“La Regione ha un bancomat chiamato Val d’Agri”

30 maggio 2012 | 17:41
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“La Regione ha un bancomat chiamato Val d’Agri”

A pochi giorni dalla conclusione dei lavori del Copams 2012 ( Conferenza su Petrolio, Ambiente e Salute) tenutasi a Villa d’Agri, è un susseguirsi di articoli rassicuranti sugli effetti delle estrazioni petrolifere sull’ambiente e sulle prospettive di sviluppo legate all’oro nero.
Sulla Gazzetta del Mezzogiorno di martedì 29 maggio è apparso un articolo dal titolo: “L’Oro Nero: numeri e prospettive – Quasi 800 milioni di royalties”. In effetti si parla solo di cifre mentre non vi è alcun cenno alle prospettive, probabilmente perché è difficile trovarne.
Dopo 25 anni di estrazioni petrolifere i dati economici della regione Basilicata sono alquanto sconfortanti. Secondo i dati Urbistat siamo al 16° posto su 20 regioni per indice di reddito, per indice di consumo e per tasso di occupazione. Il rapporto QUARS 2011 ci colloca sempre al 16° posto su 20 regioni nella graduatoria generale, ma al  18°posto su 20 per Economi e Lavoro. Per contro saliamo ai primi posti nelle statistiche ISTAT per popolazione di famiglie a rischio di povertà o esclusione. Se tutto questo non bastasse i dati Infocamere evidenziano un saldo negativo di circa 250 imprese lucane nel biennio 2010  e 2011. 
I dati disponibili sul sito RSDI della Regione Basilicata evidenziano dal 1992 al 2009 un sensibile decremento della popolazione residente ed un sensibile invecchiamento della popolazione. Ma se siamo il Texas d’Italia, perché tutti i dati statici evidenziano una regione che si spopola, povera, vecchia e piena di disoccupati? Già nel 2007 il dott. Percoco in una interessante pubblicazione Petrolio e Sostenibilità affermava come non sembra essere ragionevole ipotizzare che lo sviluppo locale della Basilicata e, in particolare della Val d’Agri, possano essere trainati dallo sviluppo dell’attività estrattiva, riservando un’analisi a parte per le royalties.

Ma cosa sono queste royalties?

Con il decreto legislativo n. 625 del 25 novembre 1996 lo Stato le reintrodusse quale forma di compensazione ambientale per controbilanciare gli evidenti contraccolpi ambientali, sanitari ed economici prodotti dalle attività estrattive.
Attualmente l’ammontare complessivo di tale aliquota è del 10% per le estrazioni on shore, di cui il 3% è destinato interamente al finanziamento della Bonus Card, mentre il restante 7% è suddiviso come segue:
1. 55% Regione
2. 30% Stato
3. 15% Comuni.

Alla Basilicata, in virtù degli accordi Stato-Regione del 1998, è trasferita anche la quota statale, per cui l’85% (del 7%) viene incassato dalla Regione, mentre ai Comuni va soltanto il 15% (del 7%). Beneficiano di tali proventi solo 5 comuni della provincia di Potenza ed 1 della provincia di Matera.
Ciò mostra quanto le royalties non abbiano di fatto mitigato i danni ambientali, in quanto alle località in cui le estrazioni si concentrano realmente, viene trasferita una quota ridottissima. Il vero affare è invece quello fatto dalla Regione, che ha progressivamente sottratto anche i fondi di competenza statale, destinati inizialmente ai paesi individuati dalla legge 40 del 1995.
A rendere la situazione locale ancora più paradossale, sono le restrizioni alla spesa imposte agli Enti Locali dalle varie finanziarie. In altre parole, alla beffa si aggiunge l’inganno.
I Comuni, infatti, i cui territori sono oggetto di estrazione petrolifera, non possono usufruire a pieno dei fondi royalties di propria competenza (il 15% del 7%), per i seguenti motivi:
1. patto di stabilità (limita la possibilità di spesa);
2. blocco assunzioni (vieta nuove assunzioni utili invece per accelerare la spesa);
3. predestinazione della spesa (restringe il campo ai soli investimenti, il cosiddetto “cemento”).
Inoltre la gestione comune e centralizzata delle tesorerie municipali, priverà i Comuni anche degli interessi maturati per la mancata spesa.
Al netto di tali evidenti paradossi che vanificano il dispositivo legislativo, il sistema compensativo delle royalties garantiva comunque una gestione autonoma delle risorse finanziarie. Il che equivale ad affermare che a fronte di evidenti danni e privazioni, i territori potevano almeno disporre di fondi da impiegare secondo i propri desiderata.


Articolo 16 decreto liberalizzazioni – Il famigerato art. 16 del decreto liberalizzazioni del Governo Monti, introduce un modello del tutto diverso che spazza via ogni residua possibilità di gestione autonoma dei fondi petroliferi: in luogo dell’aumento di royalties dirette per i luoghi petrolizzati, agli aumenti di produzione faranno seguito contropartite infrastrutturali ritenute di esclusivo interesse nazionale.
Ciò significa che si impone un sistema centralizzato di gestione che in effetti annulla il decentramento pregresso.
Il petrolio diventa così uno strumento utile allo Stato e alle Regioni, vale a dire una vera panacea per le multinazionali.
Per i Comuni che ospitano i campi estrattivi il petrolio è invece sempre più una risorsa puramente virtuale. Ciò equivale a dire che si sta sempre più perfezionando un percorso di sistematica spoliazione dei territori locali che prima si sono visti deturpati il proprio ambiente incontaminato e che adesso sono privati finanche di quei pochi spiccioli ad essi destinati a titolo di compensazione. Il tutto in una cornice irreale, o surreale, di totale uniformità del Consiglio Regionale di Basilicata che continua a ritenere la Valle dell’Agri nient’altro che un bancomat per sanare il proprio bilancio, a cui si contrappongono “ambientalisti allarmisti” ed “imprese anacronistiche” ancora dedite al settore primario.

La Locomotiva della Val D’Agri