Denunciarono inquinamento del Pertusillo

5 giugno 2012 | 09:45
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Denunciarono inquinamento del Pertusillo

L’accusa è di rivelazione del segreto d’ufficio. Per entrambi si è messa in moto una vera e propria macchina di fango

Di seguito una dichiarazione di Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani e Direzione Radicali Italiani

La formula di rito è: “perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso…”
Sarà anche di rito, ma se penso che sono sotto processo per aver rivelato l’inquinamento dell’invaso del Pertusillo c’è da sorridere amaro. Quando a gennaio del 2010 denunciai pubblicamente un decadimento della qualità delle acque di uno dei più importanti invasi lucani, si scatenò una sorta di caccia all’uomo o quella che Saviano chiamerebbe la macchina del fango. Il momento clou in un editoriale in cui mi si accusava di aggiotaggio a favore delle compagnie di acque minerali. A marzo 2010 fui trattenuto nella caserma dei Carabinieri di Latronico per qualche ora e su disposizione della Procura della Repubblica di Potenza la mia abitazione venne perquisita dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri e dalla Polizia postale. Tutti a caccia delle mie fonti. Peccato che a distanza di anni non sia stata aperta un’analoga caccia per capire il perché delle reiterate morie di pesci e di una situazione che ha portato un rappresentante dell’Istituto Superiore di Sanità ad affermare che il Pertusillo è un “lago indubitabilmente eutrofizzato”. A maggio del 2010 il “Lago di Pietra” cambiò colorazione e si registrò la prima consistente moria di pesci; pochi mesi prima, con analisi indipendenti avevamo documentato un inquinamento chimico e biologico che poneva l’invaso fuori dalla categoria A2. In palese imbarazzo, l’Arpab a guida Sigillito tentò di negare l’evidenza beccandosi una interessante risposta della botanica Patrizia Albertano. Le analisi commissionate dai Radicali nel 2010 hanno trovato ulteriore riscontro a seguito di campionamenti effettuati dall’Epha nel 2011, e il 24 aprile 2012 la stessa Arpab ha ammesso per la prima volta la presenza di idrocarburi nell’invaso.
Dopo due anni e mezzo è fatto non più soggetto a smentite che le “criticità” sulla rete di depurazione e le residue attività agricole abbiano inciso sulla qualità delle acque. Si discute ancora, invece, di una possibile incidenza sull’invaso delle attività di coltivazione ed estrazione di idrocarburi.
Francamente trovo paradossale che in tutta questa vicenda gli unici ad essere sotto processo siano coloro che hanno denunciato l’inquinamento. La Procura della Repubblica di Potenza accusa me e il Tenente della Polizia Provinciale Giuseppe Di Bello di aver violato gli articoli 81, 110 e 326 del codice penale. Non so cosa deciderà domani il Gup, ma voglio ribadire che ritengo di aver fatto il mio dovere di cittadino, dando concreta applicazione all’art. 5 comma c della Convenzione di Aarhus e all’art. 3 Ter del D.LGS 4/2008. Voglio anche aggiungere che il Tenente di Bello avrebbe meritato un encomio e non un trasferimento. Spero davvero che dopo quasi due anni e mezzo dalla Procura di Potenza arrivino risposte.

Ho un’unica certezza: i criminali, quelli veri, sono coloro che continuano a consentire trivellazioni in prossimità di invasi, sorgenti, importanti bacini idrici e in zone ad altissimo rischio sismico.

Se rinvio a giudizio sarà, spero di poter portare la discussione in un’aula di tribunale, magari sarà la volta buona per poter far chiarezza su depuratori, trivelle, scarichi fognari e su un folle non-governo del territorio.

Intanto gioverà ricordare cosa affermava il geologo Leonardo Seeber qualche mese fa: “Rimozione/aggiunta di massa e aumento/diminuzione della pressione del fluido interstiziale sono tipicamente associati all’estrazione petrolifera. Tali cambiamenti artificiali possono contribuire a una anticipazione (o a un ritardo) di un terremoto. L’incremento sostanziale è prolungato dalla pressione del fluido interstiziale ed è una delle maniere più efficienti per diminuire la resistenza della roccia e portare a una sua rottura sotto lo sforzo naturale. Generando in terremoto. Il diavolo è nei dettagli, come si dice in inglese. A questo punto, non solo abbiamo i mezzi per alterare in maniera significativa lo stato meccanico crostale, ma abbiamo anche la capacità di capire in maniera proficua come le nostre attività ingegneristiche alterino lo stato naturale e come tali cambiamenti influenzino il rischio di terremoti. Se si altera la natura, si deve anche capirne i dettagli e le conseguenze. Bisogna monitorare la situazione con mezzi geofisici moderni e studiarne attentamente i risultati. Senza pressioni di parte e all’aria aperta!”.

Approfondimenti

Art. 5 comma C della Convenzione di Aarhus: “In caso di minaccia imminente per la salute umana o per l’ambiente, imputabile ad attività umane o dovuta cause naturali siano diffuse immediatamente e senza indugio tutte le informazioni in possesso delle autorità pubbliche che consentano a chiunque possa esserne colpito di adottare le misure atte a prevenire o limitare i danni derivanti da tale minaccia.”

Art. 3-Ter(D.LGS 4/2008): “La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonche’ al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.”