L’Associazione Libera interviene sulla condanna dell’ex assessore Rocco Lepore

13 giugno 2012 | 21:32
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L’Associazione Libera interviene sulla condanna dell’ex assessore Rocco Lepore

“E’ di estrema importanza una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa quando in Italia c’è chi addirittura ipotizza la possibilità di annullare il concorso esterno”.

Così don Marcello Cozzi dell’ufficio di presidenza di Libera in riferimento alla condanna in primo grado di Lepore.

“Il mantenimento del reato – ha detto don Cozzi – è fondamentale soprattutto in regioni piccole come le nostre dove il confine che divide le persone del malaffare dai mafiosi per come li si intende in maniera tradizionale, è quasi invisibile. Chi ricopre incarichi pubblici non può prendere tutto con superficialità e nascondersi dietro una forma di buonismo per giustificare il proprio avvicinamento a uomini del clan come dettato da ‘carità cristiana’. Non bisogna eccedere in forme di buonismo è anzi necessario mettere paletti fissi e saper dire ‘no’ a certe richieste. A volte certa politica dice sì perchè non sa dire no: o per motivi prettamente elettorali o perchè direttamente coinvolta nel malaffare. Il concorso riconosciuto in primo grado a Lepore fa pensare al coinvolgimento di altri politici del passato, che però non è stato riconosciuto da un Tribunale ma che tuttavia, forse, meritava una riflessione più ampia. In Basilicata la politica deve darsi una regolata e deve saper dire agli uomini del malaffare: ‘No, io non ti frequento’. A meno che quegli stessi affari non riguardino anche loro”.

La condanna per conocorso esterno solleva un’altra riflessione sull’evoluzione della mafia nel panorama nazionale e don Cozzi si chiede se non sia il caso di modificare addirittura il 416 bis: “Se chi vorrebbe l’eliminazione del concorso esterno lo vuol fare per equiparare gli uomini del malaffare -che siano affiliati ai clan o colletti bianchi- e dire: battezzati o no, per lo Stato siete tutti mafiosi, per noi va bene. Ma se vogliono eliminare il reato per togliere dalle giacche dei politici il puzzo di mafia, allora è un altro discorso e non ci sta più bene. La mafia non è più fatta di affiliazioni. Certe istituzioni sono sempre più organiche ai clan nonostante tentino di prenderne le distanze”.

Infine don Cozzi si rivolge direttamente alla classe politica: “In vista di questa condanna, anche se solo in primo grado, credo sia il caso che i politici si mettano una mano sulla coscienza prima di decidere chi candidare nelle proprie liste per le prossime elezioni”.

Dello stesso parere è anche la referente di Libera in Basilicata, Anna Maria Palermo, che dichiara: “E’ necessario che la politica si presenti alle persone in modo pulito e affidabile altrimenti il divario che si percepisce tra la massa e la classe politica sarà sempre più incolmabile. La fiducia nelle istituzioni si può recuperare ma occorre proporre agli elettori persone dal profilo lindo e dal passato ineccepibile. Così come è fondametale allontanare dalla politica chi ha frequentazioni poco oneste e chi, nell’ombra, concorre agli illeciti”.