza al percorso nascita.”

SCATTA L’AUT AUT- Per rimanere vivi bisogna raggiungere almeno i 500 parti all’anno. E qua vengono le dolenti note. Per quel che concerne Villa d’Agri, il 2011 passa, i sei mesi di proroga standard per l’attuazione pure, ed il “piano di riorganizzazione” previsto per mantenere “aperto” il punto nascita, non viene realizzato. Men che meno viene preso in considerazione di “abbinare le attività ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche”. Questo, avrebbe significato “tagliare” una delle due poltrone di primario, fra ostetricia/ginecologia e pediatria. Le cose dunque procedono come al solito. Ovvero si lascia trascorrere il tempo senza che il direttore sanitario trovi in coraggio di tagliare, accorpare le due unità operative. Non solo non si pensa minimamente alla riorganizzazione ma a dar manforte vengono messe in atto vere e proprie campagne contro la “chiusura dell’ospedale” del “punto nascita” prospettando scenari apocalittici per la partorienti. Va però detto che a fronte di una riorganizzazione del “punto nascita” valdagrino che lo vedrà assumere una funzione non più centrale nel parto ospedaliero, le gestanti valdagrine non rimarranno prive di assistenza: è prevista, infatti, l’attivazione di una rete di consultori familiari (e vorremmo suggerire, di attivarli su base comunale, utilizzando le risorse umane già nell’organico dei competenti, e riorganizzati, reparti dell’Ospedale di Villa d’Agri) e della rete di trasporto assistito materno (STAM) e neonatale d’urgenza (STEN).

PROROGA DI SEI MESI UN ANNO- Si giunge, il 14 giugno ad una “Conferenza dei Sindaci” presso l’ex Comunità Montana di Villa d’Agri, che, convocata sulla carta per discutere della vicenda del punto nascita “ed altre problematiche dell’ospedale”, finisce col giungere al solo risultato, di dare mandato all’assessore alla Sanità della Regione Basilicata, Martorano, di chiedere una proroga “di sei mesi / un anno” per il “punto nascita” valdagrino. Non si sa la proroga sia arrivata. Intanto il 13 luglio scorso il consiglio comunale di Tramutola ha votato una “mozione a difesa del punto nascita dell’Ospedale di Villa d’Agri”. Non si sa se la “proroga” sia arrivata (di certo non è stata data alcuna comunicazione ufficiale e, nella seduta del 13 luglio 2012, il Consiglio Comunale di Tramutola ha votato una “mozione a difesa del punto nascita dell’Ospedale di Villa d’Agri”, il che lascia intendere, che la sospirata “proroga” non sia arrivata); fatto sta che il sopra citato disposto della D.G.R. n. 499/2011, “I Direttori Generali delle Aziende Sanitarie provvederanno alla chiusura dei punti nascita che non raggiungeranno l’obiettivo stabilito”, lascia ben pochi dubbi: se dall’1 luglio 2012 il “punto nascita” di Villa d’Agri, pur in assenza di proroga, continua ad operare, ciò dà luogo ad una ben individuata responsabilità personale, amministrativa e per danno erariale.

LA PETIZIONE “CONTRO L’OSPEDALE”- Intanto ne è nata una petizione popolare con cui si chiede al Ministro della Sanità, Renato Balduzzi, di prendere atto del fatto che il “punto nascita” valdagrino non soddisfa più le condizioni per continuare ad operare; di attivare prontamente le misure sostitutive della rete dei consultori familiari e di quella di trasporto assistito STAM/STEN tramite ambulanza, previste dal piano regionale di cui alla D.G.R. n. 499/2011; di utilizzare, in tutto o in parte, le economie derivanti dalla soppressione del “punto nascita” per attivare, presso l’Ospedale di Villa d’Agri, servizi di prevenzione oncologica e di assistenza geriatrica; ed in subordine, di nominare una Commissione d’inchiesta ministeriale che appuri perché non è stato realizzato il previsto “abbinamento per pari complessità di attività delle U.U.O.O. ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche, riconducendo a due i precedenti tre livelli assistenziali”, e di relazionare in merito alle reali criticità e disfunzioni, e relative responsabilità, dell’Ospedale di Villa d’Agri.

Petizione sicuramente impopolare ma coraggiosa. Che pone l’accento su quella che è la realtà. Fatta di sprechi e strutture che ritornano utili ogni qualvolta ci si avvicina alla corsa alle urne.