Come la Basilicata difende le proprie leggi

15 giugno 2012 | 20:50
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Come la Basilicata difende le proprie leggi

“Chiedo innanzitutto scusa alla Corte perché ho ricevuto la delega a difendere la Basilicata, soltanto questa mattina al mio arrivo in Corte…”. Con queste parole, l’avvocato Marcello Cecchetti, dopo aver ricevuto il mandato di difesa su delega degli avvocati Maurizio R. Brancati e Maddalena Bruno della Regione Basilicata, dà una chiara lettura della mancata intenzione da parte della Regione Basilicata di difendere le proprie leggi anche dinanzi alla Suprema corte – afferma il consigliere regionale Alfonso Ernesto Navazio.

Nell’udienza pubblica del 5 giugno scorso, la Corte Costituzionale si trovava a decidere sulla legittimità di alcuni articoli delle legge regionale 17 del 2011 “Assestamento di Bilancio” ma senza i propri difensori. Tra questi la norma che autorizza gli enti sanitari a scalare le graduatorie per nuove assunzioni; la determinazione delle indennità al Presidente e ai componenti della commissione Lucani all’estero e la disposizione per la stabilizzazione dei Lavoratori socialmente utili. “La difesa però – fa notare Navazio – è stata affidata al primo avvocato disponibile quel giorno, peraltro qualche minuto prima dell’udienza, trovandosi così di fronte ad un puro intervento di sola presenza ma senza la reale preparazione sulla materia del ricorso”.

 Ci si è trovati infatti, dinanzi ad una difesa puramente formale e non preparata, “obbligata” a rimettersi ai soli documenti depositati. Andando ad ascoltare il filmato dell’udienza (www.cortecostituzionale.it) ci si rende immediatamente conto, senza essere giuristi esperti, che nella sostanza è mancata completamente l’esposizione tecnica e argomentativa dinanzi alla Corte anche in risposta a quella ampiamente esposta dal difensore della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’avvocato Attilio Barbieri.

“Mancata fiducia verso i propri legali?  Forse!”  Afferma Navazio. “Di certo, il nostro governo regionale propone le leggi ma non le difende. Decide però di affidarsi alla clemenza della Corte, abbandonando così il reale proposito legislativo!”