La libertà di stampa e quel “ci vediamo in tribunale”

“Relazioni troppo strette e poco trasparenti tra l’autorità politica e i giornalisti sono un pericolo per la società pluralista”
E’ quanto ha dichiarato il segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjorn Jagland, in occasione della Giornata mondiale per la Libertà di Stampa che si celebra oggi, giovedì 3 maggio.
La libertà di stampa non è un diritto che si esercita a gettoni. Questo lo dico io. E’ un diritto che è tra i fondamentali di uno Stato democratico e civile. Ma è purtroppo un diritto calpestato, ancora oggi, in alcune aree del mondo. Sono ancora troppi i giornalisti uccisi o minacciati a causa del loro lavoro. Ci sono poi casi meno eclatanti, ma pur sempre gravi, di limitazione della libertà di espressione e di critica. La minaccia di “adire alle vie legali”. Il modus operandi è sempre lo stesso. Ti telefonano, ti scrivono, ti diffidano. Metodo tipico di persone non abituate alla critica e che di fronte ad un giornalista che si permette di criticare, si fanno prendere dal “ci vediamo in tribunale”.
Ebbene con tutti i “ci vediamo in tribunale” sentiti negli ultimi tempi prevedo che la mia agenda nei prossimi mesi sarà fittissima. Vi racconto solo l’ultimo “ci vediamo nelle sedi competenti”. Appena ieri, mercoledì 2 maggio. Un amministratore che non ha gradito quello che abbiamo scritto sul suo operato mi ha annunciato al telefono, di aver segnalato il caso all’ufficio legale del suo Comune. Passano meno di dieci minuti e alla telefonata del sindaco, che poi vi racconto, segue quella di un avvocato, il quale, convinto che il solo titolo legale mi farà mettere sull’attenti, “esige” di parlare con il giornalista che ha scritto quel pezzo. E “vuole” sapere chi è. “Perchè- tiene a sottolineare- quando chiama agli altri giornali parla con chi vuole”. Dico che può dire a me, che sono il direttore, ma niente. Esige di parlare col fustigatore che intanto non è in redazione. Anche la telefonata con l’avvocato non si conclude bene. Seconda minaccia, nel giro di pochi minuti, di portarmi in tribunale e addirittura di farmi radiare dall’albo dei giornalisti. Lei, l’avvocato, conosce il presidente dell’ordine della Basilicata- mi dice- lo informerà di questo mio “illecito giornalistico” che senza dubbio verrà punito! Chissà perchè neanche questa minaccia mi spaventa. Ah l’oggetto del contendere qual era? Un pezzo scritto sulle lacrime di coccodrillo di un sindaco che non saprei se definire maschilista o maleducato. Il nostro infatti esordisce al telefono con un esagerato “dottoressa” per poi passare, quando gli dico che può parlare con me, ad un tono del tipo “si va bene squinzietta togliti dalle palle e passami il giornalista che ha scritto l’articolo”. Inutile il mio tentativo di ricordare, anche al sindaco, che essendo io il direttore di Basilicata24 può dire a me. Mi liquinda dicendomi che, stando così’ le cose lui non può parlare con un giornale non serio. E mi sbatte il telefono in faccia. Maleducato o banalmente maschilista? (stai a vedere che mi denuncia anche per questo! Me lo dirà il solito maresciallo dei carabinieri che ormai da qualche mese mi chiama per l’identificazione in caserma). Di sicuro c’è che il sindaco incazzato non è abituato alle critiche, ancor più se vengono da “sconosciuti giornalisti” poco interessati a far comunella (in gergo giornalistico si chiamano marchette) e così finisce che reagisce di pancia.
Per tornare alle cose serie: noi di Basilicata24 festeggiamo la XIX Giornata per la libertà di stampa ricordando tutti quei colleghi che questa libertà l’hanno pagata a caro prezzo. Il resto, come diceva Totò, sono “bazzecole, quisquilie e pinzellacchere” .