Dedicato a Giuseppe e agli altri delinquenti
Sono complice di Giuseppe Di Bello, di Maurizio, di Rosario, di Pino, di tutti i delinquenti, violenti e mafiosi come loro. Sono colpevole. Ve lo dico prima di essere rinviato a giudizio. Sono colpevole del reato di onestà aggravata. Perché ho rifiutato un compromesso che avrebbe danneggiato irreparabilmente la mia coscienza e che avrebbe infangato il futuro dei miei figli. Sono colpevole di coerenza reiterata. Perché rifiuto i ricatti e le minacce del sindacalista che mi chiede favori per la figlia. Ho rinunciato alle prebende offerte da chi vuole comprare la mia libertà. Sono colpevole perché non ho abbassato la testa dinanzi alla mediocrità e al malaffare. Perché ho scritto parole che non si devono scrivere. Perché ho denunciato fatti che non si devono denunciare. Sono colpevole del reato di lesa maestà. Perché ho osato criticare il Potere. Sono colpevole, signor giudice, sono colpevole del delitto di coraggio ad oltranza. Sono colpevole del reato di omessa richiesta di favori. Ho omesso, signor giudice, di chiedere l’intercessione del politico di turno affinché mi aiutasse a ricevere un contributo in denaro pubblico. Confesso anche un’altra colpa, molto grave. Non ho mai fatto del male ad una mosca. Signor giudice, sono colpevole. Non ho mai sottratto denaro pubblico, mai fatto falsa testimonianza, né pagato tangenti. Non ho mai ingannato la gente con promesse false e discorsi infondati. Ho sempre lavorato, perché ho un mestiere. Lavoro giorno e notte e questo lo so che è un reato: abuso di dovere. Lei mi chiede se questi reati li ho commessi in concorso con altre persone? Si, signor giudice. C’è tanta gente colpevole come me. Quindi, sono colpevole, con altri, del reato di associazione onesta finalizzata alla burla dei disonesti. Ho detto disonesti? Mi scusi signor giudice, volevo dire “diversamente onesti”. Lungi da me offendere le persone per bene! Sono colpevole per non aver raccomandato nessuno e per non aver mai chiesto una raccomandazione. Si chiama reato di omessa sottomissione all’imbecille che occupa una poltrona. Ebbene si, ho omesso. Mi condanni signor giudice, so che lei lo farà in nome della Legge, di quella legge non scritta che governa il mio territorio. Ed io, consapevole della mia colpevolezza, accetterò il suo verdetto. In silenzio, senza rancore. Perché io voglio essere condannato per i tutti i reati che ho confessato. Ma le pene che lei sancisce, mi fanno davvero pena. Mi condanni. Mi dia la galera. Ma deve sapere, signor giudice, che oggi io sono più libero di ieri. Lo dica a chi ha inquinato e continua ad inquinare i laghi e i fiumi. Lo dica a chi si arricchisce nella corruzione e nel malaffare. Lo dica. La libertà degli onesti è un’arma micidiale. E quel porto d’armi lei non potrà mai revocarlo.